Friday, November 22, 2024

19/2008

Text: Ciro De Angelis

Ci sono tre concetti diversi e tre modalità diverse di promuovere l’italian style. Roma lo fa con l’Altamoda, Firenze lo fa con le fiere, Milano lo fa attraverso le passerelle del pret-a-porter. Protagonisti delle due settimane più folli dell’anno per i milanesi i marchi del Made in Italy. Dal 22 al 29 settembre il traffico impazzisce attorno alle location delle sfilate, agli ingressi dei party, alle inaugurazioni delle mostre. Le passerelle, tra il polo fieristico di Milano Moda Donna e vari altri punti della città, sono state più di 90, 95 le presentazioni e 53 show events su appuntamento. La prima giornata è stata dedicata ai giovani protagonisti del progetto Incubatore della Moda che, in una sfilata collettiva, hanno presentato le loro collezioni ad un pubblico internazionale di operatori qualificati. Gli ultimi giorni sono dedicati ai grandi marchi: mentre Versace, Armani e Gucci hanno confermato il loro status style, coerente ma scontato, Cavalli, Prada e Dolce e Gabbana prendono spunto dall’arte, con una virata di stile apprezzabile, forse captando i sintomi della loro impasse di idee. Da Ferrè omaggio couture all’architetto manierato, scomparso in giugno.

DOLCE & GABBANA

La collezione primaverile di Frida Giannini è difficile da categorizzare. Concesso, aver raccolto le idee da ciò che è moda nelle ultime stagioni, il profilo di grandi gonne anni ’50, un pizzico di abiti toga, gli accessori di cuoio verniciato. Accanto a ciò, ha reso ancor più prammatico il daywear: i nuovi pantaloni di Frida (più ampi sul fianco, più scomposti nel cavallo, stretti nella gamba), le camicie frivole nei colori ma controllate, e la piccola giacca da ciclista strana nel taglio, inclusa una percettibilmente bella, in pelle di serpente nera. Il problema era la combinazione inarrestabile di nero, bianco, ed un girasole particolarmente giallo ruvido, che ha giocato attraverso un grafismo astratto di fiori enormi i minidress da debuttanti, e non vi ha mai rinunciato fino agli ultimi abiti di taffettà per il red carpet a lasciare la catwalk. La sfilata era ineguale, anche, con molta reiterazione delle stesse forme in tessuti diversi. Per la sera, un momento centrale per Gucci, i vestiti sono usciti con cinture larghe e la spallina occasionalmente integrale allacciata con una morsa enorme di cavallo, una firma della casa che è sembrata pesare gravemente su tutto ciò che era in vista.

ARMANI

Broccati veneziani e grandi disegni su stampe sono il mood per la nuova collezione che ha una palette di colori ricchi di contrasti, mentre il volume dei vestiti è amplificato nella parte bassa degli abiti un po’ fifties. Per la primavera hanno catturato quella freschezza in una prestazione di virtuosismo a ritmo di un icon rock come Bowie: portando la modernità negli anni ’50 e la cultura dell’abito unico (come opera d’arte) nell’abbigliamento accessibile. Abbandonata la cavallerizza sadomaso e futurista che era ispirata dalla Future love di Madonna, la nuova donna sembra una reinvenzione artistica perché “l’arte rappresenta un modo per cambiare” dice Domenico Dolce. Di ritorno dalla visita al Gramercy Park Hotel dove avevano visto il montaggio barocco contemporaneo del lavoro di J. Schnabel, hanno avuto l’idea di far dipingere giovani artisti freehand schizzando strisce di pennellate larghe e fiori su balle di tessuto: in apertura vestiti di crinolina, giacche maxi caban e, per il finale, un inchino agli anni ’70 ed una passerella di vestiti da ballo anni ’50 con fantasie forti su organza dipinta a mano.

ROBERTO CAVALLI

Le languidi e sensuali estati dell’Italia meridionale sono l’input della collezione di Giorgio Armani. I pantaloni di seta allacciati al ginocchio, le sciarpe gioiello lunghe e gli abiti con pants stile harem sembrano una rivisitazione dell’India, il paese che ha inspirato il suo show di alta moda a gennaio. Mentre questa collezione non sembra convincere come quella parigina di haute couture, Privé, comunque colpisce sempre con dei bei vestiti. Ignorando l’inspirazione per quei pantaloni insoliti, Armani propone una varietà senza fine di top da portare con loro: giacchine corte, in grigio o navy, su tuniche di seta lunghe; cardigan lavorati all’uncinetto scivolano come un bagliore; i blazer sono stretti, quasi dall’aspetto maschile. Armani mostra un ordine di scelte portabili da giorno, mentre per gli abiti da tappeto rosso i tessuti sono lavorati come grani di cristallo con frangia profonda sotto il ginocchio, nessuno è meno speciale, ripercorrendo un viaggio che da Bombay con una nave ammiraglia lo porti a Tokio dove ha festeggiato un nuovo store lo scorso novembre. Milano, Giappone, o Bombay la marca Armani non conosce confini.
VERSACE

L’immagine di sex-bomb si è ammorbidita nelle ultime stagioni da Cavalli. Ma per la primavera il designer ha creato una delle più belle collezioni, seducendo un pubblico tuttavia scettico. Un ingrandimento di foto della Sala degli specchi a Versailles era lo sfondo per la passerella di modelle con capelli cotonati e annodati all’insù e di abitini in seta stampati con un fil dorato che sfilavano sulla colonna sonora del film di Sofia Coppola “Marie Antoinette”. La sfilata si apre con un trio di vestiti di batista di pizzo bianco, i primi due lunghi al pavimento, il terzo un trapezio breve accoppiato con pantaloni di frange di pelle. A seguire c’erano abiti molto anni ’70, in chiffon stampato, con rimborso in vita e sciarpe penzolanti, alcuni indossati sopra pantaloni ampi. Un Cavalli non riconoscibile? C’era anche un abito con uno scollo fin sotto l’ombelico ma per lo più resiste all’impulso di essere vistoso per la sera. Abiti di seta con stampe enormi di fiori trasparenti vicini agli orli facevano molto ‘signora del Canyon’. Un abitino senza spalline di chiffon ombré lavorato a strati concentrici, quasi un giardino di rose in fiore era un altro momento clou.

PRADA

Fate e ninfe in atmosfere metro-chic con graffiti multicolor accompagnano la collezione di Miuccia: apparentemente retrò, la donna anticonformista della moda ritrova una modernità nelle favole. Per la primavera si è rifatta agli ultimi anni ’60 e primi ’70, all’Art Nouveau con le ragazze che imbrattavano i muri delle loro camere da letto dopo aver studiato le copertine di album hippy e rock romantici. Quella che sembra una collezione di giacche di seta stampate, abbinate a pantaloni svasati e a stivali con la ghettina tagliata, e completi in maglia a costine strettissime, è in realtà una favola: le illustrazioni di ninfe su legno stampate su chiffon verdastro tinteggiato, crescono sopra i petali di gonna e questi ultimi sono allacciati attorno ai corpetti degli abitini. Miuccia dice che “è il tentativo di trovare una creatività nuova, anche per ammorbidire lo stile rispetto alle ultime due stagioni”. Plateaux altissimi disegnati e stivali spaccati scamosciati sono le calzature vistose. Ciò che sembra retrò in realtà è un nuovo moderno: come sempre da Prada, qualunque collegamento letterale tra passato e presente è contraddetto da altri fili logici.

FERRE’

Gianfranco Ferré è morto a giugno, ed anche se si vociferava un probabile Lars Nilsson, la casa di moda non ha nominato ancora un successore. Per la primavera la collezione è stata disegnata dalla prima squadra di Ferré. e presentata in un piccolo museo a Milano che è la Fondazione Arnaldo Pomodoro. Questa location è un omaggio a “l’architetto di maniera”, conosciuto per la precisione sartoriale ed un acume per l’abbigliamento maschile o un segnale che la collezione si sta muovendo su un altro binario? Via le silhouette scultorie di Ferré, al loro posto un look fluente e languido. Completi maschili in satin scivolato dove le giacche sono accostate e i pantaloni palazzo a vita alta. Rimandi alle sue camicie bianche e famose potrebbero essere visti nelle camicie da poeta, ma lacci e stringhe insieme sembrano troppo meticolosi per poter incontrare l’approvazione di Ferrè. È probabile che gli sarebbero piaciuti invece gli abiti bustier coperti di cristalli che hanno chiuso lo show, ma in toto c’è un grande contrasto tra l’oeuvre di un disegnatore che non inseguì trends ed una serie di abiti a trapezio di seta a strati che sembrano poca roba rispetto al genio creativo di Ferré.