DAI BOSCHI DEL CRETAIO A QUELLI DI ZARO E DEL FANGO, TUTTI CUSTODISCONO UN TESORO VEGETALE CHE SCATENA LA FANTASIA (GASTRONOMICA) DI TANTISSIMI.
Text: Redazione Ischiacity
Bosco è sinonimo di funghi, in quanto gli uni non possono vivere senza l’altro e stabiliscono un rapporto di mutuo vantaggio, che si chiama simbiosi: il fungo prende dalle radici dell’albero le sostanze organiche di cui ha bisogno e la pianta riceve a sua volta acqua e sali minerali. E i tanti castagneti che ricoprono le colline dell’isola d’Ischia sono un paradiso per gli appassionati di questi organismi che rientrano fra le tante tipicità prodotte da questa terra, al punto che la raccolta diventa una vera “corsa all’oro”, secondo regole e sapienze che sono tramandate di padre in figlio, anche se oggi la legge prevede l’obbligo di un patentino per i cercatori. La combinazione fra le piogge autunnali e temperature ancora alte (generalmente comprese fra 15° e 25°) creano la condizione ideale perché il terreno metta al mondo i miceti tanto attesi e il porcino diventa un vero e proprio “oggetto del desiderio”. Tanti i suoi nomi in dialetto, per esempio “casatiello” o “cap nir”, dal colore del cappello, appunto, il più pregiato, che trova nel sottobosco di castagni l’habitat ideale da cui trae tutta l’aromaticità che lo caratterizza, ma sono buoni anche quelli che crescono ai piedi dei lecci. Il Cretaio e i tanti valloni che solcano le pendici dell’Epomeo a Casamicciola, il castagneto della Falanga a Forio ma anche il bosco di Zaro, Buceto e i piani di S. Paolo a Barano, a Lacco Ameno il sottobosco del Fango, monte Vezzi a Ischia sono le località battute dai cercatori, armati solo della loro esperienza, di buoni occhi e di un cesto in vimini, in modo che le spore dei funghi raccolti ricadano nel terreno compiendo l’indispensabile “semina” che garantisce che nuovi esemplari possano crescere. Rastrelli, uncini o altri mezzi che danneggiano lo strato umifero del terreno, il micelio fungino e l’apparato radicale della vegetazione sono categoricamente vietati. Inoltre, i micologi esperti raccomandano di non tagliarli alla base del gambo, ma di estrarli interamente dal terreno. Oltre ai porcini, ottimi da mangiare il gallinaccio, crudo in insalata, la monetola, l’estatino (i primi che spuntano dopo le piogge di fine estate), la cocciola d’ova (forma e colore ricordano l’uovo alla coque), il ferrigno dal color ruggine, che va bollito più volte prima di poterlo consumare, la mazza di tamburo che può raggiungere dimensioni ragguardevoli, la lattarola, chiamato così perché emette un latticello quando si spezza la testa. Tante le credenze e superstizioni legate al mondo dei funghi: per avere raccolte abbondanti, per esempio, gli ischitani si affidano alla luna calante “Quann’ chiov’ cu ‘a mancanza”, infatti, sono certi che il raccolto sarà ricco. Altre sono legate ai funghi velenosi: alcuni di essi sono davvero pericolosi se vengono ingeriti e, talvolta, sono molto simili nell’aspetto a quelli innocui, anche se è un errore distruggere gli esemplari tossici la cui presenza è fondamentale per mantenere vivo l’humus e l’ecosistema in cui sono inseriti. Allora, sfatiamo alcune di queste convinzioni senza fondamento: non è vero che i funghi diventano velenosi se cresciuti vicino a ferri arrugginiti, scarpe vecchie e tane di vipere, che i cani sanno individuare quelli pericolosi, che l’aglio, la cipolla o un oggetto d’argento (immersi nel tegame di cottura) anneriscono a contatto con gli esemplari velenosi, né tanto meno che sono tossici se mutano colore al taglio; inoltre, è assolutamente falso che cuocere o essiccare i funghi velenosi li renda commestibili.
Non è vero che i funghi diventano
velenosi se cresciuti vicino a ferri arrugginiti, scarpe vecchie e tane di vipere, che i cani sanno individuare quelli pericolosi, che cuocere o
essiccare i funghi velenosi li renda commestibili