ANDREA D’AMBRA
Passato, presente e futuro. Andrea D’Ambra si guarda alle spalle, riscoprendo la bellezza di una storia che dura dal 1888. Allora, c’era suo nonno Francesco, per tutti Ciccio: intuizione e passione, e c’erano già gli ingredienti per una storia che attraversasse i secoli. L’oggi è fatto di certezze: 14 ettari gestiti direttamente dalla casa vinicola, trenta dalla cooperativa Vignaioli di Ischia. Per una produzione media annua di 450 mila bottiglie. Finiscono anche in Giappone, in Australia e negli Stati Uniti. In Olanda, mercato in crescita. A Parigi, dove i bianchi ischitani stuzzicano. Poi, c’è il futuro: le figlie Marina e Sara sono professioniste in rampa di lancio, la crescita del turismo ambientale e una ricerca sempre più attenta alle tipicità del territorio promettono nuovi traguardi, già dietro l’angolo. Ieri, oggi e domani. Con quel prodotto che è ambasciatore dell’isola: profumi delicati e gusto ammandorlato, dal 1966 l’etichetta del Doc, dal 2000 è lui – Andrea, il più giovane dei nipoti di Mario, l’uomo che ha aperto la D’Ambra Vini al mondo – a tenere il timone dell’azienda. Un’azienda che ama rinnovarsi. Scorgere gli orizzonti e superarli. Così, la notizia è sempre a portata di mano.
Una nuova etichetta, per esempio: Pietra Martone. Cosa dobbiamo aspettarci?
Siamo nella tenuta Frassitelli, seicento metri sul livello del mare. Per i primi di giugno proporremo un Bianco del 2015, in 2700 bottiglie. E’ un vino che deriva dall’affinamento prolungato in acciaio sui propri sedimenti, una sorta di antiossidanti naturali, un vero e proprio cru nel cru. Un progetto che avevo da anni: la volta buona è stata l’annata del 2015 appunto, straordinaria. Ho messo da parte l’uva della piccola vigna di Pietra Martone, un luogo di suggestione, quasi mitologico. Quella pietra è un punto topografico molto importante, anche stavolta il vino racconterà un pezzo di Ischia. E sarà un ottimo bianco, ha mantenuto le aspettative. Anche grazie a una bellissima storia, quella della famiglia Mattera: Melitone, attuale conduttore della vigna, rappresenta la quarta generazione. Suo padre Michelino, detto Candelora, fu una istituzione. Il vino è anche memoria.
Cos’altro ha in serbo?
Un’ulteriore novità sarà una confezione esclusiva e particolare, in legno: una cosiddetta verticale, composta da tre o sei bottiglie di Frassitelli, dall’annata del 2010 alle ultime. Il Frassitelli è l’emblema di Casa D’Ambra, l’idea è arrivata da un importatore australiano, del resto, parliamo di un vino che tiene molto bene in bottiglia e che è pienamente apprezzabile anche due anni dopo l’imbottigliamento. Ma le confezioni avranno una produzione assai limitata.
Una novità assoluta arriva però dal Castello aragonese. E promette di fare notizia.
Ebbene sì: produrremo il Biancolella del Castello aragonese. Appena 400 bottiglie, per valorizzare quella piccola vigna incastonata nel nostro monumento simbolo, che fu io stesso a piantare trent’anni fa. L’idea, con i fratelli Mattera, è di orientarci verso un nome evocativo e presentare il prodotto, che deriva dalla vendemmia del 2016, legandolo alla storia del posto e del bellissimo orto. La vite cresce bene, in un luogo poco antropizzato e dove quindi tendono a non diffondersi le malattie, negli anni, ho preso le gemme dalla vigna del castello per impiantarle sulle mie. Il prodotto finale sarà un vino fine e delicato: la delicatezza, del resto, è il timbro principale del Biancolella di Ischia.
Altra notizia positiva: l’Ischia Biancolella Tenuta Frassitelli è stato selezionato fra tutti i Cru d’italia, insieme ad altri sette vini di altre aziende, per partecipare ad un importante seminario che si è tenuto all’ultimo Vinitaly.
Proprio così. Il seminario è stato pensato per valorizzare le vigne storiche d’Italia e si lega al nome di Luigi Veronelli. Esalta la bellezza della vigna più che il vino in sé. E mi lega a Veronelli un aneddoto che risale al 1985: fu proprio lui a suggerirmi di puntare forte sul Biancolella, nella Tenuta Frassitelli. Lungimirante: sarebbe stato un vino che si autopromuove, questo. Lui si guardò intorno e disse: “Questa è tra le più belle vigne d’Italia, un anfiteatro naturale. A Verona sarò io a parlarne”.
Che momento vive il mondo vitivinicolo ischitano?
Decisamente buono. La richiesta è talmente alta che la produzione non riesce a soddisfarla. I Doc in bottiglia finiscono puntualmente, proprio mentre paradossalmente si registra ancora l’abbandono delle vigne, complici gli effetti deleteri della flavescenza dorata. Naturalmente, la mia azienda è in controtendenza, solo quest’anno abbiamo impiantato 50mila piante in vigneti nuovi, che saranno produttive fra tre anni. Il che si traduce in occupazione: assumiamo prevalentemente giovani, nelle due squadre che impiantano nuove vigne, il più anziano ha 40 anni.
Cresce, notevolmente, anche l’attenzione dei turisti per la viticoltura, la gastronomia, l’identità.
Vero, merito anche dei nostri chef stellati, che si fanno ambasciatori delle tradizioni del territorio veicolando l’immagina dell’isola. Un’isola la cui storia è invidiata da tutta Italia. Il vino è uno dei fili conduttori, attraversa i millenni: dai Greci a Luchino Visconti, suggestioni e fascino. Casa D’Ambra, attraverso la storia della nostra famiglia, vede intrecciarsi le mille storie dell’isola.
Una storia che prosegue nel segno delle tue figlie Marina e Sara.
Un passaggio naturale, non forzato. Una passione nata in piena autonomia. Marina si occupa di comunicazione e marketing, Sara è enologa e gira il mondo: tornerà a giugno dall’Australia. L’idea è che con loro si stia compiendo quell’ulteriore passaggio di professionalizzazione del nostro settore, anche in termini di enoturismo. Ischia non ha meno appeal delle Langhe e del Chianti. Se sappiamo raccontare la nostra storia, legata ai nostri prodotti, il turismo avrà un nuovo, significativo impulso.