Friday, November 22, 2024

28/2010

Photo: Enzo Rando
Text: Redazione Ischiacity

 

Di fronte, il mare aperto, quello di Forio, in lontananza solo il profilo violaceo di Ventotene; a circondarla la colata lavica di Zaro che in quel punto entra nel mare, fermata in sagome capricciose. Il vento sferza fino a piegarla la vegetazione che ricopre fittamente queste rocce, sfidando acqua salata e ponente. La salsedine e il ponente li sfida anche villa Giò, che solitaria offre la sobria facciata e le finestre più ampie al mare e alla forza degli elementi naturali che a punta Caruso sembrano ancora essere loro a dominare. Compatta, rivestita di pietra locale (qualsiasi intonaco verrebbe letteralmente mangiato dal salmastro), questa casa è una delle dimore storiche dell’isola d’Ischia. Ha, infatti, circa 200 anni ed ha avuto diversi proprietari. Nata come abitazione contadina in un fondo agricolo, è poi appartenuta al pittore foriano Giovanni Maltese che vi si rifugiava per coltivare due delle sue passioni: le donne, che incontrava lì e le battute di caccia nel foltissimo bosco circostante. Maltese la ritrasse anche, in un quadro in cui si distinguono le terrazze e gli archi, ma la pietra era tinteggiata in un vivace colore rosa. Il pittore fu, però, costretto a cederla ad un creditore con il quale aveva un grosso debito; in seguito, la casa è passata ad un’immobiliare e allora villa Giò ha vissuto il suo periodo buio fino a diventare un rudere. Ma il nuovo proprietario le ha ridato vita nella maniera migliore, con buon gusto e attenzione per il paesaggio che fanno del restauro di villa Giò un esempio da seguire. Il padrone di casa ha scelto di fare a meno degli architetti e si è dedicato personalmente alla ristrutturazione, con un lavoro che prosegue nel tempo, alla ricerca di ogni singolo oggetto e soluzione funzionale, sempre guidato, sia nelle scelte di recupero che di innovazione, dal rispetto per l’antico e dalla valida selezione degli elementi nuovi. Come molte case antiche anche questa era formata da un unico grande ambiente molto alto e da una cucina. Le dimensioni hanno consentito, quindi, di ricavare un secondo piano, mentre il pianterreno è pensato per accogliere attraverso la grande portafinestra i tramonti infuocati dell’estate e i colori del tempestoso mare invernale. Notevole attenzione è stata data ai materiali: alla pietra piuttosto scura del rivestimento esterno si contrappongono gli interni dove prevale il bianco e il legno in diverse essenze, in un gioco di colori che conferisce carattere all’arredamento, e poi maiolica e qualche tocco di metallo. Iroko – un legno originario dell’Africa, molto resistente agli agenti atmosferici e che, tuttavia, viste le sollecitazioni che subisce a punta Caruso viene verniciato ogni anno – per gli infissi esterni e interni, castagno per gli armadi su misura, frassino per la scala, tek per i mobili di sapore etnico, collocati abilmente a dare carattere ad un arredamento lineare che nulla concede all’affettazione. Inserti in azzurro e turchese colorano la cucina (nella quale sono state ricollocate al loro posto le travi originarie del soffitto, sempre di castagno) e le camere da letto, dove sono state aperte con sapienza piccole finestre per inquadrare scorci di roccia. La copertura della terrazza è stata realizzata con coppi antichi recuperati, magnifici basoli di pietra vesuviana (anch’essi di recupero) pavimentano il piccolo patio posteriore, protetto dal vento dominante. Ma lo sguardo, appena fuori, corre subito a cercare l’orizzonte: il punto più panoramico e intimo si raggiunge attraversando un boschetto di mirto, lecci, lentischi, ginestra e arrampicandosi sulle rocce: in lontananza Forio, intorno un ambiente che comunica la sua forza, un po’ in basso la casa, che è parte di questa natura e il cui spirito è stato capito ed interpretato in modo felice. info: www.villapuntacaruso.com

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