30/2011
Text: Diego Scordino
Un passo, due passi, tre passi… No, ancora non ci siamo… Quello che voglio è qui… Lo sento… L’obiettivo è davanti a me e sullo schermo della fotocamera lo posso vedere chiaro, ma manca qualcosa… Quel qualcosa che non mi so spiegare, ma che deve esserci… Faccio un passo indietro… e visualizzo… Ecco… adesso sì… ora va bene… sento che sono in posizione perfetta. Mi godo l’attimo, ancora 2 secondi e poi scatto… Click… Cosa c’è di più esaltante e soddisfacente per un fotografo del momento in cui individua, ferma e scatta la sua fotografia? Sono in pochi a saperlo… ovvero coloro che nella loro attività si dedicano ad una fotografia molto particolare: quella delle emozioni. Ricordate l’Impressionismo? Quel movimento artistico di fine ‘800 secondo il quale gli artisti cercavano di cogliere le “Impressioni”? Esso era nato parallelamente alla prima, rudimentale, macchina fotografica, che aveva rapidamente messo in crisi l’arte pittorica. Con il passare del tempo, il rapporto tra queste due forme espressive è cambiato. Oggi, infatti, grazie allo sviluppo oltremodo esagerato della fotocamera, è quest’ultima che cerca di cogliere l’attimo, riuscendo a “fermare” il tempo ed ad immortalarlo in un’immagine. Lo sviluppo della tecnologia, però, non ha permesso solamente a quest’arte di fare miracoli, ma ha fatto anche sì che chiunque, disponendo di una semplice fotocamera, potesse cimentarsi e scatenare liberamente la propria fantasia, allargando enormemente quelli che erano i sin troppo rigidi confini di un campo complesso come quello della fotografia. Così, persino a scuola, è possibile partecipare a corsi specifici, volti ad insegnare le basi e le tecniche di questa disciplina. “L’associazione Luca Brandi”, tra le altre, ha fatto sì che questo avvenisse, proponendo, nelle varie scuole isolane, una serie di corsi, tra i quali quello dedicato alla fotografia. Quest’anno, è stato tenuto da Salvatore Basile, accompagnato da Gianni Napoleone, due “maestri” di alto livello che hanno dato modo ai molti ragazzi partecipanti di acquisire competenze indispensabili. Non solo… Al termine del percorso, sono stati esposti i lavori degli aspiranti fotografi, riuniti in una mostra dove ogni “allievo” ha potuto esibire una sua opera. Diluito nello spazio di tre giorni, l’evento ha riscosso una buona risposta di pubblico, grazie anche agli strabilianti risultati che gli apprendisti hanno saputo raggiungere in pochi mesi di lezioni. Parlando con Basile, è stato sorprendentemente piacevole capire come, in realtà, gli insegnamenti teorici siano stati ben pochi, utili, in sostanza, solo per dare l’input tecnico, indispensabile affinché una foto riesca. Per il resto, nella maggior parte degli incontri, il tempo è stato speso per imparare a tirare fuori la fantasia, utilizzarla, canalizzarla, facendo in modo che persino “dall’interno di una stanza vuota venga fuori una bella fotografia”, come ha dichiarato lo stesso docente. Un laboratorio, insomma, dove il “maestro” ha ben poco da insegnare, prefissandosi come obiettivo, piuttosto, quello di “stimolare”, ovvero far sì che gli allievi riescano a far uscire tutto quello che di creativo hanno dentro. Una realtà dove non esiste più il “professore” e “l’alunno”, sostituiti da un rapporto estremamente più semplice ed informale. Una scelta rivelatasi assolutamente vincente e capace di “avvicinare al mondo della fotografia anche coloro che non hanno mai preso una fotocamera in mano”. Una conferma di ciò, in tal senso, è chiara, anche scorrendo le opere degli allievi, laddove l’unico criterio sul quale è stata fondata la scelta delle foto da esporre, è stata la capacità dell’opera di suscitare emozioni, perché un artista contemporaneo deve avere come obiettivo quello di diventare un “fotografo dell’anima”. Leonilda Iacono CADI Perché hai scelto questo titolo? Quella foglia era l’ultima su di un albero spoglio e mi ha colpito per il fatto che si sarebbe staccata, dopo un minuto… un’ora… un giorno… ed il senso di caduta era più o meno quello che provavo io in quel momento… Era come se fosse una fine ed un inizio… forse attesa… forse è anche attesa. Avevi già programmato di fare questa foto oppure è stata una cosa istintiva? La foto è stata scattata in un vigneto a Fiaiano ed era una giornata di pioggia. Sono uscita di casa ed ho visto quella foglia che stava per cadere, come se… manco a farlo apposta non solo stesse aspettando a farlo… ma aspettasse me, quindi la foto è stata del tutto “inaspettata”. Non penso avrebbe avuto lo stesso significato se fosse stata programmata. La foglia stava cadendo nel momento dello scatto? No, ma era l’unica sull’albero, eravamo a fine gennaio e c’era molto vento… Hai avuto paura di poterla perdere da un momento all’altro se non avessi fatto presto? Sì! Ed è stata questa la cosa che mi ha dato l’impulso di scattare, credo. Mi dicevo, questo è un momento unico… Come ti sei sentita durante lo scatto e poi quando hai visto la foto per la prima volta? Mentre scattavo mi sembrava di aver bloccato per un attimo il corso della natura, è stata una sensazione strana, nuova… Poi non l’ho vista sul display, ma direttamente sul Pc e lì ero quasi appagata, come se la foglia non mi avesse “tradito”, come se si fosse quasi messa in posa, quindi è stato un momento di serenità. Insomma, la foto racchiude malinconia, ma il sentimento seguito allo scatto era di tutt’altra natura. Alessandra Massa EVANESCENT Una foto molto particolare, come hai avuto l’idea di realizzarla? Tutto è partito quando mi hanno chiesto di realizzare gli scatti per la personale, volevo fare qualcosa di sorprendente e insolito… Qualcosa di introspettivo… Mi affascinava l’idea di rappresentare l’intangibile. E, comunque, era un’idea che mi ero proposta di realizzare già da molto… appena ne ho avuto la possibilità mi son data da fare… ci ho messo più sentimento che tecnica e questo è quello che è venuto fuori. E’ un soggetto quindi che hai sviluppato da sola, slegato da quelli che vi assegnava Salvatore Basile? Salvatore ci diede un tema, ovvero realizzare un ritratto che non fosse semplicemente tale e io ho fatto una serie di scatti, fra cui questo che poi mi ha portato a ricevere l’invito per fare la mostra. E come l’hai realizzato? Diciamo soltanto che ho organizzato il “set” e che ci sono pochissime regolazioni, inoltre ci tengo a dire che non c’è alcun uso di photoshop, proprio perché non sopporto le foto estremamente artefatte e computerizzate: forse sarò un po’ retrò ma mi piacciono le cose semplici. A te cosa trasmette questo “ritratto”? A me dà l’impressione di qualcuno che vuole scappare dalla realtà, dissolvendosi e scomparendo, come le figure di un sogno che svanisce. Di qui la scelta del titolo… Esatto… E hai ricevuto dei pareri a proposito della tua foto? E’ stata acquistata da un artista internazionale, Daniele Papuli, che realizza sculture di carta, è in corso una sua mostra sul Castello e ce ne sarà una prossima a Parigi. Il mio scatto è stato un regalo per la moglie. Sinceramente, penso che il silenzio di un intenditore vale più di tante parole di chi non ne capisce. Con silenzio intendo quelle poche parole che ti toccano, che sono rivolte a te, giovane emergente, da un grande artista: quelle sono davvero importanti. Anna Maria Marna MECCANICHE NERE Da cosa nasce l’idea della tua foto? Salvatore ci ha dato un tema da sviluppare, nel periodo di Natale: il ritratto. Allora, avevo molto tempo da dedicare alla musica… e l’ho scelta come soggetto… Penso che sia un qualcosa che mi rappresenti… Com’è stata realizzata? Beh, è stata l’unica foto in cui ho dovuto “decontestualizzare” l’oggetto. In pratica, ho attaccato un cartoncino nero al pavimento ed uno su una tavola che poi ho poggiato al muro, formando così lo sfondo. E il pedale non batte sulla cassa, come dovrebbe, ma su un’altra tavola. Cosa significa per te? Lo stretto rapporto che c’è tra me e lo strumento: la gamba è nuda, in modo che il piede poggi direttamente sul pedale, quindi c’è un contatto diretto. Poi, è in bianco e nero e solo il battente e la pelle sono chiari… Mariagrazia Ferrandino IL TEATRO GUARDATO Come mai hai scelto questo titolo? Quella foto è stata scattata per un tema che Salvatore Basile ci ha assegnato: I Giochi. Che poi, però, si è trasformato in tutt’altro. Ho deciso di chiamarla così perché per me rappresenta un po’ la nascita del femminismo e vorrei che trasmettesse un messaggio particolare; ma, comunque, ognuno può interpretare l’immagine come più gli piace. Puoi chiarire meglio il nesso che c’è fra la tua foto e la nascita del femminismo? Vedo la donna come prodotto di un sistema sociale, borghese e capitalista… Lei è come se si svegliasse da un sogno e si rende conto che tutto quello che ha intorno è falsità, che l’uomo che ha amato adesso è uno sconosciuto e vuole scappare da tutto ciò per andare alla ricerca della possibilità di essere felici. Come l’hai realizzata? Come sfondo ho usato un lenzuolo bianco. Per quanto riguarda i bambolotti, un pomeriggio mi sono ritrovata a rovistare tra i giocattoli di quand’ero piccola. Inizialmente avevo scattato a colori, di solito faccio sempre così e poi mi rendo conto che il bianco e nero rende di più: è come se ci fosse qualcosa di nascosto ma che è lì, e che cerca di uscire fuori. Quali sono state le tue sensazioni al momento dello scatto? Nel momento in cui ho scattato non pensato realmente a cosa stessi immortalando. Quando poi l’ho vista al Pc, ho pensato a cosa rappresentasse quell’immagine per me e le ho dato un aspetto e una forma che potesse farlo capire anche agli altri. Basile ci da questi temi un po’ ‘assurdi’ per spingerci a pensare e ogni volta ci riesce, facendomi scoprire lati di me che non sapevo esistessero.