27/2010
Photo: Enzo Rando
Text: Silvia Buchner
Vuole inseguire la libertà, Celeste. E lo fa mettendo sulla tela ciò che sente, che ama e odia, lo sguardo che posa sulla realtà – le persone, i loro rapporti, i luoghi, gli oggetti che gli capitano fra le mani – uno sguardo che vede tutto ciò da un’angolatura differente, che è solo sua. Perché Celeste Manieri è imbianchino per professione, artista per la visione che ha delle cose e della vita. Fra vernici e pennelli ci è nato, il mestiere lo ha ereditato dal padre e gli piace farlo, gli piace il contrasto fra la precisione e le regole che deve seguire per tinteggiare una casa e la libertà che può mettere quando realizza un quadro. Uno degli elementi guida per l’artista è la familiarità profonda con le materie prime, i supporti, le tecniche pittoriche: la scelta di utilizzare vernici e smalti, per esempio, gli viene dal fatto di aver bisogno di un colore che asciughi in fretta per terminare rapidamente l’opera e passare ad un’altra che già ha in mente (cosa impossibile dipingendo a olio); i quadri astratti eseguiti sulla carta vetrata o usando la sabbia sono sfide. Tutto è occasione per sperimentare, tutto può servire a dare voce alla ricerca interiore, estetica e artistica di Celeste Manieri: “prima o poi dipingerò usando lo smalto per le unghie!”. Molte di queste opere rimandano forte la sensazione che Celeste Manieri ami giocare e voglia farlo con le convenzioni dell’arte, per scompaginarle. Rispondono a questa sua esigenza opere come “Tela su olio” in cui gioca sulla celeberrima dicitura ‘olio su tela’, o ancora, la scelta di elevare ad opera il lato sempre nascosto del quadro, quello che si appoggia alla parete e che diventa un secondo quadro da scoprire. Tuttavia, Libertà non è anarchia. Non a caso la sua produzione completamente astratta degli ultimi anni – cui Celeste è approdato avendo cominciato a dipingere a quindici anni e dopo essere passato attraverso una fase figurativa, presto abbandonata per l’universo del surrealismo, fino ad approdare appunto all’astrattismo – è connotata dal motivo ricorrente di essenziali cornici scure che si contrappongono e contengono anche visivamente l’esplosione di sfumature e contrasti cromatici che dominano tutte le sue opere. Celeste per indole non si guarda indietro, tanto che quando i quadri sono terminati li impacchetta o li gira verso la parete, un modo simbolico per rappresentare il bisogno di andare sempre oltre. Il suo desiderio di fondo è quello di violare una regola appena l’ha posta, di scavalcare le convenzioni, per portare in emersione un mondo ‘altro’, fuori dagli schemi figurativi, non immediatamente visibile per noi, ma che lui sente e comunica. Nasce così la serie di quadri in cui i confini delle ‘cornici’ vengono attraversati da elementi esterni che occupano lo spazio, sembrano scaturire da esso e definiscono la tridimensionalità. Sono oggetti comuni, che l’artista maneggia per lavoro, una morsa in ferro, una chiave d’arresto, pezzi di metallo e di mobile, frammenti di zappe, ruote di bicicletta, vecchi manubri, spesso a un passo dall’essere gettati via e nei quali – invece – Celeste Manieri vede significati e forme che incontrano il suo immaginario. E diventano uccelli, ali (o coltelli?), fiori, chiavi, vele, il mondo stesso… grimaldelli per valicare la realtà che ci avvolge, per non fermarsi ad essa.