Saturday, November 23, 2024

n.08/2006

Photo: Oscar Pantalone
Text: Anna Schiano

 

I geni sono geni. E Oscar Pantalone ha avuto la fortuna di ereditare quelli giusti! Il padre musicista lo inizia al pianoforte, il nonno materno gli trasmette la sensibilità per le arti figurative. Da questa amalgama scaturisce uno svezzamento in età adolescenziale che lo conduce allo studio della chitarra jazz, ma soprattutto gli fa scoprire la magia che può sgorgare da una scatola con l’obiettivo.
La vera iniziazione è endogena, è una rivelazione che si muove tra le pieghe del suo sentire e non per caso si manifesta in un’età ancora acerba. La curiosità e la caparbietà gli fanno intraprendere la strada della sperimentazione: acquista la sua prima macchina, cui segue l’allestimento di una camera oscura tutta casalinga. La scelta dei soggetti da fotografare è casuale, tutto può apparire degno di essere immortalato: un bruco, un edificio, un paesaggio. Gli scatti iniziali non sembrano soddisfarlo e Oscar decide di approfondire investendo il suo tempo nella ricerca e nell’apprendimento della tecnica mediante lo studio del sistema zonale di Ansel Adams.
Impara a conoscere la genialità di Henri Cartier – Bresson e l’immediatezza pregnante di Sebastiao Salgado.
Quello che era cominciato come un hobby si innalza, col passare degli anni, a passione per l’osservazione e comprensione della realtà. L’occhio viene educato a scorgere l’armonia delle forme e impara a riorganizzare la percezione visiva per ritrovare l’esatto significato dell’immagine. Non si esegue un esercizio di tecnica, ma con estrema naturalezza si coglie l’avvenimento. “L’apparecchio fotografico è lo strumento dell’intuizione e della spontaneità, […] dimenticando se stessi si arriva alla semplicità d’espressione”, questo teorizzava Cartier – Bresson e questo Oscar esperisce. Non permette ai soggetti di farsi inseguire, ma aspetta che si palesino al cospetto del prolungamento del suo occhio. Scopre un forte interesse per i paesaggi urbani: si muove in giro per le città italiane e per le eterogenee capitali europee. Milano rappresenta un profondo serbatoio cui attingere: i suoi smisurati edifici gli consentono di esprimere l’imponenza dell’operato umano; Mosca appare maestosa ed impenetrabile nella sua ragnatela di ghiaccio; Matera disegna curve sinuose con le sue abitazioni incastonate tra i Sassi. La presenza umana non è esibita, ma si può intravedere indirettamente o come appena accennata in angoli nascosti. Predilige il bianco e nero perché ritiene che “eliminando l’impatto visivo ed emotivo dei colori, si possa giungere ad una lettura più ‘profonda’delle immagini”. I viaggi e l’interesse per disparati ambienti solidificano le sue conoscenze e portano all’acquisizione di una maggiore sicurezza nell’approccio con ciò che può apparire ‘diverso’, come pure nella gestione della macchina.
In anni più recenti il nostro giovane artista si dedica alla rappresentazione dell’uomo. Ritrarre l’individuo richiede un’abilità differente: necessita, innanzitutto, di un contatto tangibile, ma più di ogni altra cosa di una sorta di affinità empatica sospinta, quando possibile, da una predisposizione naturale ed istintiva fra chi è davanti l’obiettivo e chi invece ne è parte integrante. Questo modus operandi incontra la possibilità di svelarsi, dapprima con la partecipazione a ‘Expressioni’, collettiva di giovani artisti tenutasi nel 2001, e successivamente svilupparsi ne ‘Il Volto d’Ischia’, una raccolta di fotografie che ritraggono svariati abitanti dell’isola colti durante l’esplicitarsi delle mansioni quotidiane. Scovare l’immediatezza e la naturalezza costituiscono l’obiettivo finale di un lavoro di questo tipo; il preludio imprescindibile per il raggiungimento di tale meta è l’osservazione dei movimenti e delle azioni delle singole persone. Inoltre Ischia offre “la possibilità di carpire la permeabilità tra ruoli e classi sociali diseguali”. Cavalcando quest’onda, Oscar comincia ad essere notato: nell’ottobre del 2003 viene allestita la personale ‘Gli altri dell’isola’, una mostra che affronta il tema dell’immigrazione e dell’intercultura a Ischia in collaborazione con il Centro Etnografico Campano. A questo evento seguono molti altri, piovono i contatti e da allora pare non essersi più arrestato il suo slancio artistico.
La sua ultima fatica risale a pochi mesi fa: in occasione di un viaggio a Parigi, nello scorso novembre, sono state scattate alcune fotografie, che sono state oggetto di un vernissage nel febbraio di quest’anno.
L’indole istintiva e la capacità di imprigionare un forte realismo fanno di Oscar un artista da strada, vicino e identificabile, in parte, con i suoi ritratti. La sua non vuole essere la ricerca forzata di un qualcosa, ma piuttosto un’indagine intimista volta alla umile scoperta ‘del tutto’ che lo circonda .