Text_ Silvia Buchner Photo_ Riccardo Sepe Visconti EmanueIe Minerva Archivio Indaco
ALL’INDACO LO CHEF STELLATO PASQUALE PALAMARO RACCONTA LA STRAORDINARIA RICCHEZZA DELLA CUCINA CAMPANA CON CREAZIONI RAFFINATE ED EQUILIBRATE.
Porta il nome dell’Indaco in giro per il mondo Pasquale Palamaro, stellato con il ristorante gourmet ed executive chef dell’albergo della Regina Isabella, tre diversi spazi dedicati al ben mangiare – l’Indaco appunto, la Terrazza Dolce Vita, più tradizionale e lo Sporting di stile più informale – per raccontare l’eleganza, la classe, il piacere di costruire su misura l’esperienza della vacanza che da sempre contraddistinguono questo storico, affascinante cinque stelle. Dove da tempo, con lungimiranza e coerenza, la proprietà rappresentata dalla famiglia Carriero investe sulla ristorazione: nel 2019 l’Indaco compirà dieci anni, mentre da cinque riceve l’ambito riconoscimento dalla mitica rossa. A premiare una filosofia che guarda all’eccellenza: la stessa che guida lo chef Palamaro quando seleziona le strutture con cui collabora, scegliendo progetti di ampio respiro. Come quello della catena alberghiera Mood Hotel, guidata da un pool di imprenditori romani, che ristrutturano palazzi nel centro storico della capitale per farne prestigiosi alberghi. “Ci siamo conosciuti all’Indaco, dove sono venuti per una cena e diversi mesi dopo mi hanno chiesto una consulenza. Apriranno ad aprile il primo cinque stelle del gruppo in un luogo spettacolare, la piazza del Pantheon ed io ho selezionato la brigata e impostato tutta la ristorazione, dalla prima colazione à la carte in cui metterò prodotti di grande pregio al ristorante da 30 posti con cucina a vista. Per il quale ho studiato un menù gourmet, sempre di mare, che proporrà tutti i classici dell’Indaco, dalla pezzogna e foi gras alla zuppa di mozzarella, dall’aculeo di mare all’astratto di peperoni su tela di baccalà, ispirato ai quadri di Jackson Pollock, alla parmigiana di melanzane vista dall’orto – e altri. Desidero che esca fortemente l’identità della mia cucina: siederà in questo nuovo ristorante una clientela davvero internazionale, e vorrei che attraverso i miei piatti conoscano l’isola d’Ischia e la bellezza che caratterizza la nostra terra”. Una interessante sinergia, insomma, che porta lo chef stellato ischitano a firmare un locale che avrà tutte le carte in regola per puntare in alto e che in prospettiva darà un ottimo ritorno di immagine all’Indaco e all’Albergo della Regina Isabella, promuovendone il nome.
E mentre segue anche un’altra consulenza in Lituania (dove ha impostato la cucina del ristorante Bona Sforza a Trakai, località di villeggiatura a poca distanza dalla capitale Vilnius, decidendo di puntare sui prodotti del posto, “che lì significa tanti tuberi, perché il Nord Europa è la patria del ‘sottoterra’, e poi ottima selvaggina”) e prepara una kermesse gastronomica in Giappone, Pasquale Palamaro pensa al menù di Indaco per il 2018. “Con l’eccezione di alcuni piatti che considero emblematici del mio lavoro, mi piace cambiare tutto ogni stagione, ma di una cosa sono sicuro: ho gettato l’ancora, sono un cuoco di mare! Dopo tanta ricerca, dopo aver tanto sperimentato, seguendo le mie passioni, ho trovato la mia identità, chi siede all’Indaco vorrei che possa assaggiare i tesori costituiti da tutto ciò che proviene dal mare. Dall’alga a un piccolo crostaceo, a un mollusco: da me anche il burro sa di mare, lo preparo aromatizzandolo con un’acqua pazza”. E poi i prodotti dei tanti orti che ancora ci sono sul nostro territorio: li ritroviamo insieme – terra e mare – nelle Cappelunghe green island, una creazione che ben incarna lo stile di Palamaro, che non rinuncia mai al colore e alla fantasia nella presentazione della portata, dando però sempre un preciso significato ad ogni elemento che la compone, “Questo piatto, che considero un omaggio ad Ischia, è nato, fra l’altro, poco prima che ci fosse il terremoto, e lo trovo un modo originale per far conoscere l’isola a chi è appena arrivato, ne ho riprodotto, infatti, la silhouette e ho scelto ingredienti molto diffusi nelle campagne e nel nostro mare. Sulla crema di scarole, completata da una tapenade di olive, crema di acciughe e pomodoro secco, si posano i cannolicchi (o cappelunghe) cotti in olio aromatizzato con lo zenzero, a bassa temperatura per conservarli morbidi. Da bambino, mi divertivo a raccoglierli in spiaggia a Cartaromana, li trovavamo cercando i forellini che lasciano nella battigia. Sopra scaglie di tonno giapponese affumicato, il katsoubuchi, che a contatto con i cannolicchi caldi si muove come se fosse vivo. Decisamente, nell’anno dedicato al cibo italiano nel mondo l’Indaco con il suo chef Palamaro interpreta appieno lo spirito di questa iniziativa, che vuole esaltare e raccontare gli infiniti legami fra cibo, paesaggio, cultura nel nostro paese.