n.01/2006
Photo: Salvatore Basile
ArtDirector: Riccardo Sepe Visconti
Text: Ciro De Angelis
Models: Carlotta Rotondo
MakeUp: Alessandra Scotti
Location: Galleria delle Stampe Antiche di M. Ielasi
Elio Fronterré, giovane stilista, dinamico, già affermato, con una rete di distribuzione in tutta Italia. Il suo nome l´icona di uno stile vissuto come una poesia, barocca e retrò, romantica e passionale: la poesia di un´immagine della donna che indossa un metissage, un quadro malinconico e forte delle proprie origini, uno stile che nel patchwork trova cornice la stampa d´autore, recupero felice del gusto vintage. Tagli lineari e semplici, accompagnati però da una rouches che improvvisa un orlo, un collo di una giacca o di una gonna e soprattutto i pannelli, che fanno del suo stile un classico-moda riconoscibile e vestibile. Un´architettura, che è il supporto dei suoi quadri, fatti di giustapposizioni e contrasti forti di tessuti e di colori come le tele di Guttuso. La sua donna vive nel lirismo e non ostenta un glamour vacuo, anzi si fa memoria della diva del bianco-nero di matrice warholiana: Marlene Dietrich, Mina, Giulietta Masina sono effigi fotografiche stampate su t-shirt, il centro di gonne su cui si apre il sipario dei pannelli, un lembo delle sciarpe funzionalizzate come top o cinture, per cui la concettualità delle sue cose viene traslata ed ogni capo diventa altro da sé, può avere una funzione diversa ed è come un canovaccio reinterpretato ogni volta come unicum. L´arte di Elio Fronterré è la sua terra lussureggiante, ricca di colore e di luce, che egli trasfigura in forme di violenta espressività.
C.: Molti associano il tuo nome ad uno stile ben definito. Come nasce una collezione?
E.: Tutto nasce dalle stoffe, ho un´idea principale, l´ispirazione che può essere una musica, una canzone, un film. Per esempio per quest´ultima invernale l´ispirazione erano gli anni ´40 perché ascoltavo molto jazz in quel periodo, quindi ho usato quest´atmosfera e ho cercato un certo tipo di stoffe. Poi ci sono degli incontri: come in tutte le cose incontri delle cose che ti piacciono, un quadro, un artista…
C.: Il tuo primo contatto con la sartoria?
E.: Mia madre era sarta e, anche se non lo faceva per lavoro, aveva sempre in mezzo la macchina da cucire. Mi ha aiutato il primo anno perché mi inventai degli scialli di lino bordati di raso, più di 10 anni fa. Sono cresciuto sapendo come si cuciva perché l´ho vista sin da piccolo mentre faceva delle cose per noi figli, che eravamo in cinque.
C.: Chi si ferma davanti ad una tua vetrina ha l´impressione di essere davanti ad un quadro. Quanto c´è di arte, di teatro, di cinema nelle tue vetrine e nei tuoi abiti?
E.: Beh, c´è tanto perché gli studi sono quelli. Ho studiato Lettere moderne e discipline dello Spettacolo a Roma. Ho lavorato nel teatro, piccole cose quando ero molto giovane prima di intraprendere il lavoro odierno. Sin da giovane ho fatto di tutto, anche il restauratore: ho restaurato vasi e quadri antichi. Sempre degli oggetti in cui potevo mettere la mia manualità più che la creatività, che poi è venuta fuori in un secondo momento. In seguito ho deciso di commercializzare ciò che da sempre sapevo fare istintivamente. Ho cominciato con i monili, con i gioielli, con gli accessori e pian piano dall´accessorio alla sciarpa e dalla sciarpa a tutte ciò che credo possa andare di moda in un certo momento, per esempio io il jeans non lo faccio.
C.: E perché il jeans non lo fai?
E.: Per me va benissimo la donna in jeans. Ovviamente ognuno di noi anche commercialmente dà un´immagine e quindi so che un jeans molto sexy non fa parte del mio stile. Il jeans lo uso come inserto o comunque posso fare anche la gonna di jeans ma non è quella con le cinque tasche perchè la unisco al pizzo, al tulle e la faccio diventare altro da sé. Per me è sempre stata questa la moda.
C.: Dove sono confezionate le tue cose?
E.: Molti abiti sono fatti qui ad Ischia: ho un laboratorio con delle sarte che lavorano per me. Altri, un po´ più impegnativi con dei tagli diversi, li faccio fare a Roma.
C.: C´è una difficoltà ad allestire vetrine rispetto al posto in cui ci si trova. Per esempio come fu recepita la tua donna con le ali?
E.: Era una donna angelo vestita con le mie cose, con una gonna di tulle nero. E´ logico comunque che in un posto di provincia come questo si hanno poche occasioni per osare; magari è un linguaggio che non viene percepito subito, anche se poi le cose più tranquille vengono più apprezzate.
C.: Che cos´è per te lo stile?
E.: Penso che ognuno di noi ha un suo stile. Purtroppo ci sono dei momenti in cui gli stili degli altri prevaricano il nostro e noi li seguiamo, diventiamo dipendenti. Però, quando siamo sereni e ben sicuri delle cose che facciamo nella vita, anche nel modo di vestire il nostro stile esce fuori.
C.: La tua donna ha un´immagine molto femminile. In che misura l´idea maschile si proietta sulla donna?
E.: Soprattutto attraverso i tessuti: uso molto i tessuti cravatta o i tessuti pesanti maschili, ad esempio le gonne sono rifinite come se fossero dei calzoni, magari l´interno dei pantaloni da uomo li metto all´esterno di una gonna. E comunque creo una donna ideale. Inoltre negli ultimi venti anni la donna ha cercato di avvicinarsi sempre di più all´uomo nel suo modo di vestire. Ci sono stati degli anni in cui la donna vestiva solo tailleurs, e soprattutto con la giacca. Adesso la vedo altro; la vedo molto femminile, anche se per me la femminilità non deve essere mai ostentata. La gonna non deve per forza strizzare per far vedere le forme. E´ più un linguaggio di essenze che di ostentazioni.
C.: Pochi stilisti riescono oggi a dare un´immagine di continuità nello stile, di classico riconoscibile. Cosa ne pensi?
E.: Per me non esiste l´idea di classico perché, quando non è cattivo gusto, qualsiasi cosa, anche una scultura fatta di latta, può diventare un classico e la storia dell´arte ce lo insegna. I vestiti di Chanel erano una rivoluzione per allora: le donne abituate a vestire in quel modo sembravano delle pezzenti. Adesso Chanel è al top così come un jeans di Dolce e Gabbana, per quanto sia un ipermoderno, oggi rappresenta un classico.
C.: Anche una gonna di Elio Fronterrè rappresenta un must nel guardaroba femminile?
E.: Spero di si. Per molte persone questo succede, c´è chi le colleziona, c´è chi ne compra svariate, ne segue il percorso e questo è molto gratificante perché penso che finalmente sto comunicando con delle persone: tu dai qualcosa di tuo a loro e loro si rivestono di sè stesse. Infatti le nostre gonne si indossano in otto modi diversi, il taglio non cambia ma se tu vedi due gonne di due collezioni-estate successive possono sembrare diversissime. Il modo di metterle è sempre lo stesso motivo per cui sono state anche copiate. Io ho dato il mio stile, e quello è la cosa vincente più che il modo di allacciarle, che può essere innovativo.
C.: Che tipo di concettualità c´è dietro queste gonne?
E.: All´inizio sono partito da un´idea orientale, molto ascetica, di un oggetto che potesse diventare tante cose seguendo delle linee geometriche, polifunzionali. Dopo di che ho elaborato queste gonne e il loro concetto è diventato più arzigogolato, ognuna ha seguito un suo respiro ogni stagione.
C.: Sei di origine siciliana, e precisamente?
E.: Della punta estrema della Sicilia, sotto Siracusa, dove c´è un paesino che si chiama Marzamemi: è uno splendido villaggio di pescatori del ‘700, arabo ed è un posto magico, con un mare strepitoso e dei colori e dei sapori fortissimi.
C.: Anna, tua moglie, è invece ischitana. Quanto c´è di matrice siciliana e quanto di ischitana nel tuo stile?
E.: Di siciliano tanto, specialmente per i colori. Se tu pensi ai coloratissimi quadri di Guttuso!… Ho iniziato e continuo ad elaborare una linea che si chiama “Classic” in cui ripropongo quegli accostamenti molto violenti, non solo tessuti, ma anche colori, diametralmente opposti, che poi alla fine si sposano sulla tavolozza. Il modo di gestire commercialmente la mia azienda l´ho mutuato dall´esperienza ischitana, ma le suggestioni di stili me le hanno date non solo la mia Sicilia, ma anche il mondo del cinema, i film che ho visto, i libri che ho letto nella mia vita, gli sguardi che ho dato al mondo.
C.: Un film, una canzone ed un libro a cui ti ispiri.
E.: Un film sicuramente La Dolce Vita di Fellini perché nei suoi film ci sono grandi quadri. Fellini con la Masina è colui che mi ha parlato di più della composizione dell´immagine perché quando tu crei una donna, la vedi, è come un quadro e cerchi di seguirne la simmetria. Come libro mi affascina come David Copperfield o Grandi Speranze per il modo in cui Dickens intesse le storie ed intreccia i personaggi, mischiando la commedia con la tragedia continuamente, un po´ come facciamo noi nella vita di tutti i giorni. Infine per quanto riguarda la musica sono diviso tra l´effimero ed il profondo e penso che l´opera omnia di De Andrè è quella che mi parla dentro. Mentre l´opera omnia di Mina è quella che mi riflette il mondo, è proprio l´essenza delle cose più futili, che poi sono quelle che viviamo tutti i giorni, un bicchiere di vino buono, un caffè.
C.: Molte donne famose hanno dichiarato che per essere felici bisogna essere innamorati…
E.: Tutti noi siamo sempre innamorati di qualcosa se no non avremmo quel motore che ci spinge ad andare avanti nel nostro lavoro e nelle nostre relazioni. Però una sorta di amore continuo lo devi avere perché se fermi quello è come se togliessi benzina all´auto, ti demotivi. Può essere un nuovo amore con una persona, una nuova passione, la danza, la palestra, ci si innamora delle cose, poi ti lasci con queste spesso e sei portato a cercarne delle altre; e quando non ne cerchi altre, stai per cadere in depressione.
C.: Il lavoro dello stilista è un continuo rinnovo, una crescita ininterrotta. Quando viaggi hai delle tappe fisse, delle mete prestabilite o viaggi solo per piacere.
E.: Viaggio spesso per lavoro ed è come se fosse un alibi per il mio piacere. Abbiamo la fortuna che l´Italia è la casa della moda quindi quando vado a Milano – che è una citta che non amo – vivo un certo ambiente che me la rende frizzante. Sono innamorato di Firenze, mi piace molto come vestono le donne di Firenze, hanno quel che di intellettuale, quel che di indifferente per il modaiolo, anche se poi seguono le tendenze, però sono anche un pò fru frù; non mi piace la donna aggressiva, che deve ostentare la propria aggressività.
C.: Rispetto al sociale, hai partecipato al progetto “Gazzella”, di cosa si trattava?
E.: Si donava un dipinto per sovvenzionare le associazioni benefiche in Africa. Era una collettiva a cui partecipavo con un quadro. Sai dipingo e mi piace arredare casa con i miei dipinti, ne ho anche venduti alcuni. Il quadro però fa parte più del nostro mondo interiore, è un´esperienza intimistica. Mi piace impegnarmi nel sociale: mi piace sovvenzionare Emergency perché fa delle cose in cui credo. Questa nuova collezione avrà degli oggetti, delle gonne che parlano di un posto, la Palestina, e il ricavato della vendita di questi andrà infatti ad aiutare i campi profughi.
C.: Quali sono le novità delle tue linee per la prossima collezione primavera-estate?
E.: Sicuramente, da questa primavera divido la mia vita lavorativa in due perché faccio una seconda linea anzi sarebbe la terza perché c´è appunto “Classic” in cui creo cose molto particolari incluso la sposa; c´è la prima linea che portiamo avanti tutti i giorni, è per donne dai 30 in su, che lavorano, non è lussuosa, ma quasi lussuosa. Invece la novità è una seconda linea proiettata dai trenta in giù, più veloce e più giovane.