FOTOGRAFO E ARTISTA RAFFINATO, JEAN-MARIE MANZONI
CI APRE IL SUO MONDO PIÙ SEGRETO, LA DIMORA CHE HA PENSATO E COSTRUITO,
INSIEME ALLA MOGLIE MAGGIE, NELLA CAMPAGNA FORIANA. IMMERSA IN UN GIARDINO
ALL’ISCHITANA (OLIVI, VITI, AROMATICHE E IL PERGOLATO DI GLICINE) È L’ESSENZA DELLA CASA
DEL SUD, FILTRATA ATTRAVERSO GLI OCCHI E IL GUSTO DI CHI È A CASA IN TUTTO IL MONDO.
Pietra, legno, ferro, intonaco bianco: elementi antichi, che l’uomo adopera da secoli per costruire la propria casa. Li hanno scelti anche Jean-Marie e Maggie Manzoni per realizzare la loro, che vuole essere l’essenza della casa, il luogo della bellezza e dell’armonia dove tornare dalla loro vita vagabonda di fotoreporter. Manzoni è, infatti, un fotografo professionista che trascorre molti mesi all’anno insieme alla moglie Maggie lontano, per inseguire i protagonisti dei suoi reportages, leoni, bisonti, orsi grizzli, aquile imperiali attraverso l’Africa e il Nord America. I suoi legami con Ischia, però, sono profondi e lontani nel tempo: aveva solo dieci anni quando la madre – è figlio di italiani emigrati in Svizzera – lo mandò a vivere presso una famiglia foriana per rafforzare la sua salute al sole dell’isola. E il Sud Italia, conosciuto negli anni ’50 del Novecento, gli è rimasto dentro, tanto che il loro rifugio, il luogo che hanno scelto per riposare e raccogliere i frutti del loro viaggiare, che riunisce tutto ciò che amano di più, Jean-Marie e Maggie lo hanno realizzato in fondo ad una stradina di campagna, in alto la cima dell’Epomeo che cambia colore durante il giorno, intorno la terra foriana. Un po’ di vigneto, gli olivi, rigogliose aromatiche (rosmarino, timo, salvia) come bordure di un giardino dai colori tranquilli, dominato dal grigio verde della pietra locale. Che riveste vialetti, gradini, passaggi, muri: ogni pezzo Jean-Marie lo ha tagliato personalmente (mesi di lavoro!) e il risultato è un tappeto di pietra unico, che conduce alla casa. Candida, soffitti con le volte a botte, piccole finestre, sviluppata su più altezze, volutamente ispirata all’architettura locale, quella delle case dei contadini. E in particolare nella zona di Forio esistono abitazioni che inglobano macigni di tufo verde: così è anche qui, dove il masso (che non è stato trattato in alcun modo), costituisce una delle pareti del soggiorno ed è il perno attorno a cui ruota l’edificio. La terrazza davanti alla cucina è “arredata” sontuosamente da un magnifico glicine e da un tavolo in battuto di lapillo, tipico materiale dell’isola in passato. Anche negli spazi interni, muri candidi, pavimenti in cotto e soglie in pietra lavica, ogni intervento è pensato seguendo un preciso senso del bello: il risultato sono tanti angoli dove l’essenzialità nasconde un gusto sicuro, frutto di un continuo esercizio del togliere. Così, la scelta degli oggetti (pochi) posti sui mobili (composizioni di bottiglie, piatti, piccole sculture in legno o ferro). Alle pareti, alcune opere fotografiche del padrone di casa e un bellissimo quadro di Peperone, pittore naif foriano. Gli arredi provengono soprattutto da rigattieri, francesi (i tavoli), spagnoli alcuni armadi e il letto matrimoniale in ferro battuto (con una decorazione che richiama un po’ le illustrazioni delle favole), le porte di comunicazione appartenevano all’armadio di un castello in Borgogna. Tutti contesti non locali, eppure si integrano fra loro e con la casa alla perfezione, grazie alla capacità di chi li ha selezionati. Il risultato sono spazi che, benché non grandi, accolgono gli arredi ma non ne sono soffocati, lasciando che le linee pulite delle mura, delle volte, degli spazi siano sempre in primo piano.