Text_ Emma Santo Photo_ Ischiacity
Prima del 28 luglio 1883, il Majo era l’antico nucleo abitato con cui si identificava la ‘Casamicciola di Sopra’, fulcro della vita sociale del paese e vibrante attrattore turistico. Il violento terremoto, che fece oltre duemila vittime, stravolgendo per sempre le sorti del borgo, è sopravvissuto a lungo nell’immaginario collettivo, complice anche una locuzione (“Succede Casamicciola”) che valicò i confini dell’isola, insinuandosi tra i detti popolari dei ‘vecchi antichi’ napoletani – come definivano chi era nato prima delle due guerre. Nel tempo, di quest’espressione si sono perse le tracce, nel parlato e negli scritti. Ischia viveva di turismo, allora come oggi. Bisognava lasciarsi alle spalle la memoria della tragedia.
Passano gli anni, le generazioni si danno il cambio, Piazza Majo rinasce dalle ceneri della chiesa di Santa Maria Maddalena, di cui sono rimaste in piedi le mura dietro i giardinetti. I commercianti della zona investono energia e passione in un’area altrimenti destinata all’oblio, lavorano sodo per restituire vita e dignità al borgo, difeso con le unghie e con i denti dalla comunità che non ci pensa proprio a perdere la sua identità. Tra loro, ci sono le giovani sorelle Rusciano, Antonella e Caterina, con la pizzeria Catarì, costruita in quella piazza negli anni ‘60 dalla nonna che ha tramandato alle nipoti la passione per un mestiere a cui le due ragazze, subito dopo una laurea rispettivamente in Giurisprudenza e Architettura, finiranno per dedicare anima e sudore, consolidando il successo di un’attività storica con il giusto mix di tradizione e innovazione.
Quando la terra torna a tremare, un lunedì di piena estate, Antonella e Caterina sono intente a preparare le pizze; i loro mariti, Alessandro e Augusto, padroneggiano il forno a legna e la sala gremita di clienti. Poi il boato, che preannuncia le ore più buie e drammatiche dell’isola d’Ischia. Le lancette dell’orologio del Napoli, che fino a quell’istante scandiva il tempo del lavoro, della famiglia, delle cene, delle feste, delle partite di calcio in diretta, racchiuso nello spazio confortevole di un punto di ritrovo per tantissimi ischitani e turisti, si fermano alle 20.57. Il 21 agosto 2017, il Majo è di nuovo epicentro di un dramma.
“In quei pochi secondi – racconta Antonella – è stato stravolto tutto, abbiamo sentito una spinta provenire dal basso, come se qualcuno ci stesse dando un calcio, gli ingredienti sono caduti a terra, i frigoriferi si sono spalancati, le cassette di birre artigianali sono andate in frantumi, in cucina è persino volato il microonde… Per fortuna, nessuno di noi si è ferito, e grazie alle luci d’emergenza, che avevamo anche in giardino, i clienti non hanno subito l’impatto del blackout. Fuori si era alzato un gran polverone, là per là non capivamo cosa fosse crollato e a che distanza da noi”.
La struttura che ospita la pizzeria Catarì (e, al piano di sotto, il mini appartamento in cui abita la mamma delle due pizzaiole, costretta ovviamente a lasciare l’abitazione) è in cemento armato e non riporta danni strutturali gravi, ma ci sono seri problemi idrici da risolvere, le vibrazioni indotte dal passaggio delle onde sismiche hanno spostato le tubazioni dall’alloggiamento, provocando l’allagamento di alcuni ambienti. Le condizioni più critiche si sono riscontrate, però, nel giardino, oasi piacevole per i clienti che desideravano mangiare all’aperto nelle calde giornate primaverili ed estive. Il pergolato si è spostato verso l’edificio e il muro di contenimento di un terreno adiacente si è pericolosamente inclinato. Stando agli esiti delle schede AeDES per il rilevamento del danno, il locale delle sorelle Rusciano è stato contrassegnato con le lettere BF, dove B indica che la struttura è in tutto o in parte temporaneamente inagibile, ma è sufficiente eseguire lavori di pronto intervaento e di rapida realizzazione per renderla di nuovo sicura per i residenti; F significa che lo stabile è inagibile per rischio esterno, dovuto al contesto circostante, anche senza danni consistenti al suo interno. I costi di riparazione e rafforzamento della pizzeria di piazza Majo si aggirano sui centomila euro, ma a preoccupare (e non poco) Antonella e i suoi familiari sono le condizioni in cui versano gli immobili accanto al loro, tra cui anche la casa dello zio, che hanno subito danni più ingenti e non sono mai stati messi in sicurezza.
Nel frattempo, i problemi si acuiscono. Tra terremoto, incuria e piogge, il terrazzo di copertura della pizzeria ha finito per spaccarsi, provocando infiltrazioni d’acqua all’interno del locale. “Qualche mese fa siamo improvvisamente passati dall’essere zona rossa a verde, senza sapere realmente perché. Mio padre, quando può, va a pulire, a sistemare – spiega la pizzaiola che da poco ha compiuto 41 anni. Dice sempre che è come se avesse un figlio ferito che non vuole abbandonare, ma che va curato. Noi siamo più razionali, aspettiamo di capire cosa succede”. Ovviamente, non si aspetta con le mani in mano. Antonella si mette subito alla ricerca di un altro locale da affittare, in attesa che la situazione si sblocchi. Ma deve subito scontrarsi con quanti speculano sulle tragedie che non li riguardano, benché avvenute sotto il loro naso. “In più di un caso mi hanno proposto un prezzo più alto rispetto a quello richiesto ad altri commercianti”, commenta la Rusciano, senza nascondere l’indignazione per chi non si fa scrupoli ad anteporre il profitto personale a sentimenti come solidarietà ed empatia. Ad aprire le porte alla grande famiglia di Catarì è l’amico Carmine Elia, proprietario del Zi’ Carmela a Forio, con cui si è instaurata una proficua collaborazione, con tanto di menù condiviso, dove da un lato ritroviamo le famose pizze nate al Majo e dall’altro i piatti del rinomato ristorante foriano.
“Mai avrei immaginato che sarei andata a lavorare altrove – racconta Antonella – credevo che, almeno fino ai 18 anni, mia figlia avrebbe festeggiato i suoi compleanni nella nostra pizzeria, dove celebravamo ogni evento. Prima di quel tragico 21 agosto, sfornavamo una media di 300/350 pizze al giorno. Ero talmente risucchiata dalla mia attività che all’indomani del terremoto mi sono ritrovata per strada e mi sono resa conto di non aver più visto il tramonto a mare o fuori dal mio locale da quando, vent’anni fa, lo abbiamo ripreso in gestione. All’improvviso eravamo passati dal lavoro sfrenato alle ferie forzate, abbiamo perso la nostra stabilità, non sapevamo cosa significasse stare fermi. Continuavamo solo a domandarci: e mo’ che facciamo?!”. Al Zi’ Carmela, il team di Catarì è quasi al completo, fatta eccezione per Caterina che ha deciso di dedicarsi esclusivamente al lavoro di estetista. Volendo cercare il lato positivo, c’è che ora si è liberi dalle tante preoccupazioni relative alla gestione di un locale. Tutto ciò a cui deve pensare Antonella è fare pizze, il suo mestiere. C’è più tempo per respirare, dopo che la giovinezza è stata assorbita da un’attività frenetica senza mai ritagliarsi un momento per sé, si ammette che la stanchezza era davvero tanta, troppa.
Eppure, la famiglia Rusciano sarebbe pronta a tornare a piazza Majo anche domani, se solo avesse delle garanzie che nessuno riesce a dare. “Ci sentiamo abbandonati a noi stessi, è assurdo che ad oggi non sia stato nominato il commissario di governo per la ricostruzione. Mesi fa ci avevano detto di cercare un altro posto, ora ci dicono che possiamo provvedere autonomamente ai lavori di riparazione. Un rischio che personalmente non mi va di correre: come possono chiederci di investire in un paese fantasma, in cui non abita più nessuno, senza alcuna certezza di un’adeguata messa in sicurezza degli edifici? Persino l’Enel non ci ha ridato ancora la luce. Ci hanno lasciato in un limbo ed è davvero sconfortante restare sospesi a questo grande punto interrogativo sulle nostre sorti. Quando noi della zona rossa ci incontriamo in giro per l’isola, sembriamo dei deportati, perché è andato via il cuore di un paese”. Impossibile, adesso, guardare al futuro, persino per una stacanovista come la pizzaiola dai ricci colorati, abituata da sempre a fare programmi a lungo termine, a mo’ di agendina umana. Se prima del terremoto aveva ben chiaro dove fosse il suo posto, ora non riesce a vedere oltre l’estate che verrà. Ma dalla terrazza del Zi’ Carmela, Antonella può ammirare dei tramonti incredibili, e pensa che oggi va bene così. Dopotutto, diceva una ragazza tosta come lei, domani è un altro giorno.