16/2007
Photo: Riccardo Sepe Visconti
Text: Annamaria Rossi
Tra fiori meticolosamente bianchi, gazebo con lini svolazzanti e infinita classe, all’Hotel Mezzatorre, con lo sguardo che indugia sulle schiume di un mare allegro e sul restante panorama della splendida baia, alle cinque del pomeriggio ho l’onore di prendere il tè con Sir Ken Adam e la moglie, Lady Letizia.
Ken Adam nasce a Berlino nel 1921 ed è uno degli scenografi più influenti ad avere messo il suo talento al servizio del cinema internazionale. Le sue scenografie non hanno mai mancato di sorprendere ed intrigare gli spettatori di un mondo cinematografico molto diversificato che ha attraversato il noir, l’avventuroso, lo storico, l’avveniristico. E’ frutto del suo genio l’ambientazione di una innumerevole quantità di pellicole cui ha saputo imporre il suo personale stile, sua la visione dell’universo di James Bond negli anni ’60 e ’70. Adam fugge dalla Germania nazista nel 1934 per sbarcare in Inghilterra, ha già in testa la passione per la scenografia e seguendo il filo del suo background culturale e la passione per la scuola del Bauhaus, compie studi di architettura a Londra. Durante la guerra si arruola nella RAF e combatte a bordo di Spitfire e Hurricanes, unico pilota tedesco della forza britannica. Al termine del conflitto, e qui finisce la biografia ufficiale ed incomincia il suo racconto, con l’aiuto della sorella impiegata all’ambasciata americana a Londra, riesce ad entrare a far parte del mondo del cinema come aiuto di Oliver Messel, all’epoca importante scenografo e costumista inglese. Da qui, per sua stessa ammissione, inizia una fortunata e rapida carriera che attribuisce per la verità a due circostanze favorevoli: la ‘raccomandazione’ della sorella, arrivata al momento giusto e con le persone giuste, e l’incontro con la moglie Letizia, avvenuto ad Ischia nel ’51 durante la lavorazione de “Il corsaro dell’Isola Verde”: “L’incontro con mia moglie – afferma – è stato fondamentale perché ho appreso molto dalla sua creatività, dal suo carattere italiano, ho mitigato la mia rigidità ed acquisito pulizia stilistica, per me è stato un grande arricchimento che ha segnato il mio lavoro negli anni”. Dopo le nozze, i due novelli sposi corrono a Palermo per girare un film con Errol Flynn, scenografo lui, costumista lei, ed inizia questa collaborazione che non è solo un matrimonio ma molto di più, negli anni il supporto di una donna che diventa parte del genio del suo compagno, lo libera dalle inibizioni e da certe sovrastrutture, libera la sua fantasia e la capacità di esprimere la sua creatività. Inizia una carriera folgorante, la prima nomination all’Oscar arriva nel ’56 per “Il giro del mondo in ottanta giorni” interpretato dall’indimenticabile David Niven. Il primo premio importante lo riceve a Mosca nel ’61 dalle mani di Luchino Visconti. Molti sono i film di cui realizza le scenografie, un elenco che porterebbe via pagine su pagine. Vorrei mi parlasse di Bond: “Nel ’62 fui chiamato dal regista Terence Young per la scenografia del primo film della serie “Agente 007 licenza di uccidere” (quello con la bond-girl Ursula Andress ndr), avevo un budget limitatissimo, e nei Pinewood Studios mi dovetti inventare una scenografia minimalista che risultò essere surreale ed innovativa. Colpì molto, tant’è vero che quando Ronald Reagan si insediò alla Casa Bianca volle per la sua sala riunioni una lampada circolare che avevo utilizzato per ottimizzare le luci della sala della guerra nel film”. Memorabile nella storia del cinema, così come la parete-acquario, aggiungo. “Anche le altre pellicole di Bond realizzate con altri registi hanno richiesto uno sforzo creativo notevole, in fondo le storie erano piuttosto esili ed andavano supportate con il resto per arricchirle di contenuti”.
Non a caso, nei film della serie, Adam ha espresso con le sue ricercate concezioni quanto la sua capacità espressiva potesse essere potente e raffinata, rigorosa e moderna, tanto da essere di modello ancora oggi per la cinematografia. Proprio questa caratteristica e l’innovativo processo utilizzato per la serie Bond, attira l’attenzione di Stanley Kubrik che lo chiama per “Il Dottor Stranamore”. Con Kubrik, geniale ed impossibile, nasce una grande amicizia. Nel ’76 arriva l’Oscar come migliore scenografia per “Barry Lyndon” proprio di Kubrik. In seguito una nomination nel ’78 per “007 La spia che mi amava” ed un’altra nel ’94 con “La famiglia Addams”. Ultimo Oscar ricevuto, nel 1995, per “La pazzia di Re Giorgio” a proposito del quale racconta: “E’ stata un’esperienza bellissima. Si riproponeva uno spettacolo teatrale che aveva avuto un gran successo a Londra. Attori bravissimi, ottima regia, un team affiatato che in poche settimane, grazie alla capacità collaborativa ed alla ottima professionalità, ha realizzato un bellissimo film, che ha ottenuto un giusto riconoscimento”. Non sto a raccontare quanto altro abbia dato al cinema quest’uomo, un’infinità di mondi, mille letture diverse, tutte con uno stile inconfondibile, lo stile Ken Adam. Infatti, tra una parola e l’altra, spunta: “Io ho sempre rappresentato la ‘mia’ realtà, gli spettatori credono sia ‘la’ realtà, ma non è affatto così”: meraviglioso pensiero di artista. Domando quanto ci possa essere di arte nel suo lavoro e mi risponde: “Non me ne sono mai accorto fino a quando, nel 2000 a Londra, è stata proposta una mostra con i miei bozzetti per le scenografie, i miei disegni. Molti architetti si sono complimentati con me ed ho scoperto di essere oggetto di studio e punto di riferimento per parecchi nel campo. Questo mi ha dato il senso che forse c’è dell’arte nel mio lavoro”.
Negli ultimi anni l’attività cinematografica di Sir Adam è rallentata, ne domando il motivo e risponde che il cinema innanzitutto non è più come una volta (e questa risposta me la aspettavo), e poi ora in mancanza di un progetto veramente entusiasmante, scrive libri, disegna, elabora progetti di architettura, ha disegnato un videogame per la Electronic Arts. Torna spesso e volentieri a Ischia, sempre al Mezzatorre. Domando se per caso gli è rimasto in gola un progetto, un desiderio incompiuto, e mi risponde che avrebbe voluto realizzare la scenografia di un film ambientato nel Rinascimento, progetto restato solo un’idea in embrione con Tinto Brass, con il quale ha collaborato per quella meravigliosa e cupa scenografia di “Salon Kitty” che molti ricorderanno. Speriamo che Adam possa dare ancora al cinema, in fondo è ancora un ragazzo, alto, con tutti i suoi capelli e il maglione blu, con la sua ragazza sempre a fianco, esile e delicata solo in apparenza, nel suo elegante tailleur bianco colorato da splendidi bracciali di corallo.
Lui parla, la guarda quasi a cercare approvazione, lei interviene al momento giusto, interagisce in uno scambio continuo di complicità eterna, aiuta nel ricordo, puntualizza le sensazioni. Un gioco molto bello da osservare e del quale far parte anche solo per un’ora. A fianco di un grande uomo c’è sempre una grande donna e percepire la rete di acciaio che tiene unite queste due persone da oltre cinquant’anni, genera emozioni.