25/2008
Photo: Riccardo Sepe Visconti
Text: Emma Santo
“Scandalosamente perbene”. Così c’è scritto sulla copertina della sua autobiografia. Così si definisce la Ninì Pampan dei francesi e la Silvana Pampanini di casa nostra. È stata lei ad inaugurare la stagione delle maggiorate. Lei, l’unica per la quale il pubblico di Miss Italia fece a botte, perché voleva che vincesse. Sempre lei l’attrice più nota, più pagata e più richiesta del periodo post bellico, prima ancora della Lollo e della Loren. “Nessuna diva dopo di me”, sembra dire. Né prima, né durante.
La incontro nell’atmosfera rilassata ed estremamente confortevole del NH Ischia Thermal Spa Resort (ex Jolly Hotel delle Terme). Ci tiene a scusarsi per il ritardo, sebbene sia io in anticipo. “Amo essere puntuale”, mi dice, mentre mi stringe la mano. Strano, avrei detto che ‘farsi attendere’ fosse la regola principale di una diva. Ma lei non appartiene a quel mondo dove per esserlo devi battere i piedi per terra e portare sul volto la maschera del broncio capriccioso. Le basta la sua classe, quel modo di muoversi, di parlare, di sorridere come se fosse costantemente sotto i riflettori. I suoi grandi occhi verdi continuano a brillare di un sogno che sembra durare tutta la vita, come se non avesse memoria del tempo che passa. Ischia la conosce e l’accoglie con affetto da quando era così giovane da non ricordare più che età avesse. “Andavo sempre a Capri, poi alcuni amici mi proposero un weekend ad Ischia e quando l’ho vista me ne sono innamorata. Da allora ci sono venuta ogni estate, ho avuto anche una villa in via S. Alessandro e mi sono battuta per la cappella del ‘300 che si trova lì vicino, per farne un monumento”. Da tempo, la sua nuova dimora è quest’albergo, del quale ama in particolar modo le terme, per lei le più belle d’Europa, e l’atmosfera, perché qui “è una famiglia”. E lo si nota subito. Le amiche non la lasciano sola un istante, arrivano, si scambiano saluti, le fanno i complimenti per il suo nuovo taglio di capelli, e la Pampanini diventa radiosa come una ragazzina, le fa accomodare accanto a sé, e con loro anche il direttore dell’hotel, Giovanni Cervera. Tutti si prodigano per non farle mancare niente. Così come la vita che ha vissuto e che ringrazia di continuo. Ha preso tanto, tutto quello che le veniva offerto, scegliendo di restare libera, totalmente. Di non affezionarsi mai. “Non conveniva”, mi dice. “Avevo il mio lavoro, la mia famiglia, mi bastavano, allora era molto bello. Poi purtroppo li ho persi, perché la volontà divina è stata questa”. Eppure, le proposte di matrimonio non sono mancate. Fioccavano da tutte le parti, una persino da Totò. “Si diceva che fosse pazzo di me, però quando era fuori scena non parlava mai, io ci sono andata a cena tre volte ma con papà mio perché altrimenti che dicevo? Nella vita reale Totò era completamente diverso”. Delle altre ‘presunte’ dive, di chi dice di esserlo, non parla, né nel bene, né nel male. “Forse sono l’unica che non si è fatta nessun intervento. Oggi sono tutte ben rimaneggiate, anche le giovanissime, le belle ragazze si fanno ritoccare. Il segreto per essere belle è fare vita sana, mangiare sano ed essere onesti, essere buoni”. Racconta poco della Silvana più intima e segreta. Ci tiene che resti così. Non si sbottona nemmeno sul suo primo bacio, se non su quello del primo ciak. “Ho iniziato che avevo 17 anni. Lo studio era pieno di gente che voleva vedere questa ragazzina vestita da grande. Era una scena lunghissima, difficilissima. Facevo una giovane cantante, il mio compagno era Gino Bechi, il più grande baritono del mondo, nel ’49. Ad un certo punto sentii gridare: ‘Stop!’ Mastrocinque, il regista, mi disse: ‘Silvanina, tutto bene, solo che devi baciare’. Poi capì che non lo avevo mai fatto. Avendo studiato molto, non ho avuto il periodo che tutte le mie coetanee avevano avuto. Mastrocinque mi prese per mano, mi portò dietro al paravento e mi spiegò come dovevo fare. ‘Però, quando ci marciano’, aggiunse, ‘allora stringi i denti. Fino a quel momento arriva con la bocca fremente, la mano che vibra sul braccio del tuo partner’. In seguito diventai maestra di queste scene”. A provarci con lei erano in molti, la stampa le attribuiva svariati flirt “dal principe dell’Afghanistan, a re Faruk, William Holden, George DeWitt, Omar Sharif, un petroliere texano, un latifondista uruguayano ed altri mille ancora”, ma la Pampanini racconta che il suo unico grande amore è morto prematuramente, pochi mesi prima di condurla all’altare. Dopo di lui non ha mai amato nessun altro, confessa. “Altrimenti mi sarei sposata”. Eppure il suo fisico prorompente, la sua sensualità, la difesa della propria integrità morale, tanto da non concedersi neanche un solo ‘nudo d’autore’, l’hanno resa ancora più appetibile agli occhi di scià, re ed imperatori, spettatori di ogni età e cineasti dai grandi nomi. “Una volta Federico Fellini mi chiese: ‘Ma perché tu e io non abbiamo mai fatto le porcherie insieme?’ Ed io risposi: ‘Federì, perché sei uno stronzo!'” E non si è risparmiata nemmeno con un altro grande regista: Orson Welles. A lui toccò proprio prenderle. “Sì, perché si permetteva in macchina certe cose… Siccome era un bell’uomo, conosciutissimo, bravissimo, tutte andavano con lui. Però, non puoi invitare una persona e comportarti male. Allora, dato che non smetteva di fare il cretino, io ho fatto come si fa nel tennis: dritto e rovescio. Quando sono scesa dalla macchina, l’autista mi ha accompagnato fino al portone e mi ha detto: ‘Mi permette di stringerle la mano? Lei è la prima che si è comportata come si deve comportare una donna davanti ad uno sporcaccione. In questa macchina ne ho viste di tutte i colori, perciò mi complimento con lei’. Welles non mi salutò nemmeno”.
Dato che la location lo impone, non posso non domandarle anche di Luchino Visconti. “Andavo spesso in quella baia meravigliosa, sotto la sua villa. Ho avuto sempre barche e lì mi divertivo a fare lo sci d’acqua. Poi Luchino veniva e mi chiedeva di offrirgli un whisky. Però non ho mai lavorato con lui”. Dell’Ischia di quegli anni ricorda che era ancora più bella, “un sogno”. “Ma alla fine la ‘Malafemmena’ di Totò era lei?” Le domando prima dei saluti. Quante volte le avranno fatto questa domanda? Troppe. Ma non ho resistito. “Quando ho conosciuto Totò mi ha detto che da anni era diviso dalla moglie e che si era già risposata con un ingegnere. Adesso la figlia dice che sulla carta depositata alla Siae c’è scritto che la canzone era dedicata a lei; per me va bene, io ho tante poesie che Totò ha scritto per me, anche più belle di quella canzone”. L’unico rimpianto che ha, perlomeno l’unico che confessa, è di non aver avuto figli. Ma è andata così, e lei non si lamenta. Una vera diva non lo fa mai.