n.09/2006
Photo: Riccardo Sepe Visconti
Text: Anna Schiano
Entrano nella sala da ballo correndo, ridendo e scherzando tra di loro, ma non appena scorgono la presenza di persone estranee frenano, anche se solo per pochissimi decimi di secondo, l’impeto e l’euforia. Abbassano lo sguardo se si sentono osservate e ridacchiano ammiccando all’amichetta quando intravedono l’attrezzatura fotografica che ci accompagna. La timidezza impedisce loro di far esplodere curiosità e allegria. Barbara Rumore, insegnante di danza classica e modern jazz per la scuola “Il balletto di Claudio Montefusco” sembra divertirsi nel notare l’insolita reazione, al nostro arrivo, delle sue allieve più piccole e dell’unico aitante giovanotto, che formano le matricole (la cui età varia dai quattro ai sei anni) del corso di pre-danza.
Perfettamente pettinate, si guardano continuamente allo specchio e ho l’impressione che non gli paia vero di potersi ammirare nel tanto sognato tutù rosa, sfavillante, pieno di veli che svolazzano in aria ad ogni pirouette che eseguono. Ci regalano l’opportunità di sbirciare una loro lezione e quindi possiamo gustarci l’esecuzione di una divertente e tenerissima coreografia. Si può comprendere, allora, il motivo per cui una mamma incoraggi la propria figlia o figlio ad intraprendere una tale scelta, sì impegnativa come la danza classica, ma che regala anche molte soddisfazioni. Senza dubbio in parte intervengono, all’inizio di questo cammino, le aspirazioni che un genitore proietta sul proprio bambino, affinché possa conquistare una corretta postura, un controllo pieno ed elegante dei movimenti. Senza contare che il ballo permette di incanalare le inesauribili e spesso ingestibili energie dei piccoli nel controllo del proprio orecchio, attraverso la musica, e del proprio corpo, mediante l’educazione ad esprimersi con le giuste movenze, anche grazie all’elasticità innata, di cui si è dotati da piccolissimi e che tende a perdersi con il passare degli anni e con la crescita.
La danza è impegno e lo sanno anche i novizi, che devono imparare fin da subito il rigore di questa disciplina, ma che possono ‘trasgredire’ sfrenandosi nei balli latino-americani, previsti nei corsi della scuola.
Difficile indagare le emozioni, le aspirazioni e i sogni delle nostre stelle in erba. Lo si può fare con consapevolezza soltanto da adulti (e neanche tanto bene). Immagino che per qualcuno dei pulcini del corso di pre-danza del 2006, ripensare a questa esperienza tra quindici anni procurerà un moto di nostalgia e compiacimento per aver vissuto una parentesi della propria vita piacevole e comunque formativa, anche se ormai conclusa.
Per qualcun altro rivivere tale periodo significherà immergersi, scovare e tirare fuori dall’immenso pozzo della memoria il ricordo di quando si sono indossate per la prima volta le punte ed il tutù, l’odore del gesso delle scarpette, il dolore impagabile ai piedi quando ancora non si è formato il callo, il forte impatto emotivo nel salire sul palcoscenico e confrontarsi con il pubblico al primo saggio di fine anno. Probabilmente, in questo secondo caso, la malinconia sarà meno penosa, perché credo si tratterà di chi la danza ha deciso di non abbandonarla mai, ma di farne sua compagna per la vita.
Naturalmente si tratta solo di congetture, proposte da chi la danza l’ha conosciuta stando comodamente seduta sulla poltrona di un teatro.
Viene naturale, guardando lo spettacolo offerto da queste splendide ballerine, voler condividere la gioia e la spensieratezza di queste acerbe stelle e desiderare di tornare dietro nel tempo all’età di quattro anni per cercare di convincere a tutti i costi, con i più insopportabili capricci o sfoderando le più accattivanti moine, una mamma e un papà a farsi portare in questa scuola per entrare e sperimentare il magico mondo della danza classica.