Saturday, November 23, 2024

Text_ Riccardo M. Strada

 

 

 

Cosa accade al mare quando la temperatura si innalza? E ai suoi abitatori? E le conseguenze per noi? In questo intervento il biologo marino Riccardo Strada, che è stato direttore dell’Area Marina Protetta Regno di Nettuno, comprendente le isole di Ischia e Procida, racconta quali (importanti) conseguenze concrete ha questo fenomeno silenzioso di cui la maggior parte delle persone non sa nulla.

 

 

Due gradi centigradi sembrano poco, pochissimo. In realtà gli oceanografi dicono che negli ultimi trent’anni la temperatura superficiale del mare si è innalzata di un grado, ed oggi stiamo andando verso i due. Molti penseranno – anche se non hanno il coraggio di dirlo apertamente: “Tutto questo chiasso per un paio di gradi… ed in decine di anni!”. A dire il vero Il tema del riscaldamento globale è uno di quelli su cui si fanno chiacchiere da salotto, anche se non è politicamente corretto contraddire chi lancia l’allarme sul riscaldamento globale. Certo, alcuni pensano che sia la costruzione dei circoli ambientalisti, di scienziati che debbono trovare qualcosa da studiare e di taluni politici che debbono pur avere una battaglia da combattere. Ma quando si sente che in trenta o quaranta anni la temperatura del mare è salita di un grado… e che va per i due… beh, allora si pensa sotto sotto: “Tutto questo rumore per un paio di gradi?”. Comprensibile ed automatico, in una società dell’informazione che ci inonda di numeri, classifiche e notizie. Sempre di più abbiamo consuetudine con le statistiche e, abituati a vedere tutto in numeri passati per pochi secondi su di uno schermo, perdiamo di vista la realtà concreta, almeno fino a quando non diventiamo noi quella realtà.

E qual è la realtà? Diamo i numeri, quindi, due gradi, la differenza tra 25° e 27°. Ma sono anche la differenza tra 36° e 38°. La prima distanza significa la morte per surriscaldamento delle gorgonie che troviamo nel nostro mare, tra i 20 ed i 60 metri di profondità. Possibile? Confrontiamola allora con la seconda, vissuta sulla nostra pelle: immaginiamo di leggere una di queste temperature, 36 o 38 gradi, sul termometro che abbiamo messo a nostro figlio. La prospettiva cambia no? Così, come il dieci per cento dei caduti in battaglia non accetta di buon grado di essere una perdita trascurabile, noi forse non saremmo felici se il nostro medico ci dicesse che i nostri 38 gradi di febbre sono solo un aumento di temperatura del 5,4%, quindi trascurabile.

Così, se parliamo del mare di Ischia, come di tutto il Golfo di Napoli e del Mediterraneo centrale, il riscaldamento globale non è una questione di numeri, anche se i numeri ci aiutano a capirlo.

Vogliamo vedere quali semplici, pratiche e comprensibili differenze stiamo già sperimentando sulla nostra pelle? Parliamo di una realtà come Ischia (ma ricordiamoci che si può applicare a Capri, alla costiera Amalfitana, a Villasimius, alle Tremiti).

Della morte delle gorgonie abbiamo detto, ma non ancora del corallo rosso, questo simbolo vivente del fascino sottomarino del Mediterraneo. Il Corallo rosso ha bisogno di acque fredde, e più si alza la temperatura del mare, più viene ricacciato verso il fondo. Ce ne importa? Certo che ce ne importa, fosse solo perché le gorgonie come il corallo, sono una attrattiva per il turismo che si basa sulle immersioni sportive. Così come i numeri indicano una realtà nelle temperature, indicano una realtà molto solida nel turismo subacqueo. Tutto quello che sta sotto i quaranta metri di profondità è visitato e “goduto” da una piccola percentuale di sommozzatori sportivi, perché serve un ottimo livello di preparazione. In poche parole, se sopra i trenta metri le gorgonie muoiono, se il corallo rosso si decolora e si sbriciola, isole come Ischia e Procida perdono turisti e fatturato, perdono fotografie pubblicate su libri ed internet, perdono visibilità, e pubblicità.

E pesce; sì perché il pesce più pregiato, quello a cui siamo abituati nelle nostre zuppe di pesce o nelle grigliate più ambite, è legato a quel tipo di habitat. Nel coralligeno (così si chiama l’ambiente di roccia popolato da gorgonie e coralli) vive, trova le proprie prede, si riproduce e finisce nelle reti da posta dei nostri pescatori. Diminuiscono tutti quei pesciolini insignificanti e colorati che siamo abituati a vedere nelle foto e nei documentari di Linea Blu… e con loro, per l’appunto, i loro predatori, le spigole, le ricciole. Ma verranno soppiantati? Certo che lo saranno, in parte già sta succedendo, il riscaldamento del mare sta permettendo a tante specie, che prima si affacciavano solo timidamente dal canale di Suez e poi si ritiravano infreddolite, di esplorare il nostro di mare, il Mare Nostrum.

A parte qualche caso interessante, come una buona produzione di barracuda, che un tempo veniva gustato al limite sulle tavole siciliane, si tratta di nuovi ospiti poco appariscenti, assomigliano alle sardine, ma sardine non sono, alle triglie, di cui sono cugini ed a strani pesci che siamo abituati a vedere negli acquari, pesci balestra, pesci colorati di giallo e blu. A volte sono buffi e curiosi, come il pesce flauto, che assomiglia, per chi lo conosce, al pesce ago, ma qualche decimetro più lungo, fino al metro e mezzo, sicuramente pittoresco.

Verranno soppiantati, in qualche secolo o migliaio di anni, e forse non ce ne dobbiamo preoccupare, in fondo la natura è sempre in movimento. Certo aiutata dall’uomo si muove più in fretta, scavando il secondo canale di Suez, velocizzando il trasporto via mare ed utilizzando le acque di sentina per stabilizzare le navi (Ndr. Per rendere stabili le navi si riempiono i serbatoi di acqua di mare che in località lontane può contenere particolari microorganismi; quando viene scaricata nel mare di arrivo con essa vi finiscono anche queste specie alloctone) forniamo autostrade ad organismi dell’oceano Indiano o delle coste del Sudamerica per venire a colonizzare il Mare Nostrum. Però gli aspetti che ci debbono preoccupare di più non sono quelli biologici, sui quali, in fondo, non abbiamo, né avremo mai il pieno controllo, ma quelli materiali, pratici, fisici e chimici, sui quali abbiamo una diretta responsabilità.

È sotto gli occhi di tutti ciò che il riscaldamento del mare sta producendo, e produrrà sempre di più. Fenomeni meteorologici intensissimi e concentrati, trombe d’aria, bombe d’acqua, venti impetuosi. Ma per isole come Ischia e Procida l’alterazione delle temperature del mare ha prodotto anche un cambiamento che ancora non è stato molto compreso, e che tuttavia ci deve spingere all’azione. La rottura del termoclino. Nel nostro mare, c’è sempre stato un limite, come un foglio trasparente che separava l’acqua fredda sotto una certa profondità dall’acqua più calda alla superficie. E poiché sotto una certa profondità le onde normali non hanno nessun effetto è come se ci fosse un tappeto, steso ad impedire alle acque di fondo di risalire in superficie, salvo che durante le tempeste invernali. Così, guidati dalla semplice osservazione pratica gli ingegneri idraulici hanno pensato per anni che per qualche miracolosa azione, le acque di fogna “sparate sotto il tappeto” di acqua più fredda sparissero nel nulla.

Ebbene, oggi, a causa dell’innalzamento medio della temperatura dell’acqua il miracolo si è rotto, il termoclino, il tappeto, è fragile, pieno di buchi e quando c’è sta molto più in profondità. E le acque delle fogne di Ischia? È venuto il momento di ripensare i modelli per il loro trattamento. Perché ne abbiamo le capacità tecniche e la necessità.