Text: Lello Montuori
Come “Habemus Papam” dell’altrettanto famoso super Nanni, non ho particolarmente apprezzato “The young pope” del premio Oscar Sorrentino.
Sgombro subito il campo da un equivoco.
Non c’entra nulla l’essere cattolico.
L’arte è libera.
Per me il papa, qualunque papa, può essere rappresentato anche come un diavolo. Non mi scandalizzo.
Un film è un film.
È solo che quando ci si occupa della Chiesa, dei sacri palazzi, dei riti millenari che circondano la persona del Pontefice, bisognerebbe almeno un po’ conoscerne il contesto, affinché la rappresentazione non appaia inverosimile, a tratti ridicola.
Che poi, per carità, ci può stare anche il ridicolo.
È solo che a me il ridicolo non piace.
Non mi appassiona il genere.
Jude Law è un attore assolutamente straordinario e straordinaria è stata la sua interpretazione di Pio XIII. Così sofferta, carica di emotività repressa, combattuta e fiera.
Il problema era e resta il regista.
I dialoghi assurdi.
L’assenza di una trama.
Anzi direi proprio l’assenza.
Di senso.
Come in quasi tutti i film di Sorrentino.
Personaggi ridicoli inseriti in un contesto ridicolo per approssimazione dei ruoli e delle cariche.
Per fare cosa?
Per contrappasso ad altre assenze. Quella dell’immagine della sua persona che Pio XIII decide di riservare a se stesso, sottraendosi ai fedeli.
Un’intuizione questa davvero formidabile. Recuperare il senso del mistero.
Peccato che poi quel senso del mistero si perda nel sensazionalismo dei miracoli.
Ridicoli non perché miracoli.
Ma per l’idea che il regista ha dei miracoli. Quasi uguali alle visioni di Tonino Pettola (Ndr. Personaggio della serie, un sedicente mistico che afferma di vedere la Madonna nelle pecore).
Cos’altro dire? È strano che uno studio rigoroso sui paramenti preconciliari non abbia avuto alcun seguito su quello del cerimoniale che circonda da almeno mille anni la persona del pontefice, le sue udienze, i suoi colloqui, le sue visite.
La psicologia dei personaggi purtroppo è quella a buon mercato distribuita a poco prezzo dai periodici alla Riza.
Almeno Nanni aveva nobilitato la depressione del suo Papa col deficit di accudimento e aveva scoperto la depressione persino nella Bibbia. Il Papa di Sorrentino è figlio di due hippies ridicoli che lo abbandonano in una casa che somiglia più alla casa di Pony di Candy Candy che ad un orfanotrofio americano degli anni ‘60.
Persino la suora di Young Pope ricorda Suor Maria di Candy Candy.
Restano le immagini. Forti, evocative, potenti.
Di fronte alle quali inchinarsi e tacere.