Friday, November 22, 2024

17/2007

Photo: Claudio Iacono
Text: Annamaria Rossi

 

La platea muta, quasi attonita, ha lasciato rotolare su di sé le note generosamente offerte da Giovanni Allevi con una straordinaria perfezione tecnica e tanto di sé. Presenta le sue composizioni una per una, ne spiega la ragione intima, profonda, poi parte con quelle mani, tanti millepiedi che corrono impazziti, e incanta tutti.
E’ difficile etichettare la sua musica secondo i canoni consueti, ma in fondo chi ha stabilito che bisogna per forza trovare una definizione, è una pagina bianca su cui dipinge tutti i colori che vuole, suona semplicemente quello che ha dentro, trasmettendo una quantità di emozioni, indefinibili come la sua musica. E ci si lascia travolgere da una meraviglia di sensazioni: acqua che scorre, cristalli di ghiaccio che ti entrano nel cuore, dolci carezze di mamma che manco te le ricordavi, battiti di ciglia, giochi di luce, vento di primavera e tutto quanto ognuno voglia percepire in quel momento. Allevi è una persona sensibilissima, molto attenta al suo sentire e molto rispettosa del sentire altrui. E si pone agli altri con il suo aspetto da folletto di fiaba entrando, allo sfiorare dei tasti, in una bolla trasparente sospesa a mezz’aria, per proporre il suo mondo e condividerlo con chi sa ascoltare. I brani del concerto appartengono a “Joy”, suo ultimo lavoro che è un canto alla vita, dopo la sua candidamente ammessa esperienza di attacco di panico che lo ha portato a ridiscutersi e ad accettarsi anche se imperfetto e, come dichiara dal palco, a trarre forza dalla sua fragilità. L’esecuzione è limpida, sentitissima, e non meraviglia affatto che Allevi sia definito dai critici musicali il genio italiano del pianoforte. Così abbiamo avuto anche noi a Ischia la fortuna di ascoltare quello che hanno ascoltato in tutto il mondo, dalla Cina all’America, portato dal talento di questo trentasettenne marchigiano che sembra un ragazzino, con gli occhiali da secchione e gli infiniti capelli riccissimi che quasi sfiorano il pianoforte nei momenti più intensi.
La nostra intervista, cui Giovanni Allevi si offre con disponibilità, si svolge in due tempi diversi: al termine del concerto, quando il pubblico preme per incontrarlo ed avere un autografo, e la mattina successiva al telefono mentre sta ritornando in continente sul traghetto. La prima curiosità è conoscere se sia consapevole delle emozioni che sa suscitare nelle persone che lo ascoltano. Risponde che cerca di non pensarci troppo, come se fosse una cosa troppo grande per lui. Parliamo della differenza di atmosfera dell’album “Joy” rispetto ai suoi lavori precedenti, e racconta che in effetti l’esperienza che lo ha segnato lo ha portato a vivere con maggiore intensità, con più gioia, a cogliere gli aspetti positivi della vita con rinnovata consapevolezza, pertanto è stato proprio un voler celebrare un inno alla vita ed alle cose belle di tutti i giorni: un quadro visto a Vienna, un fiume in piena che scorre vorticoso, una nuova vita che nasce. Data la formazione classica, la sua musica non è facilissima da ascoltare, richiede un certo impegno, e la sua improvvisa celebrità presso il grande pubblico forse è una sorpresa. Domando se questo fosse nei suoi desideri o nelle sue aspettative, e replica che no, non se lo sarebbe assolutamente aspettato, soprattutto di trovare un riscontro così positivo da parte dei giovani, tanto da partecipare finanche ad uno dei prossimi MTV Day: “E’ bellissimo, entusiasmante, essere seguito da così tante persone mi stupisce sempre, poi mi piace, al termine della serata, incontrare il pubblico. Questo contatto mi dà modo di esorcizzare certe paure, è un impatto affettivo gratificante. Da quando ho iniziato a parlare del mio attacco di panico tantissimi ragazzi che ne hanno sofferto mi hanno scritto per comunicarmi le loro esperienze, tanto che sono nati dei blog al riguardo. E’ sempre un sollievo condividere questi aspetti, capisco di essere fortunato perché a me la musica dà la possibilità di sublimare il problema, ma tanti percorrono faticosamente la loro strada per imparare a farlo, ed io cerco di passare loro un poco di ottimismo e speranza. Poi è bello scoprire che, dopo il periodo degli anni ’80 e ’90, nei quali è prevalsa soprattutto la noncultura dell’apparire, oggi la gente si avvicina timidamente ad un approccio più profondo, cercando forse più interiorità e manifestando spesso il desiderio di scoprirsi, di mettersi in gioco”. Lascia scorrere le emozioni mentre parla, esattamente come mentre suona. E’ un uomo dolce, autoironico, affettuoso, cerca il contatto, è ansioso di farsi capire, di comunicare. Memore della lettura della sua biografia, dove si citano i suoi studi filosofici, edita sul sito ufficiale (www.giovanniallevi.it), cerco di introdurmi nell’aspetto pragmatico della sua personalità rispetto alla musica. Nell’ascoltare le sue idee, sottolineate dalla caratteristica voce tenue e soave, appare chiaro quanto la filosofia influisca nelle sue composizioni in quanto diventa lo specchio ideologico dell’essere nel quale riflettersi non per mettersi in discussione, ma per conquistare la consapevolezza in un immagine semplice quale può essere quella di una persona seduta al pianoforte, tutto ciò che nasce da questi elementi è un gesto totale: suonare. Subito dopo, sull’onda dell’intensità delle sue parole ho volutamente fatto riferimento alle parole della serata precedente con le quali ha introdotto “Panic”, il primo brano eseguito al concerto e con una spietata naturalezza spunta fuori quello che non sembrerebbe: Giovanni Allevi non è alieno. Racconta ancora quanto intensamente ha vissuto il suo panico a seguito di un tumulto di emozioni così forti ma altrettanto umane e naturali, tanto da restituire una sincera gioia per la vita e la sua quotidianità. “La musica è venuta a trovarmi più volte, spesso all’improvviso, tanto che alcune melodie le scrivo di getto, spesso è buona la prima, con una dovuta, successiva, limatura. A volte invece ho bisogno di più tempo, anche anni, per rendere la totalità della mia composizione”. Che cosa non sarebbe capace di trasporre in musica questo genio creativo? “Quando mi è stato chiesto di comporre le musiche per il film “Canto di libertà”, mi sono reso conto che la cosa non fa per me. Preferisco scrivere le immagini che la vita mi suggerisce, seguendo il mio istinto, i miei incubi, le mie emozioni piuttosto che le visioni di un’altra persona”. Come dargli torto! Dopo il concerto si rimane per qualche tempo ancora con lui, nella sua bolla trasparente sospesa, con le corde dell’anima che vibrano, le note cristalline che riecheggiano. Giovanni Allevi ci ha dato molto, ci darà ancora tantissimo.