17/2007
Photo: Marco Albanelli
Text: Annamaria Rossi
Nipote di Lionel Hampton, il vibrafono più illustre del Jazz, e figlio di James “Sugar Boy”Crawford, leggenda del rhitm and blues, non poteva che essere un talento, Davell Crawford, unanimemente riconosciuto come un astro assoluto della “musica di New Orleans” sul piano internazionale. Ha aperto Ischiajazz con un asssaggio di venti minuti, voce e piano acustico, ricreando l’atmosfera della sua città e dei suoi suoni: eleganti forme roots, un poco di ragtime-gospel pianistico, blues a volontà. Il Mississipi di ieri e quello di oggi che scorrono insieme, un viaggio nel Delta fortemente evocativo che riporta alla mente le origini del musicista ed il luogo di provenienza. E’ a Ischia per la prima volta, e vorrei sapere le sue impressioni: “- E’ una bellissima isola, un luogo molto spirituale. Si percepisce l’incrocio di molte culture diverse, il contrasto tra la molta gente che lavora ed i molti turisti, un flusso positivo. In Italia ci sono molti bravi musicisti, è molto sentito il Jazz e molto ben eseguito. Trovo bello ed intimo questo festival, io solitamente incontro un pubblico molto vasto, non ho mai suonato in un luogo così raccolto, intimo appunto, e mi piace moltissimo.”- La sua musica è un insieme di vari sounds, una gradevole contaminazione, sono curiosa di sapere da dove nasce il desiderio di mescolare tutte queste sensazioni: “- Penso che la musica sia qualcosa che arriva dall’alto, Il Jazz, il blues, in gospel, il funk, sono tutti dentro di me. Ho studiato musica classica, mi piace molto il Jazz, ma sono un ragazzo, non ancora vecchio abbastanza per limitare i miei orizzonti. Come asseriva Duke Ellington, esistono solo bella musica e brutta musica, io suono quella che sembra a me bella musica, indipendentemente dalle etichette. “Davell Crawford è stato definito il nuovo Principe di New Orleans, gli piacerà questo titolo?” Non so se sono un principe e quanto sia nuovo. La mia città mi ha dato questo appellativo, spesso me ne hanno attribuito altri, il principe del piano, la nuova voce di New Orleans eccetera, mi piace avere queste identità. Io ho iniziato a suonare molto presto, (a undici anni era già una star ndr) poi ho avuto uno stop, per circa dieci anni non ho fatto esibizioni. Dopo la tragedia dell’uragano ho sentito che nella mia città, New Orleans, casa mia, c’era una rinata esigenza di musica, che portasse per il mondo anche quello che era successo, quindi ho deciso di ricominciare.-” Chiedo quanto spazio per l’improvvisazione ci sia nei suoi concerti ed asserisce: “-Totale, non so mai cosa farò, la musica arriva dalla mia anima e quindi dipende dal mio umore, dall’atmosfera del luogo, dal pubblico che mi trovo davanti. Generalmente improvviso tra il soul e il gospel, un pizzico di R&B, cercando di trasmettere qualcosa agli spettatori.”- Ed all’Arena Mirtina ha trasmesso molto, almeno la serata inaugurale, visto che la sera successiva l’acquazzone ha impedito lo svolgersi del suo concerto con la band. Simpatico e isponibile il giovane Davell, con l’apparecchio ai denti e gli occhialini piccoli, il suo panama da rapper e un paio di assurdi pantaloni bianchi a balze. Ha portato la malinconia dei cartelli “Only Whites” affissi sulla porta dei negozi, i campi di cotone, l’atmosfera fumosa dei locali scuri con il rag che sovrasta il vocìo, la rabbia di una catastrofe naturale gestita al peggio, molto dello spirito old-time jazz che gli appassionati amano. Non sarà il genere preferito dai puristi, ma il pubblico gradisce, Ischia risponde, questo è importante.