Friday, November 22, 2024

Event- IN RICORDO DI AMATO LAMBERTI

34/2014

Text: Nino Daniele                                                                                                           Intro: Redazione Ischiacity                                                                                             Photo: Gerardo Calise

A pochi mesi dalla scomparsa di una figura di intellettuale, politico e docente universitario fondamentale per la città di Napoli e il Meridione qual è stato Amato Lamberti, che ha condotto alla camorra una lotta senza tregua, sia all’esterno che dall’interno delle istituzioni, studiandone le trasformazioni, la crescita, le collusioni, le cantine Pietratorcia presso l’Antica Libreria Mattera lo hanno ricordato con un incontro organizzato da Franco Iacono, cui hanno partecipato: Nino Daniele, autore dell’articolo, Donato Ceglie, magistrato, don Domenico Pizzuti, sociologo, Mario Ruberto, giornalista, Gino Mastrominico, avvocato dello Stato, Giuseppe Febbraro, magistrato. C’era un legame speciale tra Amato Lamberti ed Ischia. Dovuto forse alle responsabilità istituzionali e di governo che lo avevano portato ad occuparsene, o forse al particolare fascino ambientale e storico dell isola”verde” che non può lasciarti indifferente e, certamente, non poteva lasciare insensibile un uomo di così fine cultura, con un sentimento profondissimo della “naturalità”. Naturalità che andava vissuta ma non violentata, e salvaguardata con una visione attiva della tutela. Come valorizzazione di ciò che è tipico ed originale ed irripetibile. Amato avvertiva una consonanza con il “genius loci” di quel vulcano incrocio di vie e traffici fin da quando gli uomini avevano preso a solcare il Mediterraneo. E’ quanto ti raccontano di lui coloro che ad Ischia hanno radici da generazioni o l’hanno scelta per viverci o viverla e l’hanno conosciuto e frequentato. Poiché non c’è identità che si tramandi e si rinnovi senza relazioni tra le persone, comuni progetti, scambi ed anche polemiche civili e politiche. In questo senso occorre dar atto a Franco Iacono di essere con il suo lavoro uno snodo di relazioni e intrecci umani che costituiscono un capitale sociale sempre in crescita ed in grado di perpetuare, rinnovandola, una linea di pensieri che si nutrono di memorie non meramente agiografiche, ma producenti frizioni e attriti con modi di vivere l’isola volgari e omologati. Con Amato il rapporto ed il coinvolgimento che anch’egli aveva intensamente stabilito erano nell’alveo di questo percorso. Ecco perché ricordare la figura di Amato Lamberti ad Ischia non è sembrato fuori del luogo ma integralmente in esso, con momenti di commossa intensità. Amato era un viaggiatore di mondi umani vitali. Anche quelli più lontani. Cercava gli esclusi non gli “esclusivi”. Non aveva una visione demoniaca del potere, ma ne conosceva la dinamiche ed i rischi oppressivi. Tuttavia, se dovessi definire il modo del suo pensiero e del suo agire non lo definirei un “liberatore” quanto piuttosto un “libertario”. Per questo egli sapeva dialogare con gli altri. Voleva con loro costruire un confronto che liberasse da luoghi comuni e convinzioni mistificatorie. Era e voleva che gli altri fossero in primo luogo liberi nel guardare alle cose. Ma se hai questa visione così alta della responsabilità intellettuale non puoi che imbatterti nella camorra e nei suoi intrecci di sistema, dove si costruiscono asservimento, oppressione, paura, umiliazione. Era, dunque, ben consapevole Amato Lamberti che il primo ambiente da risanare era quello sociale ed istituzionale. Continue erano le sue ricerche e conseguenti denunce sulle devastazioni ambientali prodotte da una camorra senza scrupoli e da ceti amministrativi predatori ed affaristici che manipolavano regole e strumenti urbanistici per favorire speculazioni e cemento selvaggio, al fine di lucrare su una crescita senza sviluppo e qualità sociale e civile. Il rigore delle analisi era per lui determinante, al fine di non eludere i veri problemi che un fenomeno come la camorra da oltre un secolo determinava nella vita di Napoli e della Campania. Si batteva, a volte con una veemenza che non era tipica del suo caratttere, contro la rappresentazione della camorra come di un corpo estraneo che si introduce con la forza in un meccanismo altrimenti regolarmente funzionante. La sua interpretazione, sostenuta da un lungo lavoro di studi e di ricerche, era che la camorra costituiva una componente organica di un più diffuso sistema di malaffare che si riannodava nella malapolitica e nel suo piegare le istituzioni ad interessi particolaristici e clientelari, agli illeciti dell’affarismo economico insofferente alle regole del mercato, alla concorrenza basata sull’innovazione e gli investimenti produttivi e la ricerca scientifica. Il circuito dell’illegalità dal basso si ricollegava a quello dall’alto, nella ricerca di denaro e profitti perseguiti con ogni mezzo a danno dei beni pubblici e delle regole della civile convivenza. La camorra-massa, con il suo esercito di decine di miglia di addetti ai mestieri ed ai traffici illegali, si ricollegava ai circuiti della decisione politico-amministrativa come base di consenso e come forza condizionante e determinante delle scelte di governo della cosa pubblica. C’è una continuità di analisi e di diagnosi nell’articolo con cui nel 1982 apre il lavoro dell’Osservatorio sulla camorra in cui delinea appunto uno scenario quantitativo degli addetti diretti alle principali attività criminose di quegli anni (almeno 35.000 solo nelle tre principali) e l’ultimo pubblicato postumo, in cui riparte dall’inchiesta Saredo su Napoli all’inizio del Novecento, per riproporre il tema dell’intermediazione politica, soprattutto a livello degli Enti Locali, quale aspetto fondamentale del radicarsi e consolidarsi del fenomeno camorristico nel territorio. Il tema dell’ restava per lui l’autentica maledizione del Mezzogiorno, a 150 anni dall’Unita Nazionale. Quell’interposta persona che si frapponeva tra i cittadini ed i loro diritti e Lo Stato ed i suoi servizi, per trasformarli in favori e sudditanza. Dalle carriere ai mercati all’ingrosso, dalle concessioni e licenze agli accessi all’impiego pubblico, dai finanziamenti alle autorizzazioni, tutto era mediato e ottenuto attraverso non i procedimenti di legge ma la corruzione e la truffa. E lì sedeva e primeggiava il “convitato di pietra” più pesante ed influente: la camorra. Tutte le vicende delle grandi opere e delle infrastrutture sono state subordinate (a riconferma di un tempo passato invano) alla trattativa con la camorra che distribuiva quote di lavori e sub-appalti. Fino all’emergenza rifiuti ed ai grandi interventi della Protezione Civile. Non può, quindi, ritenersi inaspettato che lo studioso e lo scienziato praticassero con dedizione la scelta dell’impegno politico ed istituzionale. Vi era un nesso necessitante tra la comprensione dell’origine dei mali del sottosviluppo e dei suoi altissimi costi di sofferenze umane e di vite sprecate e perdute, e l’assunzione di una responsabilità diretta e personale nelle battaglie culturali e politiche e nell’esercizio di ruoli istituzionali e di governo della “cosa pubblica”. Non mi ha convinto e non ho trovata appropriata l’espressione, a cui pure si è fatto ricorso in occasione delle commemorazioni di Amato, come di un professore prestato alla politica. Come se l’impegno accademico e di docente fosse la parte nobile del suo lavoro e la pratica politica qualcosa di occasionale e transeunte, ed in definitiva non centrale nella valutazione del suo apporto alla vita comune e nello svolgimento della sua stessa vicenda personale. Vi ho letto il segno del permanere di una scissione tra politica e cultura che considero alla origine di molti dei nostri mali e difficoltà. Io credo che quello di Amato fosse un “pensiero vivente” che nel rapporto tra esperienza e riflessione e nel loro alimentarsi si trasformava in progetto, energia creativa, etica pubblica dei diritti e dei doveri. E’ per questo che il suo pensiero continua a vivere e a suscitare energie rinnovatrici. Soprattutto tra i giovani. Che egli cercava. Ma che soprattutto cercavano lui. Esempio di vita in cui riporre fiducia. Bene raro e prezioso in quest’epoca di “passioni tristi”. Forse per questo ciò che di lui più ci colpiva era il sorriso. NINO DANIELE Nino Daniele che oggi presiede l’Osservatorio sulla camorra e l’illegalità in Campania, che Amato Lamberti fondò, ha svolto un’intensa attività politica come consigliere comunale a Napoli (1977-1993) e regionale (1995-2005) e da vicepresidente della Giunta regionale; infine, dal 2005 al 2010 è stato sindaco di Ercolano, dove in quel periodo è nata la prima associazione antiracket della provincia di Napoli. Attualmente, lavora molto alle iniziative contro il sistema delle estorsioni, perché “il pizzo sanziona il potere delle famiglie mafiose sul territorio in cui viene esercitato, tratto costitutivo e imprescindibile di questo tipo di sistema malavitoso, per cui l’associazionismo antiracket assume un’importanza cruciale nella lotta alle mafie, in quanto sottrae territorio e quindi il cuore stesso del potere e dell’identità dei clan”.

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