29/2011
Photo: Archivio Manzi
Text: Silvia Buchner
Nino Di Costanzo stupisce sempre. Con la sua creatività, con la disponibilità a raccontare gli spazi che sta esplorando nella ricerca di nuove emozioni da trasmettere a chi si siede alla sua tavola, alla tavola de Il Mosaico, all’interno del cinque stelle Terme Manzi, a Casamicciola. Venti coperti, in un ristorante affacciato sulla quiete di un suggestivo patio di atmosfera moresca, che offrono la possibilità di un’esperienza che abbraccia tutti i sensi. Lo chef che si fregia delle due stelle Michelin e che è entrato nella ristretta rosa dei Grand Chef selezionati dall’associazione che riunisce alberghi di lusso Relais & Chateaux, intriga, sorprende, coinvolge, trasportando i suoi ospiti in un mondo popolato da creazioni culinarie e non solo, frutto di esplorazione, fantasia, passione. C’è sempre spazio per ingredienti che vengono da continenti lontani, per tecniche di cottura e lavorazione che sconfinano spesso nell’ingegnosità: tutto per conferire ai piatti l’armonia e i contrasti cercati. Una cena al Mosaico è fatta di profumi e accostamenti che sbalordiscono, di consistenze inedite per proporre sapori della tradizione napoletana, di combinazioni cromatiche che preparano quelle del gusto, della mescolanza di italianità e aromi esotici fusi in nome di creatività e senso della misura, rigore e curiosità. Ma queste sono, in realtà, le prerogative dello chef Nino Di Costanzo, prima ancora che dei piatti che realizza. Lui fa pensare ad un funambolo, in continuo movimento su un filo sottilissimo, che si concreta nell’equilibrio dei piatti che realizza, sorretto da professionalità estrema e cura maniacale di ogni dettaglio. Un nuovo piatto significa dare corpo a un’idea che può essere ispirata da mille cose, dal ricordo di un cibo dell’infanzia, il pane e pomodoro, il coniglio, piatto tipico di Ischia, dove è nato, la pasta e patate, condimenti di povertà assoluta come ‘aglio, olio e peperoncino’, da cui Nino parte per compiere viaggi nei sapori che nel rispetto di una tradizione da lui molto amata, esplorano differenti abbinamenti e modalità di cottura. Ma l’ispirazione arriva anche dal desiderio di valorizzare materie prime di altissima qualità, dal pescato locale (per esempio il Gran Crudo con sei diversi tipi di pesce o la Variazione di Alici, dal crudo al cotto, o ancora il caviale di uova di merluzzo e branzino, in vece dello storione), alla carne e formaggi di bufala, al maiale casertano, ai prodotti di nicchia che va a scoprire in giro per la Regione. Tutto viene filtrato da un’inventiva imprevedibile che, per quanto sorretta dal dominio tecnico, non è mai fredda: nel piatto si sente sempre prevalere l’emozione, in primo luogo la sua nel selezionare gli ingredienti, e poi quella che vuole provocare in chi mangia. A cominciare dalle impressioni tattili e visive, prima ancora di quelle che nasceranno quando il piatto sarà gustato. Per farlo, lo chef disegna anche le forme dei piatti ed i supporti su cui i cibi verranno serviti. Materiali lussuosi e rustici – porcellana, cristallo, vetri di Murano, legno intarsiato, corno, ceramica dipinta a mano, rame – ma pure realizzazioni contemporanee in resina che attraverso la maestria di ottimi artigiani diventano oggetti unici, talora veri pezzi di design. Dall’assaggio dei 19 oli selezionati (uno per ogni regione italiana, eccetto la Valle d’Aosta) con cui si apre la cena a uno dei tanti dessert, passano sulla tavola sculture in vetro, colorati rettangoli, delicatissimi oggetti le cui forme sono ispirate da foglie, fiori, rocce, animali ma tutti funzionali. Vivono indissolubilmente legati al loro contenuto, spesso pensati insieme: per accogliere sapori, combinare colori, enfatizzare linee. Così l’insalata di mare è ospitata da sottilissimi contenitori in porcellana di Limoges che riprendono la forma dei ciottoli levigati dalle onde e addirittura dei gusci del riccio di mare; in equilibrio su ampolle in vetro o terracotta dipinta vengono serviti i predessert fatti di una delicata sfera di zucchero o cioccolato con un ripieno liquido. Una volta presa con le mani e messa in bocca, l’equilibrio – questa volta del piatto – verrà raggiunto, quando si fonderanno dolce e fresco, croccante e liquido. Invece, caffettiere, bricchi, pentole in miniatura guidano attraverso i sapori di piatti tipici napoletani rivisitati come la minestra maritata o la parmigiana di melanzane, pane e pomodoro, caprese, gattò di patate, che compongono gli assaggini di benvenuto. Piccoli oggetti dal tono quasi giocoso per far vivere gusti antichi in consistenze nuove, oppure per rompere la tradizione con accostamenti sorprendenti: da Nino Di Costanzo bisogna farsi prendere per mano, lui sa dove portarvi.