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Photo: Oscar Pantalone
Text: Isabella Longo
I.: Quando è incominciata la sua esperienza con il Tae Kwon do?
G.: Negli anni ´70 emigrai negli Stati Uniti, ero un bambino che passava dalla spiaggia dei Pescatori di Ischia Ponte a una metropoli di sei milioni di abitanti, dalla scuola media Giovanni Scotti, che frequentavo sul Macello, di 100, 150 alunni, a una scuola dove ce n´erano più di duemila. Allora ero magrolino e molto più piccolo dei miei coetanei, e quando andavo a scuola venivo aiutato dai ragazzi italo americani immigrati qualche anno prima, noi eravamo vestiti con abiti italiani degli anni ´70 e i ragazzi americani ci insultavano. Da lì è nata l´esigenza di difendersi. Così i miei cugini, nati in America, mi accompagnarono in una palestra di Pugilato ma questo sport non faceva per me, e quindi provai con il Karate coreano, così detto Tan so do, alla palestra del grande Mestro Chuck Norris. Lui non ha insegnato a me direttamente, perché all´epoca i Maestri non insegnavano mai alle cinture bianche, i Maestri insegnavano alle cinture nere, e i loro istruttori insegnavano ai novellini, lui veniva ogni tanto a controllare, poi nel 72 iniziò la carriera cinematografica, con Bruce Lee e altri, e lasciò le sue palestre. Bob Allegria, che era il braccio destro, ricevette una delle sue 4 scuole, e io sono stato con Bob Allegria 12 anni.
I.: Quando ha incominciato a insegnare?
G.: In America quando ero cintura bleu, avevo già questa passione. Per farmi uscire dalla palestra Bob Allegria doveva cacciarmi! Io, infatti, frequentavo tutti i giorni: nei dispari mi allenavo e nei giorni pari aiutavo, in breve divenni il pupillo di suo fratello.
I.: Qual è il grande amore di Giorgio Lauro: la figlia la moglie la famiglia o le arti marziali?
G.: Sono due cose completamente diverse, io non posso vivere senza le arti marziali ma non posso nemmeno vivere senza la famiglia.
I.: Qual è il valore più importante che ha acquistato praticando le Arti marziali?
G.: In tanti anni credo di essere arrivato a spendere non più di 3000 dollari per diventare campione e cintura nera ma quello che il mio Maestro mi ha dato ha un valore di gran lunga superiore, oltre il fatto che mi ha salvato la vita in più di due brutte occasioni, nelle quali mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Penso spesso: “che cosa sono quei due, tremila dollari se gli devo la vita?” Lui mi ha insegnato non solo a difendermi, ma anche a comportarmi, ad auto-controllarmi. Ero una persona molto impulsiva, prima reagivo, poi riflettevo, lui mi ha insegnato la Calma, mi ha insegnato a ragionare. Non è stato facile per un uomo impulsivo come me, ci sono voluti degli anni, più di dieci, quindici anni!… Prima se uno mi dava una spallata, io reagivo e poi chiedevo: “Ma perché me l´hai data?” Adesso se qualcuno mi dà una spallata, io chiudo un occhio e a volte le persone mi chiedono: “ Ma come fai a chiudere un occhio, tu sei un grande campione, quello ti ha dato una spallata e tu chiudi un occhio?” Quindi la filosofia delle arti marziali è la filosofia che insegna ad essere umili, semplici, altruisti.
I.: Qual è la prima cosa che viene insegnata ad un allievo, una cintura bianca che viene per la prima volta?
G.: Appena arrivano iniziano a dire: “Non so fare questo, ho paura di fare questo ecc. “ e noi gli insegnamo l´autostima, a pensare positivo.
I.: Quindi la coscienza di sé, imparare ad agire con le proprie forze?
G.: Si, iniziare a rompere il guscio e uscire fuori.
I.: Che differenza c´è tra il frequentare una palestra di arti marziali e fare un qualsiasi altro sport?
G.: Una delle differenze è che nelle palestre dove c´è attività sportive gli allenatori mettono sempre in risalto i più bravi, fanno giocare i più bravi mentre i meno bravi li mettono in riserva
I.: Esaltano la competizione?
G.: Si, e questa non è una cosa corretta, noi mettiamo in risalto i più deboli, perché i forti sono già forti! Quindi la nostra attenzione è sempre per il più debole. La cosa più brutta per un insegnante di arti marziali è vedere il debole che viene calpestato, per me la cosa più disonorevole, che non posso assolutamente accettare, è vedere uno arrogante, una persona forte che se ne approfitta di uno debole.
I.: Le arti marziali come riescono a trasferire il senso dell´onore agli allievi?
G.: Coniugando la forza al rispetto e all´umiltà.
I.: Quale differenza di mentalità ha trovato quando è venutoin Italia dall´America?
G.: Quasi nessuna, ad eccezione del fatto che gli Americani, sebbene non siano abituati ad un certo tipo di rigidità orientale, hanno alle spalle una storia militare, quindi capiscono meglio il saluto, il rispetto, il dovere, l´obbligo, mentre a Ischia ho trovato più difficoltà in questo campo.
I.: Poi c´è un´ulteriore grande differenza tra Ischia e la terra ferma, perché Ischia è un´isola dove si vive di turismo, si vive sei mesi all´anno e quindi c´è un po´ di pigrizia.
G.: Un´altra differenza la ravviso nel comportamento dei bambini perché negli Stati Uniti come in Germania o in Inghilterra i bambini sono più disciplinati e più ordinati, i nostri invece sono più vivaci e mancano molto a livello di disciplina. Ho dovuto sforzarmi molto per far capire ai bambini la disciplina mentre con gli adulti non ho avuto nessun problema.
I.: Come ha risposto Ischia alle arti marziali?
G.: I parenti, gli amici, tutti mi avevano sconsigliato di aprire una palestra di arti marziali: pensavano che era una moda (perché all´epoca andavamo di moda i films di Bruce Lee, di Chuk Norris, ecc.) ma io sono una persona determinata, e quando mi metto una cosa in testa la devo portare fino in fondo. Mi sono impegnato al massimo e ho avuto un ottimo successo, sia ad Ischia che a Forio. Penso che quando una persona è determinata e si impegna anima e corpo ad un progetto, dovunque si trovi, può avere dei buoni risultati.
I.: Quanti allievi sono passati per le mani del Maestro Giorgio Lauro?
G.: Poiché sono molto fiero del mio lavoro, ho tutti i nomi dei miei allievi, sin da quando ho iniziato, e siamo arrivati a più di 6000!
I.: C´è da fare un meeting?
G.: Sì, nel 2007 faremo 20 anni di Tae kwon do ad Ischia e quindi faremo una bella festa e inviteremo tutti gli allievi e gli ex allievi.
I.: La più grande soddisfazione che ha avuto in questi 20 anni, il momento più bello, di maggior gioia, qual è stato?
G.: Ce ne sono stati tanti, quando abbiamo vinto i campionati le gare.
I.: Mentre il momento più triste o difficile?
G.: No, non ne ho avuti, ci sono stati dei piccoli problemi con degli allievi, con delle cinture nere e questo è stato molto brutto.
I.: Oggi ho 49 anni, e alla fine della giornata, quando vado a casa, prima di dormire c´è una cosa che faccio da quando insegno il tae kwon do, da 18 anni che vivo a Ischia, ogni sera prima di dormire valuto tutta la giornata, faccio un riassunto e mi accorgo sempre che c´è qualcosa in cui ho sbagliato e il giorno dopo cerco di rimediare.
G.: Quindi credo che se tutti quanti noi, alla fine della giornata, facessimo un riassunto di quello che abbiamo fatto, troveremmo sempre un errore da correggere.
I.: Io so che nella vita ho fatto parecchi sbagli e cerco sempre di provvedere.
G.: Purtroppo non tutti hanno questa filosofia di vita ed è per questo motivo che ci sono stati dei disaccordi con alcuni allievi che poi hanno cambiato strada. Personalmente non ho mai detto a miei allievi di avere sempre ragione per il solo fatto d´essere il Maestro, anzi parecchie volte succede che i figli possono insegnare le cose ai genitori come degli allievi possono insegnare delle cose ai maestri
I.: Ad essere un Maestro di quale responsabilità si è investiti?
G.: C´è una grande responsabilità, io prima di essere Maestro ero allenatore, poi istruttore, poi dopo 20 anni di pratica, e adesso ne sono passati 33, si riceve il titolo di Maestro. Nelle arti marziali il titolo di Maestro si riceve dopo minimo venti anni e il grado non è un privilegio, il grado è una responsabilità quindi quando un allievo mi chiama Maestro io non mi monto la testa, anzi apro gli occhi e sto ben attento a quello che dico e a quello che faccio: il mio comportamento è importante, anche fuori della palestra, perché io sono da esempio. Se mi mettessi due o tre orecchini tutti i miei allievi si metterebbero l´orecchino, se io tatuassi tutto il corpo, i miei allievi farebbero la stessa cosa, perché io sono un punto di riferimento, questo non per parlare male di chi si fa i tatuaggi o di chi si mette l´orecchino.
I.: A quanti anni è bene cominciare a fare arti marziali, c´è un´ età minima?
G.: No, l´età giusta è quando ci si sente pronti. Se invece piace l´agonismo allora l´età buona è nove dieci anni, ovvero quando il ragazzo inizia a capire veramente qual è lo sport che ama. I bambini tra i cinque e i sette anni non hanno ancora questa mentalità, si trovano ad essere in una fascia di età in cui l´interesse è soprattutto il gioco ed il divertimento, per cui alla loro età è bene che si accostino a più discipline sportive al solo scopo di poter fare in seguito una scelta. Poi, intorno ai 9, 10 anni potranno iniziare a dedicarsi allo sport che li appassiona, poichè a livello agonistico a 14 anni bisognerebbe essere già formati.
I.: Quali caratteristiche dovrebbe avere un praticante di arti marziali?
G.: Non deve essere prepotente né arrogante: una delle caratteristiche è il gioco di squadra, l´altruismo, aiutare quello meno forte, non prendere il sopravvento, non approfittare come spesso si vede, e questo penso che valga per tutte le discipline sportive, non solo per le arti marziali. Purtroppo a volte non è così e questo è un gran peccato, ho visto partite di varie discipline sportive concludersi tra insulti e violenza, al termine di una gara di arti marziali i concorrenti si stringono le mani, i genitori si stringono le mani e si dicono ci vediamo alla prossima gara! Mi domando come sia possibile che qualcuno sostenga che questo è uno sport violento, il nostro obiettivo, quando si entra nel quadrato dove si svolge l´ incontro, non è far male all´avversario ma affermare la propria capacità di fare i punti e dimostrare di aver lavorato ed essersi impegnato di più, mentre in altri giochi chi non è più bravo cerca di fare male pur di vincere.
I.: Quindi sostanzialmente forza e non violenza?
G.: Esatto, dimostrare la propria superiorità, poi se l´avversario afferma, invece, la sua di superiorità gli si stringe la mano, ci si inchina e si riconosce la necessità di impegnarsi di più in vista di una prossima gara.
I.: Come se fosse una competizione con sé stessi?
G.: Si, d´altra parte non c´è amarezza se uno di noi perde un incontro: se vince l´avversario è perché è stato più bravo e non ci si può sentire sconfitti se si è fatto bene il proprio lavoro, se si è fatto il proprio dovere e si è condotto puntualmente l´allenamento. La sconfitta è in un certo senso un´apertura di occhi perché l´avversario che ci ha colpito ci ha fatto capire che abbiamo dei punti deboli che devono essere rafforzati, quindi quella sconfitta può essere elaborata come un grande momento di verifica e di crescita.
I.: C´è differenza tra un allievo maschio ed un allievo femmina?
G.: No.
I.: Possono gestire le arti marziali nello stesso modo in ugual misura?
G.: Sì, insisto che le donne dovrebbero praticare di più le arti marziali non tanto come sport inteso come agonismo ma come difesa personale.
I.: Come ho detto ho vissuto negli Stati Uniti, e lì purtroppo ogni ora una donna viene violentata, noi avevamo dei gruppi specifici dove insegnavamo difesa alle donne. Ora poiché anche ad Ischia capita di venir molestate, ritengo che per le donne sia più importante che per un uomo praticare arti marziali.
G.: Questo anche perché un uomo bene o male si deve difendere da un altro uomo mentre una donna non si deve difendere da un´altra donna, ma deve difendersi da un uomo e quindi si trova in una posizione di svantaggio. Per questo è importante avere una sicurezza interiore.
I.: Progetti per il futuro?
G.: Fare sempre il tae kwon do e insegnare. Adesso sono giunto ad insegnare alla seconda generazione: ci sono degli allievi che si sono sposati e che hanno avuto figli e questi stanno venendo in palestra! Ho detto a questi ragazzi, fate voi dei figli perché io voglio insegnare alla terza generazione, poi mi ritiro, forse.
I.: Un sogno ancora da realizzare?
G.: Avere un allievo nella nazionale italiana di Tae Kwon Do!…