n.11/2007
Photo: Archivio Rizzoli, Lacco Ameno
Text: Annamaria Rossi
L’albergo della Regina Isabella è un po’ come la chaise longue di Le Corbusier: una sedia da riposo comoda e rilassante, oggetto di lusso, conteso, status simbol, inimitabile e inconfondibile per classe e design assolutamente armonico. Sebbene abbia ben più di 50 anni non ha perso nel tempo un grammo del suo fascino. Chi la possiede si arricchisce di un valore aggiunto. Fin dal primo momento, nel lontano 1956, il complesso alberghiero ideato dal genio imprenditoriale di Angelo Rizzoli nel centro di Lacco Ameno, è stato il fulcro della vita mondana dell’isola d’Ischia. Le sue mura hanno ospitato attori, artisti, divi di ogni genere, politici, scienziati e industriali provenienti dai quattro angoli della terra. Furono quelli anni determinanti nel definire il futuro dell’intera isola. La nascita del Regina Isabella, infatti, ha dato il via alla profonda trasformazione di Lacco Ameno che, da borgo di pescatori e contadini, ha saputo diventare una moderna stazione turistica. Ed il riverbero di questo grande mutamento è arrivato negli altri comuni. In particolare in quegli stessi anni, il sindaco Vincenzo Telese convinceva il conte Marzotto a costruire il Jolly hotel a Ischia Porto e ben presto la metamorfosi dell’intera economia di tutta una popolazione divenne vorticosa.
Negli anni il Regina Isabella è rimasto il polo di attrazione del jet set internazionale e se l’isola in tanti suoi aspetti ha radicalmente cambiato volto, lo storico albergo, pur rimodernandosi, è sempre rimasto fedele al suo stile di raffinata eleganza. Una delle chiavi di questo successo che dura da mezzo secolo è sicuramente offerta dalle persone che vi lavorano e che con la loro professionalità e personalità hanno contribuito in maniera decisiva a fare l’unicità del Regina Isabella. Non è un caso che i reparti nevralgici siano affidati alla cura di cinque persone che sono letteralmente cresciute insieme ad esso: stiamo parlando della portineria con Franco Galano, del centralino con Rosalia Taliercio, del salone parrucchiere con Livio Vitez, del centro massaggi con Salvatore Monti e della sala ristorante con Vincenzo Pilato. La loro preziosissima esperienza, unita al notevole affiatamento dell’intera squadra di oltre 150 collaboratori e dipendenti, che operano sotto la diretta supervisione dell’ingegner Giancarlo Carriero, rinnova di anno in anno la perfetta accoglienza firmata Regina Isabella.
Livio Vitez
Mi trovo nell’atmosfera ovattata dell’albergo della Regina Isabella, lato Terme: silenzio totale, camici bianchi, tanto bianco attorno riflesso in un bellissimo pavimento vietrese lucido da far paura. Livio Vitez è l’unica nota di colore che trasgredisce gradevolmente con una camicia quasi hawayana il panorama circostante. Porta sul viso il segno degli anni ed un sorriso fanciullesco, ha molta grazia nel porsi mentre mi riceve nel luogo dove lavora, anche questo molto lindo, con alcune macchie di colore-trasgressione molto lievi.
Quante storie avrà da raccontare un coiffeur che opera da tanti anni in un luogo simile? Innanzitutto dobbiamo dire che Livio Vitez è di origine triestina, inizia il mestiere di parrucchiere da ragazzino ed esordisce, direi alla grande, con le stagioni invernali del 1957 e ’58 a Cortina d’Ampezzo. Nel 1959 sbarca ad Ischia, chiamato da una sua concittadina con l’attività a Lacco Ameno. Da allora la sua vita è stata un alternarsi di estati a Ischia ed inverni a Cortina, un turbinio di signore ricche e famose, nobildonne, attrici, poi la sera feste, incontri interessanti, spesso Parigi… ma andiamo per ordine.
Qual è stata la sua prima cliente ‘importante’?
Qui a Lacco Ameno, Anna Magnani. Grande attrice e grande donna. Poi Romy Schneider, scesa a Ischia perché in quel periodo Alain Delon, allora suo compagno, stava girando “Delitto sotto il sole” (prima trasposizione del “Mr. Ripley” di Patricia Highsmith). Soggiornò al “Regina Isabella” con la madre, anche lei attrice nei vari “Principessa Sissi”, e con il regista Renè Clement e signora. La mamma tornò altre volte, Romy ebbe una vita breve e difficile, pare quasi s’intravedesse già allora nella malinconia dei suoi occhi.
Bene, penso, il materiale è interessante, e curiosa come una scimmia, incalzo.
Mi racconti di qualcun’altra.
Sono così tante – ordina un momento i ricordi – per esempio la moglie di Charles Boyer (grande attore americano noto soprattutto per il “Notorius” di Hitchcok), la signora von Karajan, l’allora moglie del chirurgo Christian Barnard, Barbara Zoellner, giovane e bellissima, e poi Silvana Pampanini.
Sulla Pampanini voglio sapere qualcosa in più.
È sempre venuta a Ischia e anche quando vi acquistò casa veniva da me per i capelli. Negli ultimi anni, ma meno spesso, ogni tanto si affaccia. È simpaticissima, esuberante, allegra. Da giovane era l’unica a praticare lo sci nautico, la si vedeva sfrecciare a seguito del motoscafo qua fuori con il bikini bianco, la cuffia bianca, sempre elegantissima, divertente e molto molto bella.
Ancora, ancora (mi immedesimo).
Delia Scala, minuta e graziosa con un caratterino…ed una volontà di ferro; Giovanna Ralli, poi chi altro, tutte credo. Monica Vitti veniva in vacanza con la principessa Doris Pignatelli, poi la sorella dello Scià di Persia, la Principessa Ashfra, una volta venne persino la Begum che era a Ischia con il suo yacht e necessitava della messa in piega.
Per chi non lo sapesse stiamo parlando della moglie dell’Aga Khan Karim, diretto discendente del profeta Maometto e capo religioso mondiale degli arabi ismailiti Nizar, ricchissimo principe e praticamente ‘inventore’ della Costa Smeralda. E stiamo parlando di persone che hanno fatto storia nella società internazionale. Ne ho un’ulteriore conferma mentre il racconto prosegue.
I Principi d’Assia avevano casa a Ischia, spesso ospitavano e prima di sera sistemavo i capelli a Maria Gabriella di Savoia, alla sorella Maria Pia, a Giovanna di Bulgaria. Inoltre, dato il calibro dell’hotel che ha sempre ricevuto ospiti di prestigio, le consorti dei maggiori industriali italiani, americani, tedeschi, hanno usufruito dei miei servigi, in questo momento ricordo per esempio le signore della famiglia Piaggio.
Si volta, apre un cassetto ed estrae un piccolo libriccino verde. Contiene autografi, tantissimi, tutte clienti di Livio. Sfogliandolo trovo una dedica firmata Audrey Hepburn.
Com’era?
Semplice, una persona semplice, con occhi meravigliosi, un bel sorriso e tanta classe. Un’altra persona sorridente e simpatica è Gisella Sofio. Silvana Mangano invece era un tipo riservato, serissimo, quasi scontrosa. Veniva da me con lana e aghi e sferruzzava senza una parola o un sorriso.
Chi l’ha sorpresa per qualcosa di particolare tra tutte?
Gabriella Ferri. Vista in televisione non potevo sopportarla. Quando me la sono trovata davanti ho scoperto una persona simpatica, allegra, dolcissima, grande cuore ed acuta sensibilità. Anche lei ha avuto una vita difficile ed una fine tormentata. Poi Maria Giovanna Elmi, fatina all’apparenza ma con un carattere d’acciaio.
E negli ultimi anni?
Il “Regina Isabella” ospita spesso Manuela Arcuri, Sabrina Ferilli, Mara Venier, Patrizia Pellegrino, sono mie clienti anche molte signore dell’alta borghesia italiana.
C’è differenza tra le donne di qualche anno fa e le donne di oggi?
Molta. Bisogna dire ad onor del vero che ora è anche diverso il lavoro. Una volta si operava con bigodini e casco, era più semplice. Poi le clienti di qualunque tipo erano più soddisfatte, anche di loro stesse, più sicure.
Ho capito che, se speravo di conoscere qualche segreto o qualche pettegolezzo, non otterrò un bel niente, Livio non mi rivelerebbe qualcosa nemmeno sotto tortura, considera le sue innumerevoli clienti di qualunque estrazione siano, semplicemente donne che si fanno sistemare i capelli. Ed un parrucchiere serio, spesso depositario di ‘inciuci’ o solo di impressioni personali, non svela nulla di sconveniente. Per capire di più vado sul personale.
Ha pensato mai di diventare ricco e famoso a sua volta?
Veramente no, non ho mai amato mettermi in mostra, nemmeno in concorsi, sfilate o esibizioni varie. Sono riservato, preferisco svolgere la mia attività restando in disparte. Spesso ho lavorato a Cortina con il famoso Liborio di Roma, il parrucchiere dei vippissimi, vedi Marta Marzotto o Marzullo. Lo si ritrova spesso fotografato sulle riviste con i suoi clienti, è un nome, ma io sono troppo timido per avere un ruolo di primo piano. Mi piace coltivare amicizie interessanti, tra cui una durata molto a lungo con la signora Eleonora Sachs, compagna di cene al “Delfino” e persona squisita, ed un’altra importante con madame Simonet, gran dama e imprenditrice francese che spesso m’invitava nella sua villa parigina e poi a cena da “Chez Maxim”. Attraverso lei ho conosciuto il bel mondo di Parigi ed imparato bene il francese che parlo correntemente, come il tedesco e lo slavo, mia lingua madre che mi è spesso utile con le clienti dell’est Europa. Mi è sempre piaciuto molto ballare, ricordo che nei primi anni ad Ischia la sera si andava con gli amici a Citara, c’era solo una baracca-ristorante dove si cucinava il coniglio e poi, con il giradischi, ho insegnato a ballare ad un sacco di persone.
Livio è diventato all’improvviso un fiume senza argini.
Per quanto riguarda la ricchezza, boh, non ne sento la necessità. Ho una piccola casa a Trieste dove trascorro i mesi invernali, vivo bene così. Quando sono a Ischia sto bene, la amo molto, penso di essere stimato e benvoluto e questo mi basta. Abiti? Indosso tranquillamente quelli con o senza firma. Gioielli, oggetti rari? Possiedo qualcosa regalatomi negli anni dalle clienti che hanno apprezzato il mio lavoro, la signora Bulgari per esempio. A proposito, sa quante spose di Lacco Ameno ho pettinato per il loro gran giorno? Tantissime.
Ed estrae dal solito cassetto un album con le fotografie delle ‘sue’ spose di cui va molto orgoglioso. Altre quattro chiacchiere di varia umanità e poi ci salutiamo, è passata un ora e mezza fitta fitta di parole. Lascio Livio Vitez nel suo accogliente atelier ed esco nel sole. Mi sembra di avere sfogliato un Bignami comprensivo di quarant’anni di mondo VIP scritto in modo lieve, gentile, con delicatezza speciale e molto molto riguardo per il prossimo. Il tono generale è stato quello di una persona che quasi si schermisce, come dire “non è merito mio, mi è capitato”. Ma se Livio non fosse stato e non fosse bravo, preparato, adeguato alle esigenze ed ai gusti di così numerosi e diversi personaggi, non avrebbe percorso un cammino tanto lungo e ricco, ricco di quello che conta sul serio.
Salvatore Monti
Dopo avere analizzato la storia dell’universo femminile attraverso i racconti del parrucchiere storico, tento di percorrere la storia dell’universo maschile con il massaggiatore storico del “Regina Isabella”.
Salvatore Monti è un uomo tranquillo, rassicurante, direi rilassante, proprio come il suo mestiere gli impone, ma non credo sia un’imposizione, piuttosto proprio un’indole, probabilmente accentuata dalla professione. Mi pare sia anche una persona umile, qualità rara che spesso è la forza per saper stare al passo di grandi personaggi. Infatti, dal suo racconto emerge proprio questo. Andando per ordine, il signor Monti, nel 1956, è in albergo un ragazzino di quindici anni che aiuta i muratori. Il commendator Rizzoli decide di formare giovani per l’attività alberghiera ed il nostro ragazzino coglie al volo l’opportunità di studiare con i professori Scaglietti e Malcovati per diventare massaggiatore, e non solo, proprio il massaggiatore preferito dallo stesso Rizzoli. E qui rimane, con la proprietà del Commenda e la gestione Fiorentino, negli anni d’oro e in quelli che seguirono fino all’avvento di Carriero-Baldi e poi del solo Giancarlo Carriero che ha provveduto a rinnovare completamente la struttura all’inizio degli anni 2000 contribuendo in modo determinante alla sua “rinascita”. Ma questo solo in estate perché durante l’inverno, essendo il signor Monti nel frattempo divenuto il massaggiatore di fiducia di Gianni Agnelli, inizia a trascorrere il periodo invernale al Sestrière lavorando al Grand’Hotel Principi di Piemonte per molto, fino alla scomparsa dell’Avvocato. In questa meravigliosa e rilassante atmosfera, che emana efficienza ed accoglienza allo stesso tempo, sono convinta che la sua serenità di fondo ha sicuramente fatto la felicità di molte persone. Il suo è un lavoro difficile e delicatissimo, soprattutto se svolto a certi livelli, ma la sua abilità nei massaggi antistress, curativi, sportivi e la sua personalità così mite e discreta lo hanno reso popolare fra coloro che, negli anni, hanno continuato a richiederne le prestazioni. Mi racconta che sotto le sue mani sono passati uomini di grande peso, soprattutto in termini di popolarità e ricchezza. Qui è obbligatorio fare dei nomi: Stavros Niarchos e Aristotele Onassis bastano per cominciare? Vogliamo continuare con Gronchi, Fanfani, De Laurentiis e Visconti? Oppure con Michelangelo Antonioni e Monica Vitti? Stop, vi basti sapere che costoro, garantisce Salvatore Monti, nel privato privatissimo, come dire messi letteralmente a nudo, sono state persone deliziose, grandi signori e non perché straricchi. La signorilità arriva dall’educazione e dal rispetto. Marta Marzotto che lo invita a Cortina, Ermenegildo Zegna che gli affida in gestione l’albergo Bucaneve a Trivero (Vercelli) oppure il grande Walter Chiari che dopo il periodo nero del suo arresto arriva a Ischia e scherzando lo apostrofa: “Hai visto, Salvatore, dal Regina Isabella al Regina Coeli!” Altri tempi, altri personaggi, tante confidenze mai riportate per discrezione, indispensabile in questo lavoro. Una sola mi viene raccontata, anche perché è poi diventata storia conosciuta da molti: la forte depressione di Vittorio Gassmann, la sua difficoltà ad uscirne, il suo terrore di invecchiare e di morire, le cose non fatte, le parole non dette. Poi, un cliente curioso, “il cavalier Aurelio Cereso, allora proprietario della Indesit, al primo impatto mi sembrò un pecoraio, non gli avrei dato il valore di cinque lire. Si rivelò una bellissima persona, fine, educata, un gran signore, intelligente e molto cordiale, tant’è vero che m’invitò anche a Torino per il Natale. Rimanemmo in contatto per molto tempo, finché morì in un incidente stradale in Sudamerica”. Un altro bel ricordo è Domenico Modugno, che sbarcò al “Regina Isabella” appena vinse il suo primo Festival di Sanremo, persona estroversa e cordiale, bellissimo uomo sempre rincorso da dozzine di ragazze. Oggi chi finisce sotto le mani del signor Monti? I personaggi televisivi, molti giornalisti, la coppia Falchi-Ricucci, Renzo Arbore, Sabrina Ferilli, Valeria Marini, molti stranieri soprattutto russi, insomma l’élite attuale. E poi la sua preferita su tutti, Gianna Nannini. Ne parla con un entusiasmo che non ha usato per altri, la adora, la trova vitalissima, simpatica, intelligente, sveglia, ed è una festa quando si rivolge a lui. La segue nella sua carriera, è contento dei suoi successi internazionali, insomma un vero fan! A questo punto chiedo se è cambiato il modo di lavorare: Mi risponde di no, per niente: ci vuole sempre tatto (letterale e non), discrezione, professionalità e, nel suo caso, esperienza. Tanta. Esperienza tramandata alla figlia che fa lo stesso lavoro dopo naturalmente avere studiato, ed al figlio, che sempre al Regina Isabella raccoglie l’eredità paterna. Ma Salvatore Monti non demorde, per lui la professione è vitale: “Credo che continuerò a lavorare finché ce la farò, finché mi vorranno, senno’ mi annoio a morte, non so se mi piace fare il pensionato”. Sono certa che la sua serenità e pacatezza verranno ancora spesso trasmesse a chi si troverà nelle sue mani. Non ho scoperto molto dell’universo maschile, si dice che gli uomini sono più chiusi, meno disposti a raccontarsi e a raccontare, sono convinta che non sia così, è solo che il signor Monti è un uomo di poche parole, ma va bene ugualmente, soprattutto perché ho conosciuto una bella persona.
Rosalia Taliercio
La mia prima intervista ad una donna, finalmente!
Tocca a Rosalia Taliercio, da una vita centralinista al “Regina Isabella”. Non la conosco personalmente ma quando la incontro, chissà perché, so che è lei. Porta benissimo la sua età, una signora esile, ben pettinata, vestita semplicemente, ma con modi che tradiscono la sua abitudine ad interlocutori di ogni tipo. È in imbarazzo all’inizio, trova strano l’interesse nei suoi confronti, poi inizia a piovere, passiamo al “tu”, e ci rifugiamo sulla mia auto dove restiamo un’ora a raccontarci come vecchie conoscenze: “Il mio primo ‘Pronto’ all’albergo risale all’estate del 1960. Mi piace paragonare la gran parte di vita lì trascorsa ad un film brillante, con tanti personaggi e tanti colpi di scena. Soprattutto quando ho iniziato, ero ragazzina, è stato come essere catapultata all’improvviso su un set, rischiando anche la confusione. Fortunatamente ho avuto ottimi maestri, che mi hanno aiutato a razionalizzare ed a imparare l’ABC del mio ruolo, primo fra tutti il commendator Rizzoli, che non mi faceva mai notare i miei errori in maniera evidente, ma aveva la capacità di portarmi a capire dove sbagliavo, come nell’accento che allora era molto marcato, per esempio.
Un altro grande aiuto è stato il mio primo caposervizio, Vittorio Ragona, ottima persona con cui sono poi rimasta in contatto per anni e da cui ho imparato cosa vuol dire lavorare sul serio, testa china ed onestà. Devo ricordare anche gli altri capiservizio, tutto personale proveniente da fuori nel periodo iniziale, professionisti soliti a lavorare in ambito nazionale ed internazionale ad altissimi livelli. Col tempo i miei colleghi hanno sviluppato altrettanta esperienza, occupando oggi gli stessi ruoli di responsabilità. Con tutti ho sempre mantenuto ottimi rapporti”. Il velo di ritrosia iniziale sta cadendo, vorrei fare domande, ma lascio perdere e Rosalia continua: “Negli anni, con l’esperienza, mi sono resa conto di non essere solo la centralinista, ma di essere diventata un po’ la segretaria personale di ognuno degli importanti clienti che frequentavano l’hotel: le tre generazioni Rizzoli in primo luogo, e poi tanti altri, tra i quali mi piace ricordare per il suo carisma Indro Montanelli, che risiedeva abitualmente a Villa Arbusto. Essere in contatto continuo con tutti i protagonisti del cinema, della finanza, della politica, mi ha sempre entusiasmato perché ho potuto imparare tantissimo, a livello umano e professionale, anche se, devo dire, ho sempre avuto preferenza per persone poco conosciute ma di gran levatura culturale come ad esempio il dottor Remigio Paone, grande impresario teatrale, oppure l’ingegner Calidi di Villa San Giovanni, e anche l’avvocato Carlo D’Alessio con la figlia Diamante, molto amici di Donna Mimosa Parodi Delfino, insomma il bel mondo un po’ defilato ma di sostanza”. In un lampo realizzo che questa donna è stata nel tempo depositaria di tali e tanti numeri di telefono che avrebbero fatto la felicità e probabilmente anche la fortuna economica di tanti giornalisti di gossip, e non solo. Intanto io non le scucio niente, chissà perché poi dovrebbe raccontare certi segreti proprio a me. Chiedo se le è capitato di lavorare in altre strutture fuori dell’isola, in inverno come fanno tutti quanti, mi risponde che è molto attaccata ad Ischia, alla tranquillità dei mesi più freddi, al suo pezzetto di orto, che coltiva da tanti anni con amore ed entusiasmo attraverso il quale ‘stacca la spina’ anche se fisicamente è faticoso. Inoltre, è impegnata anche nel sociale, partecipando attivamente alla vita di diverse associazioni tra cui l’Associazione Personale d’Albergo e delle Terme e la sezione di Chiavi d’Oro che riunisce i portieri isolani. E oggi, cos’è il lavoro per Rosalia Taliercio? “Sempre importante, l’albergo è la mia vita. La mia voce, primo suono che i clienti ascoltano e primo biglietto da visita, è ancora presente e sempre la stessa, anche se io non sono più una ragazzina. L’ingegner Giancarlo Carriero, che ho visto crescere, insieme alle sorelle Antonella e Silvana, ha riportato il “Regina Isabella” agli anni d’oro. È come ritornare agli anni Sessanta rivisti in chiave moderna e ciò mi piace molto, è un luogo affascinante e quasi magico, dove i giorni scorrono senza peso”. Lievi, come lei, che tra lo schermirsi ed il raccontarsi con una bella voce bene educata mi ha autorizzato a scrivere solo quello ho scritto, non una parola di più, timorosa a lasciarsi andare ed a volte lanciando qualche mezza frase ritenuta non eticamente corretta e subito interrotta. Che fatica, ma vale la spesa per un bel personaggio. Sicuramente diventeremo amiche.
Franco Galano
La parola “concierge” ha un suono antico, la si usa poco se non in determinati ambiti: gli Hotels di lusso. Infatti è una figura professionale che negli ultimi anni è stata inglobata nel più generico “ricevimento” degli alberghi, fatto si di accoglienza, ma anche di contabilità e quant’altro annesso. Il Signor Francesco Galano è il Concierge International del Regina Isabella, proprio il portiere storico e canonico, colui che soddisfa le piccole e grandi necessità o curiosità dei clienti, la persona cui si può domandare qualsiasi cosa certi di avere una risposta. Ci conosciamo un po’, parlando di amici comuni, parentele, relative famiglie, figli grandi, università. Mi si delinea la figura di un uomo riservato ma non chiuso, anzi dal carattere disponibile ed altruista, avvezzo a mondanità e Vip ma amante delle cose semplici, radicato all’isola ed alla famiglia, forse avaro nei racconti ma non certamente nel resto della vita. Francesco Galano inizia alle Terme della Regina Isabella a tredici anni, quando l’albergo non c’è ancora. Sotto la direzione del Professor Malcovati, mi spiega che le Terme, a metà degli anni Cinquanta, portano Lacco Ameno alla notorietà, dopo che nell’Ottocento Casamicciola era stata la regina delle acque termali, per farsi poi superare in fama da Forio, negli anni Quaranta, all’epoca del caffè degli artisti. Dopo il successo delle Terme e per merito della lungimiranza, come tutti sanno, del Commendator Rizzoli, nasce la struttura alberghiera ed il signor Galano approda in portineria. Inizia da questo momento una carriera professionale di grande rispetto. Mi racconta che all’inizio il personale direttivo era tutto proveniente dal nord, quindi le sue prime esperienze sono state guidate da un torinese, Vittorio Ragona, ottimo professionista dal quale inizia a carpire i “trucchi” del mestiere. Poi, in inverno, un lungo percorso di esperienze nei migliori Grand’Hotel, dove si macina esperienza, si imparano le lingue, insomma, si diventa bravi. La scelta dei luoghi non è mai stata casuale perchè a lui piace sciare e quindi: Cortina, Saint Moritz eccetera, spesso rincontrando gli stessi clienti dell’estate, il bel mondo che, si sa, può permettersi certe vacanze sia in estate che in inverno. Negli anni, un lungo periodo all’Hotel San Montano spezza la continuità, si fa per dire perchè i proprietari erano i medesimi. Poi il ritorno in questo monumento di stile ed atmosfera, il Regina Isabella. Mi piacerebbe sapere a questo punto se sia particolarmente difficile trattare con una clientela così speciale, in un tempio della mondanità. Mi risponde: – Il mio è un lavoro assai articolato, i clienti vanno seguiti uno per uno, dando loro accoglienza, assistenza, informazioni, i mezzi più disparati per conoscere l’isola, accompagnandoli nel soddisfare le loro esigenze e necessità. È anche un gran gioco di pubbliche relazioni, di competenza, insieme a pazienza e disponibilità. È più facile trattare con persone abituate al lusso, loro sanno cosa ci si può aspettare da una struttura come questa, è naturale che pretendano com’è naturale che il personale e l’albergo possano dare. Negli anni Cinquanta era ancora più facile perché solo una piccola percentuale di turisti potevano permettersi vacanze a certi livelli, quindi i clienti abituali erano sempre gli stessi, una parte di VIP che si appoggiavano agli Hotel esclusivi. Oggi molte più persone possono frequentare determinati ambienti, non solo i nobili o i grandi industriali, ecco perché la clientela è più variegata.- I suoi modi, la sua affabilità dalla quale s’intravedono arguzia e determinazione, i suoi occhi attentissimi, la sua evidente mobilità nei pensieri, lasciano intuire quanto valore abbia la sua figura, quanto possa essere importante la sua capacità nell’interpretare un ruolo tanto complesso. Per le sue mani passano problemi ordinari, ma anche questioni di estrema delicatezza, ed egli possiede le caratteristiche necessarie per essere il tratto di unione fra il ‘Paperon de Paperoni’ di turno ed il resto della struttura provvisto, per naturalezza ed esperienza, della rara dote di saper mediare tra richiesta ed offerta di servizi. Seguendo il filo del discorso fatto con chi ho ascoltato in precedenza, vorrei conoscere qualche dettaglio strano, qualche episodio che non sia già stato stradescritto da altri giornali, la sua preferenza verso qualcuno in particolare, ma flemmatico Francesco Galano, che secondo me la sa lunga, mi risponde: – Le stranezze sono la normalità, in un grande albergo di lusso può venirti richiesta qualsiasi cosa e non ci si fa più caso. Io mantengo sempre la mia imparzialità, a volte capita di avere rapporti privilegiati con alcune persone soprattutto perchè ci sono molti clienti abituali, ma non è consentito metterli in evidenza a scapito della professionalità- Quasi laconico, punto, ma con una scintilla negli occhi che lascia vedere per un attimo quanto ci sia nella sua testa, praticamente una Treccani di personaggi e vicende mitiche che resteranno un segreto per sempre. Amen. Piuttosto, rispetto al futuro della sua professione, è scettico: – I giovani oggi stentano a raggiungere un’alta qualità di formazione perché non hanno pazienza. Per riuscire ci vuole molta costanza, bisogna conoscere almeno tre o quattro lingue, fare molta esperienza all’estero, continuare a studiare per lungo tempo, Sono necessari anni, che non tutti sono disposti ad impiegare con sacrificio.- Lui, che di impegno, professionalità e discrezione dopo tanti anni di questo lavoro ne sa qualcosa, mi lascia e se ne va, con il suo giubbotto sportivo e le sue snikers, per godersi il suo tempo senza la formalità della divisa, salvo tornare ad indossarla, sono convinta senza dispiacere, non appena ritorna la primavera.
Vincenzo Pilato
Enzo Pilato ‘entra’ al “Regina Isabella” nel 1974 dopo una lunga esperienza soprattutto all’estero ed in particolare negli Stati Uniti. Guarda caso, contestualmente, conosce la moglie, allora dipendente dell’albergo in qualità di addetta ai libri paga e alla contabilità. Continua quindi la sua intensa attività professionale, e familiare, ed è da anni il maitre, ovvero il gran Maestro di quelle cerimonie quotidiane che si celebrano attorno al tavolo da pranzo, ancor più cerimonie per un Grand Hotel così altamente qualificato. È necessaria una grande abilità per vivere di questo mestiere, un insieme di diverse caratteristiche che si debbono intrecciare tra loro con molta versatilità: pazienza, intuizione, leadership, efficienza, capacità organizzative, cura per i dettagli, e molto altro ancora, tutte doti che escono dalle parole di Enzo Pilato mentre parla con molta passione del suo lavoro e dell’albergo che è stato per lui quasi la vita. Ha un bel piglio deciso mentre racconta i clienti famosi, quelli bizzarri, gli introversi e quelli con cui si instaura un rapporto più ravvicinato. Nei suoi discorsi appare spesso la parola “collaborazione”: essenziale con i colleghi ed in particolare con il suo staff, che è lo stesso da anni, essenziale con la dirigenza, verso la quale ha una stima assoluta, essenziale e purtroppo spesso non frequente, tra gli albergatori e amministrazioni.
“Il ‘Regina Isabella’ è un’industria, e come tale viene gestito. L’ingegner Carriero crede moltissimo in questo progetto ed agisce di conseguenza. Dagli anni Ottanta, cioè da quando ne ha la responsabilità, ha insistito con entusiasmo cambiando anche, quando necessario, le regole storiche, perché la clientela è cambiata rispetto agli anni di Rizzoli, ed è essenziale innovare pur rimanendo un monumento nazionale. Per mantenere vitale l’industria turismo è fondamentale creare maggior collaborazione anche tra albergatori, indispensabile che anche i Comuni imparino a creare una valida sinergia per aumentare la qualità del prodotto Ischia: abbellire i giardini, aumentare i parcheggi, potenziare il trasporto pubblico, migliorare l’immagine di accoglienza ed efficienza ad ogni livello”. Certamente il signor Pilato ha il polso della situazione, ha modo di vivere quotidianamente certe situazioni e la sua analisi mi pare lucida ed essenziale, ancorché semplice. Intanto lui, che è un iperattivo, e si vede, dove si trova questa mattina, visto che siamo a novembre e l’albergo è chiuso? Naturalmente in albergo, perché bisogna predisporre tutto il necessario per la riapertura di marzo: gli acquisti, le scelte dei vini, la sostituzione di alcune attrezzature della cucina, la riorganizzazione del personale, la scelta e la preparazione dei nuovi menu, la programmazione dei convegni e degli eventi della prossima stagione, (convegni ed eventi che occupano uno spazio molto importante nell’immagine ed anche nell’economia della struttura). Poi si ricomincerà. L’imperativo è avere sempre il personale migliore per occuparsi dei clienti, politici, giornalisti di spicco, personaggi della televisione, italiani ma anche stranieri, come il nuovo turismo di elité che viene dall’Est europeo in questi ultimi anni.
E negli anni della giovinezza? “Era un esame tutte le mattine, ogni cliente era un esame, era duro proibire l’ingresso con il cane a Ira Furstemberg, forse era difficile accogliere a dovere i ricchissimi e viziati americani come l’editore Sperling, la straricca proprietaria di cave di marmo carraresi con il marito cleptomane, l’altrettanto ricca signora svizzera che seguiva una dieta particolare e pretendeva la mia presenza e quella di tre camerieri al suo tavolo per la colazione, per non parlare di un noto avvocato romano proprietario di un ippodromo che arrivava con la moglie in elicottero e per un mese prenotava quattro camere, due per loro e due per le rispettive valige. Devo dire che l’avvocato in questione era piuttosto bizzarro, faceva il bagno indossando il cappotto ad agosto e si presentava a tavola infreddolito, con accappatoio e sciarpa”. Siamo al capitolo dei ricordi, dei personaggi passati per queste sale, che non cito per non ripetermi ma che è sempre interessante e anche divertente riascoltare per osservare i diversi punti di vista rispetto alla stessa persona, quasi un’interpretazione diversa dello stesso personaggio, a secondo dell’angolatura da cui lo si guarda. Certo, a parte l’avvocato col cappotto, è bello anche un altro aneddoto che mi racconta il signor Enzo: un cliente, che è rimasto per tutti mister X, arrivato solo, che per tutto il giorno, da qualunque parte andasse, in piscina, al ristorante, al bar eccetera, portava con sé una valigetta con all’interno mezzo milione di lire, e tutte le sere esigeva, dietro lauta mancia, un piatto flambé al suo tavolo. Improvvisamente sparì nel nulla e in tutto l’albergo, dove gli ospiti comunque negli anni hanno sempre dato segno di una certa continuità, è rimasto il mistero di questo tizio. Chi sarà stato mai? Con questo interrogativo ci lasciamo, è ora di pranzo ed Enzo Pilato torna a Zaro, al suo enorme giardino ed alla sua casa in esso immersa, costruita con pazienza e frutto dei suoi tanti anni di professione, nervi saldi e competenza. La nipotina lo aspetta, fa tornare bambini e fa recuperare il tempo della giovinezza quando il lavoro non consentiva di dedicarsi tanto alla famiglia. Forse quest’inverno ci scappa anche un mese di vacanza all’estero. Meritatissimo.