Friday, November 22, 2024
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Archeologia, croce (e delizia) per Ischia. Da una parte, l’isola va fiera di essere stata “inco- ronata” la prima colonia greca del Mediterraneo Occidentale, di custodire un reperto unico come la coppa di Nestore (che reca incisa un’iscrizione risalente a 8 secoli prima di Cristo in perfetti versi epici), di essere entrata nei libri di storia, di arte, di letteratura, dopo che l’archeologo Giorgio Buch- ner con i suoi scavi e i suoi studi ha portato alla luce l’insediamento di Pithecusa, a Lacco Ameno, e ha dimostrato che è, appunto, la più antica fon- dazione greca in Italia Meridionale, compiendo una scoperta-caposaldo per l’archeologia della seconda metà del ‘900. Dall’altra, però, Ischia sembra sentire il peso di questo ruolo, come se non sapesse cosa farse- ne, come se non avesse ancora capito appieno di avere un passato davvero illustre. Forse per- ché proiettata totalmente nel futuro? Non direi; piuttosto, si trova in mezzo ad un guado, non più terra di contadini poveri com’era 50 anni fa, ma non ancora pronta a comprendere la portata del patrimonio archeologico, culturale e, quindi, identitario che possiede. Portata che travalica i confini di per sé limitati dell’isola e la proietta in una dimensione internazionale, anzi mondiale, perché la sua terra è stata una delle “culle della civiltà europea” per usare un’espressione un po’ aulica, ma che descrive la verità, e la civiltà euro- pea appartiene a centinaia di milioni di persone, per non parlare di quante ne influenza. In attesa che Ischia varchi il suo guado, per chi quotidia- namente è chiamato a lavorare per preservare e, possibilmente, incrementare e valorizzare questo inestimabile patrimonio, la vita non è facile, come ci ha raccontato la dottoressa Costanza Gialanel- la, funzionaria della Soprintendenza Archeologica responsabile per l’isola d’Ischia, e a lungo braccio destro di Buchner.
Se, infatti, a Lacco Ameno c’è un museo che per l’eccezionalità dei reperti che offre dovrebbe es- sere fra i più visitati della Campania, ed invece ri- mane quasi deserto, allora qualcosa decisamente non funziona – posto che Ischia è, attualmente, una meta turistica da oltre 3 milioni di presen- ze all’anno. Se, pure, la dottoressa Gialanella ha tratteggiato un quadro di collaborazione con le Amministrazioni, è altresì evidente che a Lacco Ameno, come a Forio e a Ischia, chi governa il ter- ritorio non riesce a concepire questo patrimonio come risorsa per la popolazione e per il turismo e, di conseguenza, non intende investire su di esso. “Accade, così, che quello di Pithecusa sia da 14 anni di fatto un ‘museo invisibile’, poco conosciu- to nell’isola stessa, per nulla pubblicizzato e quindi ‘venduto’ ai turisti, privo delle attività necessarie a renderlo parte integrante della comunità. Accade che il parco archeologico progettato e addirittura finanziato dalla regione Campania già molti anni fa (era presidente Antonio Bassolino), per rendere visitabile la fattoria arcaica scavata a Punta Chia- rito, a Forio, non sia mai stato realizzato, benché i fondi siano stati regolarmente erogati al Comune; e accade ancora che la Soprintendenza sia stata indicata come l’unica responsabile dei ritardi nel completamento del depuratore per gli scarichi fo- gnari sulla collina di S. Pietro a Ischia – finendo per questo sulle pagine dei giornali. Adesso, però, che dissensi fra Regione e ditta appaltante hanno fermato tutto da circa due anni, una cortina di silenzio è caduta sulla questione depuratore, che sembra essere scomparso dalle priorità”, spiega la responsabile della Soprintendenza.
Una piccola, incoraggiante inversione di tenden- za si vede, invece, nella collaborazione pubblico- privato che ha permesso la campagna di scavo alla ricerca del porto dell’antica città romana di Aenaria, giunta alla seconda stagione, e condotta nelle acque della baia di Cartaromana. Qui, infat-
ti, la società Marina di S. Anna, che ha in gestione alcuni spazi di ormeggio, finanzia in maniera con- sistente lo scavo, che essendo sott’acqua presen- ta difficoltà e costi maggiori. La possibilità di im- piantare nuove aree di ormeggio regolamentate, infatti, era subordinata all’indagine archeologica, di cui Marina di S. Anna ha accettato di sostene- re le spese con la prospettiva futura di creare un parco archeologico subacqueo dove organizzare visite guidate alle strutture recuperate. Questa opportunità l’hanno già colta i giovani imprendi- tori di Platypus Itinerary, che propone viaggi di-
dattici e campi scuola (si veda il servizio dedicato) e che hanno inserito la visita agli scavi subacquei nel loro fitto cartellone di proposte per le scola- resche. Utilizzando una barca con il fondo traspa- rente che consente di osservare il fondale, si può già vedere, infatti, una massicciata lunga oltre 12 mt. in blocchi di pietra e pali di legno perfetta- mente conservati che apparteneva allo scalo, in funzione dall’età repubblicana al III d.C. Il fondo del mare è coperto di frammenti ceramici e gli scavi condotti in passato hanno fatto riemergere grandi quantità di lingotti metallici. “Questi ritro-vamenti andranno a costituire l’ossatura del mu- seo che verrà ospitato in due sale della vicinissima torre Guevara. Reperti e ricostruzioni virtuali con- sentiranno di restituire il volto di un sito di grande interesse e che al momento continua a custodi-
re un mistero. Se, infatti, è certo che quello di Aenaria era un porto molto attivo, circondato da officine artigiane che lavoravano stagno e piom- bo come testimoniano i lingotti e gli abbondanti manufatti rinvenuti, tuttavia rimane sconosciuto
il luogo in cui si trovavano le officine e l’abitato, e non si sa quale cataclisma abbia fatto sprofon- dare le strutture del porto a 6 metri di profondi- tà così repentinamente da obbligare la gente ad abbandonare un patrimonio in metalli di pregio”. Tra circa un anno, secondo l’intesa fra la Soprin- tendenza e l’attuale Amministrazione, dovrebbe nascere quindi il museo di Aenaria: questo tem- po dovrà servire anche a risolvere il rebus della gestione. Perché se è chiaro che, come a Lacco Ameno, il museo sarà comunale e gli archeologi avranno la direzione scientifica, ancora non si sa con quali fondi si potrà garantire l’apertura del- la struttura. Il problema, in realtà, rientra in una questione più generale: nell’isola d’Ischia si è sempre pronti a chiedere un museo per ciascun campanile, ma se è giusto, in linea di principio, rivendicare la necessità di esporre i reperti là dove sono stati ritrovati (in anni recenti, a lungo Forio ha invocato un museo ad hoc in cui ospitare gli arredi rinvenuti nella fattoria del VII sec. a.C. sca- vata a punta Chiarito), è altrettanto vero che se non si è capaci di gestirli, essi resteranno muti. Eppure, esperienze come Platypus insegnano che sull’identità di un luogo, la sua storia archeolo- gica, naturalistica e umana si possono costruire attività turistiche interessanti, anche economica- mente, ma per farlo occorrono creatività, intelli- genza e cultura, doti che spesso non contraddi- stinguono le pubbliche Amministrazioni. Sarebbe forse meglio, allora, lasciar fare ai privati (a Ischia abbiamo l’ottimo esempio che viene dal Castello Aragonese) e, comunque, a chi ha le competenze indispensabili per rendere fruibili e spendibili turi- sticamente i siti culturali, mentre alle Amministra- zioni si deve chiedere in primo luogo la capacità di mettere da parte i campanilismi per collaborare insieme alla creazione di itinerari coordinati. Al- trimenti, luoghi unici e reperti eccezionali sono destinati a un secondo, tristissimo, oblio.

 

PITHECUSA
Pithecusa, individuata grazie agli scavi di Giorgio Buch- ner nel comune di Lacco Ameno, nell’isola d’Ischia, è la più antica colonia che i Greci fondarono in Occidente quando, fra i secoli VIII e V a.C., intrapresero una colos- sale migrazione dalla loro patria verso gli attuali terri- tori di Italia, Spagna e nord Africa. La colonia era molto attiva: vi è documentata la produzione di ceramica e la lavorazione di metalli e sono attestati (sempre grazie allo studio dei reperti) scambi commerciali con tutto il bacino del Mediterraneo (Magna Grecia e Grecia, Etru- ria, Spagna, Cartagine, Egitto, Siria). Ai coloni pithecu- sani si deve la fondazione dell’importantissima città di Cuma, sulla costa che fronteggia Ischia.
COPPA DI NESTORE
Su questa piccola coppa usata per bere il vino durante il simposio, appuntamento conviviale e sociale fonda- mentale nel mondo greco, il proprietario incise, nell’al- fabeto tipico di Pithecusa, un breve componimento in versi: “La coppa di Nestore era certo ottima per berci, ma chiunque beva da questa coppa subito sarà preso dal desiderio della ben coronata Afrodite”. E’ eviden- temente una poesia scherzosa che stabilisce un ironi- co confronto fra la modesta tazza in argilla che reca i versi, e che però ha il potere di far innamorare della dea dell’Amore, e la celebre coppa in oro appartenuta all’eroe omerico Nestore. Questo reperto è di enorme rilevanza perché testimonia la profonda familiarità che nella lontana colonia di Ischia si aveva non solo con la scrittura ma con la poesia epica, uno dei capisaldi culturali della Grecità.
AENARIA
L’isola d’Ischia prese questo nome in epoca romana, quando uno dei centri più attivi, che anch’esso si chia- mò Aenaria, era situato in un punto fino ad oggi non individuato precisamente nella baia di Cartaromana. Di Aenaria è conosciuto il porto, sicuramente circondato da fonderie che lavoravano stagno e piombo, come è documentato dai reperti ritrovati a 5-7-mt. sotto il mare. Un evento catastrofico infatti, forse precursore di un’eruzione, fece sprofondare all’improvviso le offi- cine e le strutture del porto.

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text_Silvia Buchner | photo_archivio Ischiacity

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