A saperli leggere, i numeri che sintetizzano il movimento turistico nell’isola d’Ischia dicono tutto, ma proprio tutto… E vale la pena di esaminarli con attenzione, perché da essi dipende la vita di migliaia di persone che, in modo più o meno diretto, possono mantenere la propria famiglia perché lavorano nell’industria della vacanza. Per la parte più cospicua della stagione 2013 (gennaio-settembre), essi raccontano in maniera inequivocabile in che dire- zione l’impresa isolana ha messo la barra del timone e che risposta ha rice- vuto dal mercato, e possiamo sintetizzarla così: gli italiani, che si sentono più poveri e sicuramente sono privi di ogni certezza, sono venuti meno, i russi ci amano (nonostante tutto), è boom del revenue management.
Partiamo dalle dolenti note nostrane: nel periodo gennaio-settembre 2013 i turisti italiani calano del 7% e poiché da diversi anni – a seguito dell’emorra- gia tedesca – Ischia si è rivolta quasi esclusivamente al mercato interno (che copre circa il 73% dell’offerta turistica dell’isola), questa perdita in termini numerici significa passare da 2.206.902 presenze nel 2012 a 2.053.600 del 2013.
Segno lievemente positivo, invece, dal mercato estero, dove la crescita si ferma all’1,92% e ‘contiene’ il saldo complessivo, comunque negativo, a -4,65%. I segnali più confortanti, infatti, arrivano dagli stranieri, almeno se guardiamo alle presenze russe: Ischia consolida la sua leadership in Campa- nia per quanto riguarda il più importante paese dell’Europa dell’Est, con un + 24% rispetto allo scorso anno (quasi 176mila presenze). Eppure, anche in questo quadro roseo va registrato un dato allarmante: “Quando i russi veni- vano individualmente o con i grandi tour operator, su 3 pernottamenti, 1 era in 5 stelle (33%) e naturalmente l’indotto della ristorazione e del commercio lavorava bene con questa fascia di clienti che chiedevano ciò che era più costoso ed esclusivo. Adesso, invece, i pernottamenti in 5 stelle sono scesi al 20% (1 su 5). Certo, essendo cresciuto il numero degli ospiti russi, è naturale che una quota di essi scelga alberghi di altra categoria, ma va considerata la possibilità che l’isola non abbia saputo dare a questi clienti più facoltosi la giusta risposta alle esigenze di servizi collegati alla vacanza, e che quindi costoro tendano a scegliere altre destinazioni”, commenta l’ingegner Mario Rispoli, responsabile del settore statistiche dei flussi turistici per l’Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo di Ischia e Procida, che lavora all’elaborazione dei dati di arrivi e presenze che l’Azienda riceve direttamente dagli alberghi. Cat- tive notizie, invece, sul “fronte tedeschi”: pur essendo ancora i primi fra gli stranieri in termini assoluti (346.409 presenze nel periodo gennaio-settem- bre), la loro disaffezione nei confronti di Ischia si aggrava, con una perdita ulteriore rispetto al 2012 di circa il 5%. “Si deve assolutamente smetterla di limitarsi al mercato interno, che risente in maniera evidente della crisi econo- mica. E’ arrivato il momento di cercare in maniera seria, cioè mirata e siste- matica, validi sbocchi all’estero, a livello mondiale, per i nostri 25mila posti letto, individuando i paesi che stanno crescendo economicamente di più, poiché la vacanza è una forma di consumo, e quindi la domanda di vacanze cresce dove aumentano i consumi”, sottolinea ancora Rispoli.
Che questa sia la strada da percorrere, lo confermano i numeri del nostro concorrente, non vogliamo dire più diretto, ma sicuramente più vicino, cioè Capri, realtà – non dimentichiamolo – assimilabile a Ischia sotto il profilo della logistica e dei trasporti, nel senso che i collegamenti
con la terraferma soffrono delle medesime inadeguatezze. Eppu- re, nei primi nove mesi del 2013, a confronto con la stagione precedente, registra un aumento del 19% di presenze straniere e del 2% di italiani, per una performance positiva complessiva del 12,50%. Il com- prensorio Sorrento-S. Agnello, invece, se perde il 9% di italiani, guadagna il 4,51% di stranieri, e si attesta a +2,13%. Il dato complessivo vede queste due località ribadire la loro vocazione internazionale: infatti, a Capri le pre- senze straniere sono 300.881 mentre quelle italiane si fermano a 165.156; a Sorrento addirittura, a fronte di 1milione e 900mila presenze straniere, quelle italiane sono solo 340mila.
Inoltre, entrambi hanno lavorato per differenziare il loro portafoglio, come è evidente scorrendo i paesi di provenienza: Capri ha un 25% di ospiti ame- ricani, il 10% sono tedeschi, l’8,40% inglesi, il 7% viene dalla Francia, il 5,40% dal Brasile, il 4,10 dall’Australia e così via fino ai Russi che si attestano al 2,92%; a Sorrento il 39,70% sono inglesi, circa il 15% americani, il 6,75% arriva dalla Germania, il 4,20% dalla Francia, intorno al 3% si attestano Canada, Belgio ed Irlanda, mentre i Russi sono il 2,25%.
In un’epoca così lontana da appartenere ormai al mito, diciamo fino agli anni ’60, anche Ischia presentava una situazione simile ed esercitava una buona capacità di attrazione anche sul turismo di fascia alta e su quello costituito da star dello spettacolo e vip. Purtroppo, assai presto si scelse di standardiz- zare l’offerta sul solo mercato tedesco, e per decenni non si è più compiuto alcuno sforzo per differenziare il tipo di proposta e, quindi, anche gli ospiti, perdendo così in valore e appeal internazionale. Oggi, questo grave errore lo stiamo pagando caro: nel momento in cui, infatti, i tedeschi che, di fatto, erano i soli stranieri a venire a Ischia, hanno smesso di farlo, il sistema turisti- co isolano, che si era tarato sul doppio binario tedeschi in bassa stagione e italiani a luglio e agosto, è rimasto totalmente spiazzato dalla perdita secca di presenze soprattutto nei mesi non estivi, ed è corso ai ripari scegliendo – ancora una volta – di dedicarsi ad un solo mercato, stavolta quello degli italiani. Ma si tratta, per una larga fetta di un turismo di anziani che vengo- no nei periodi in cui le tariffe scendono moltissimo o, comunque, di gente che sceglie l’isola perché sempre di più offre, grazie alle tariffe dinamiche, la possibilità di realizzare il “sogno” di alloggiare in un quattro stelle, e oggi addirittura in un cinque stelle se si prenota al momento giusto, a prezzi davvero convenienti, mentre altrove (nelle località campane che abbiamo menzionato prima per esempio, ma non solo), alberghi di queste categorie costano molto di più.
Ed il restante 27% dei nostri ospiti da chi è costituito? I tedeschi sono ancora i primi, ma risultano quasi residuali, se si considera che in un decennio sono diminuiti del 75% (!), seguono i russi per i quali continua a non esserci, però, da parte dell’isola una risposta organica a questa interessante fascia di clientela e di conseguenza un’offerta di sistema loro dedicata; le altre na- zionalità sono rappresentate da percentuali molto limitate, all’interno di una fetta di mercato già molto ristretta. Al momento, quindi, presentiamo un quadro esattamente agli antipodi di quello delle località che hanno lavorato meglio, nonostante la crisi. Cosa fare, allora? “Non si deve solo insistere sul bacino di lingua tedesca, piuttosto individuiamone di nuovi e rafforziamo la nostra presenza in Russia. Lo dico da diversi anni, ma non so quanto vengo ascoltato: il mercato russo è una locomotiva in corsa e va curato con grande attenzione. Se adesso ci sono agenzie che lavorano in quell’area, ho però la netta impressione che, una volta che questi turisti giungono a Ischia, i servizi in lingua loro dedicati sono ancora decisamente insufficienti, a partire dalle informazioni, sia nei siti internet che nelle indicazioni dei servizi e negli alber- ghi, dove il personale in grado di interagire con questi ospiti in maniera sod- disfacente è decisamente scarso. Il settore del commercio si è forse saputo attrezzare meglio, ma occorre imprimere maggiore velocità per raggiungere l’eccellenza che viene richiesta”, ribadisce Rispoli.
Sembra, invece, che negli ultimi 6-7 anni l’impegno costante della nostra imprenditoria – piuttosto che cercare seriamente nuovi mercati e dotare il territorio e le strutture private dei servizi necessari a soddisfare le esigenze di nuova clientela – sia stato quello di abbassare i costi della vacanza per inse- guire la domanda, che si è indebolita sempre più per la perdita di attrazione dell’isola e per la crisi che ha mutato le abitudini di spesa degli italiani. Ci si è concentrati esclusivamente sul problema di “come vendere”, sceglien- do il low-cost e, in tempi più recenti, applicando massicciamente il revenue management. Ma la rincorsa al ribasso non reggerà a lungo, perché ci sarà sempre un’altra località, più facilmente raggiungibile di Ischia, che riesce a praticare prezzi più convenienti, perché ha costi dei trasporti, del lavoro e tassazione inferiori. Inoltre, riempire un albergo all’80% grazie alle vendite low cost, comporta un’usura delle strutture (mobilio, servizi, impianti, ecc.) e quindi impegni di spesa continui: ma se gli introiti ricavati dalla vendita a prezzi promozionali delle stanze sono bassi, alla lunga per le strutture ricetti- ve che praticano questa politica i conti non torneranno più. E non torneran- no più, ovviamente, neppure per i dipendenti, in quanto inseguire il prezzo più basso, fatalmente, ha come conseguenza un impoverimento di chi lavora nel turismo, perché significa tagliare innanzitutto sul personale, sostituendo, per fare solo un esempio, gli addetti al bar con le macchinette self-service. Attualmente, comunque, la tendenza a vendere Ischia a prezzi “di offerta” continua a essere quella assolutamente dominante, anzi non ha risparmiato neppure gli alberghi a 5 stelle, che per il 2013 offrono spunti di riflessione interessanti. Hanno avuto, infatti, una performance molto buona sul piano dell’occupazione, passando nel periodo gennaio-settembre dalle 159.387 presenze del 2012 a 180.312 del 2013 (con una crescita di oltre il 13%) (sul dato influisce marginalmente l’incremento della capacità ricettiva dovuto alla riclassificazione dell’Hotel Mare Blu, da poco passato a questa categoria). “I 5 stelle hanno sofferto in modo pazzesco negli ultimi anni, e di conse- guenza hanno scelto di puntare sulla quantità – spiega Rispoli – applicando massicciamente il sistema della cosiddetta tariffazione dinamica (o revenue management) per vendere le loro camere. Va sottolineato, però, che questa scelta imprenditoriale rende in termini di utili (e non solo di crescita delle presenze) se si è capaci di pianificare le spese, cioè i costi fissi e variabili dell’albergo, in funzione di introiti che risultano anche molto differenti, a se- condo della tariffa applicata”. Il fatto che i cinque abbiano venduto a prezzi da quattro stelle, comporta sicuramente che il margine di guadagno sia più basso, e bisogna chiedersi per quanto tempo, a fronte di una riduzione dei
prezzi per garantirsi l’occupazione, queste strutture potranno permettersi di dare servizi che hanno determinati costi e mantenere intatte la qualità e le peculiarità che identificano gli hotel della massima categoria. Inoltre, osserva Rispoli, “finora avevo sempre utilizzato il dato di presenze nei 5 stelle come un indicatore attendibile per individuare la portata dei turisti che chiamo ‘big spender’ (ad alta capacità di spesa), che possono, cioè, concedersi una serie di spese extra rispetto al pernottamento anche molto consistenti, e che costituiscono il guadagno dell’indotto (intrattenimento, shopping, ristora- zione, parchi termali, trasporti privati, ecc.): adesso, se continua così, questo indicatore verrà a mancare, perché chi acquista a prezzo promozionale una stanza nei 5 stelle, molto spesso non potrà permettersi quasi null’altro, e questo è un ulteriore elemento di riflessione che non va trascurato”. Appare evidente che la strada imboccata dall’impresa ischitana rischia di portare l’isola tutta in un vicolo cieco, che la scelta di concentrarsi pratica- mente su un unico mercato (italiano) come quella di ricorrere massicciamen- te a offerte promozionali per vendere le stanze non ripagano più, neppure in termini di aumento di presenze, figuriamoci di crescita dei fatturati. Mentre località turistiche che hanno fatto opzioni diverse sono state premiate: allo- ra, di fronte all’evidenza dei numeri, vale davvero la pena di rivedere in modo profondo Ischia come prodotto turistico. Una località di vacanze si compone di un complesso di fattori: territorio, risorse che ne fanno la specificità, im- prese che operano su di esso, formazione degli addetti, marketing specifico. Da troppi anni, o forse da sempre, Ischia non ha pensato in maniera organica a cosa fare del proprio patrimonio di natura, storia, termalismo, strutture: riqualificare il territorio e i servizi, valorizzandone le peculiarità, ripulire il mare, riorganizzare i trasporti, fare ricerca seria e innovazione nel settore termale, far partire un’indagine sistematica sulla domanda per capire cosa gli ospiti gradiscono e cosa, viceversa, non hanno apprezzato e, quindi, riuscire ad offrire ciò che gli altri non hanno, stanno diventando necessità indero- gabili. Sta partendo la programmazione dell’Unione Europea 2014-2020 per i fondi strutturali dedicati alla politica di coesione per le regioni in ritardo nello sviluppo, fra cui c’è anche la Campania: insomma, per l’ennesima volta l’Europa tenta di investire su di noi, possiamo fare uno sforzo per arrivare a questo appuntamento progettando finalmente con lungimiranza il futuro del nostro turismo?
text_ Silvia Buchner