Indubbiamente uno dei luoghi più belli dell’Isola d’Ischia, Ischia Ponte porta dentro di sé il fascino del borgo marinaro che fu e della sua millenaria storia al cospetto di quel Castello col quale si confronta quotidianamente; ma porta
dentro di sé anche i segni dovuti ad una cattiva gestione del territorio e ad una trascuratezza al limite del sopportabile. L’originaria bellezza architettonica e urbanistica così come quella ambientale sembrano però ancor oggi, nonostante tutto, voler indicare la strada giusta da seguire: la magia del Luogo è ancora talmente forte che i numerosi “segni” negativi cadono quasi in secondo piano. Appare, dunque, irrinunciabile l’esigenza di cogliere queste indicazioni positive per restituire al Borgo la dignità e il rilancio che merita; sarebbe imperdonabile consentire ancora oggi che il degrado e la distruzione dell’esistente abbiano il sopravvento a fronte di un patrimonio storico/urbanistico/ambientale che da solo
potrebbe rappresentare il principale attrattore dell’intera Isola. Il punto di partenza per il corretto recupero delle qualità originarie è senza dubbio una obiettiva analisi dell’esistente e soprattutto dei meccanismi che hanno prodotto i maggiori danni ad Ischia Ponte e che continuano a perpetrarsi. E per realizzare un’analisi obiettiva è necessario che gli abitanti e i commercianti partano da un’autocritica affidandosi anche agli occhi attenti, competenti e imparziali di alcuni degli ospiti del Borgo che ogni anno lo frequentano con amore.
Appare evidente, in prima battuta, che uno degli elementi essenziali nel processo di degrado è rappresentato dalla progressiva trasformazione del costruito e, in particolare, delle quinte architettoniche che delineano gli assi stradali principali e secondari: una fraintesa libertà creativa ha, nella massima parte dei casi, distrutto l’ordito di pieni e vuoti, gli apparati decorativi, le relazioni spaziali. Tutto in origine era stato scandito da un ordine spontaneo derivante da una consolidata tradizione costruttiva disciplinata da REGOLE semplici e precise. Ma oggi le forme delle aperture, i materiali utilizzati, le insegne, i cavi, gli impianti di varia natura hanno di fatto deturpato un insieme armonioso che aveva caratterizzato il Borgo fin dalla sue origini. A questo aspetto “strutturale” si aggiunga la cattiva gestione nell’uso degli spazi: dalle improprie destinazioni commerciali all’incapacità di regolare il traffico veicolare, dalla mancanza di una puntuale pulizia alla dominante idea che ci si debba affidare a grandi progetti e grandi investimenti per la risoluzione di ogni problema.Scrivendo di Ischia Ponte non vorrei, però, che le mie considerazioni rimanessero generiche e tanto meno evidenziassero solo gli aspetti negativi; per questo motivo citerò alcuni casi che potrebbero e dovrebbero essere presi ad esempio per una nuova partenza. Una delle attività che contribuisce alla qualificazione del nostro Borgo è la libreria Imagaenaria. Il rispetto degli ambienti e la semplicità degli arredi e delle insegne, assieme ad una attività culturale appassionata, ne hanno fatto in poco tempo il cuore pulsante della Ischia Ponte di oggi e di quella che potrebbe essere domani. Ricordo le Ceramiche di Cianciarelli dove il vecchio portone conservato com’era introduce ad uno spazio che accoglie prodotti realmente artigianali e realmente creati ad Ischia dalla famiglia del Maestro Filippo Cianciarelli, la boutique “a’ Putechella” dove il buon gusto, l’atmosfera e l’accoglienza ritagliano un altro angolo della Ischia Ponte che potrebbe essere e non è, la galleria “La Fontana” di Mario Mazzella dove il figlio Luca promuove con appassionata dedizione l’opera del padre proiettando verso l’esterno l’energia e le atmosfere di un luogo che da decenni rappresenta un punto di riferimento per l’abitato, il “Magazeno” che fin dalla sua apertura ha rappresentato per i prodotti esposti e per l’ambiente un esempio di come fare con linearità e buon gusto, la gioielleria “Lunaria” che da anni come un piccolo scrigno ha testimoniato attraverso i bei fiori e i limoni della signora Michela come l’ospitalità e l’amore per il paese possano fare la differenza, la Galleria Ielasi dove la competente e appassionata attività di Massimo ha portato artisti di fama internazionale offrendo con i suoi vernissages bellissimi momenti di vita e di incontro. Potrei citare altri esempi ma mi fermo qui, perché la mia intenzione non è quella di compilare un elenco dei “buoni” e “cattivi” ma solo di dare delle indicazioni sui riferimenti da considerare in termini di qualità degli spazi, di tipologia dell’offerta commerciale e di senso dell’accoglienza.
Il pericolo più grande che Ischia Ponte corre in questo momento è quello che incombe sulla gran parte delle mete turistiche: diventare un “borgo finto” che dimentica le proprie origini e peculiarità per cedere alla dilagante invasione di sole attività turistiche, universalmente identiche e spersonalizzate. Appare prioritaria la necessità di darsi delle regole condivise che guidino le ristrutturazioni ed aiutino ad individuare le attività più consone al Borgo e più interessanti per tutti quegli ospiti che ogni anno frequentano Ischia Ponte alla ricerca di un’autenticità sempre più perduta. E’ fondamentale capire ora che un forno antico come quello di Boccia che ancora oggi sforna un pane riconosciuto come leccornia da turisti italiani e stranieri non possa essere affiancato da rivendite di paccottiglie cinesi ma da attività che abbiano un legame tra loro e un senso in un tessuto armonico e riconoscibile. E’ altrettanto fondamentale capire che il contenimento degli affitti commerciali da parte dei proprietari di immobili è condizione indispensabile per favorire l’ingresso di giovani operatori locali che gravitino nel mondo dell’artigianato, dell’arte e di tutte quelle attività che per qualità e originalità possono contribuire alla riconfigurazione di un’offerta commerciale solida e caratterizzata. Non c’è nulla da inventare perché Ischia Ponte contiene già in sé tutte le indicazioni e gli stimoli per ricostruire una dimensione unica al mondo per qualità della vita e bellezza degli spazi: basta solo voler vedere e valorizzare ciò che c’è con modestia, buon gusto e tanta determinazione. A questo proposito e nel segno di una visione ottimistica del futuro del nostro paese, ricordo il progetto “Aenaria” che grazie alla determinazione di Giulio Lauro e di tutti i suoi collaboratori e soci della Marina di Sant’Anna e della Associazione “Archeologica” sta creando un interesse crescente e costruttivo su una preziosa area nascosta e sconosciuta ai più. Con la stessa determinazione e passione,
noi tutti abitanti di questo luogo fortunato dovremmo rimboccarci le maniche per ritrovare una dimensione perduta e per ravvivarla e aggiornarla con l’entusiasmo, le energie e le idee del nostro tempo.
Senza puntare il dito su cosa avrebbe dovuto essere fatto e su chi l’avrebbe dovuto fare, sarebbe bello e utile cominciare a garantire alcune semplici cose di base, realizzabili con piccolissimi sforzi da parte della comunità: una pulizia stradale (soprattutto nelle strade cosiddette secondarie) più approfondita, una manutenzione più attenta degli impianti di illuminazione, un controllo in fase progettuale delle ristrutturazioni con l’ausilio di persone che per buona pratica si sono già distinte nel paese con il loro operato, una maggiore fruibilità e conoscenza degli spazi che per storia ed architettura rappresentano la “dorsale” del Borgo, una programmazione culturale minima che accolga costantemente i nostri ospiti lungo tutto l’arco della stagione. E sopra ogni cosa dovremmo recuperare il senso della comunità, del bene comune, dell’ospitalità non intesa come “servizio a pagamento” ma come spontaneo piacere di far conoscere la bellezza dei luoghi che abbiamo l’onore e l’onere di custodire. Tutto questo sarà possibile solo se ognuno di noi uscirà allo scoperto per proporre e fare inserendosi in un virtuoso processo che tende alla qualità di ciò che si vuole realizzare; tutto questo sarà possibile solo quando ogni cittadino guarderà anche fuori dal proprio giardino con spirito critico ma propositivo evidenziando anomalie, disservizi, possibili miglioramenti non nell’ottica della critica sterile e fine a se stessa ma con in mano già la possibile e concreta soluzione.
Sono convinto del fatto che quando riusciremo ad essere consapevoli che l’obiettivo primario è la salvaguardia e la valorizzazione del nostro paese nel suo insieme, al di là degli “attori” che le devono garantire, avremo fatto un significativo passo avanti. Anche una pubblica transenna ridipinta dal singolo cittadino nell’ambito di un progetto coordinato può contribuire in maniera significativa al decoro di un Borgo che in questo momento è in grande sofferenza.
*Architetto, componente della famiglia proprietaria della maggior quota del Castello
Aragonese
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text_Nicola Mattera*