Text_ Pasquale Raicaldo
Photo_ Riccardo Sepe Visconti Francesco Di Noto Morgera
Giacomo Pascale, sindaco nel momento più difficile. Perché c’è chi ama vincere facile. E chi, suo malgrado, si trova catapultato nel posto giusto, ma al momento sbagliato. Il Comune in dissesto finanziario: basterebbe questo. Il terremoto. Roba da far accapponare la pelle. E allora bisogna parafrasare il celebre e pluripremiato film di Paolo Sorrentino per sintetizzare la complessa gestione politica del primo cittadino di Lacco Ameno, immobiliarista di comprovate doti, uomo del popolo, la politica nel sangue, qualche problema di salute dribblato non senza coraggio negli ultimi anni. E poi il terremoto, già.
Dall’emergenza alla dura lotta per l’articolo 25, Pascale ha mostrato i muscoli. E il cervello. Lo ha fatto per l’utile machiavellico del suo popolo, senza mai arretrare. Anzi, mettendoci la faccia. Se il suo collega di Casamicciola, Giovan Battista Castagna, ha spesso preferito indietreggiare davanti all’incedere pericoloso dei media, lui no: Giacomo ha indossato l’elmo e preparato lo scudo, pronto a respingere con forza le stilettate della «stampa nemica», come ha spesso ripetuto. A Non è l’Arena ha mostrato i muscoli a Massimo Giletti e Antonio Di Pietro, infastidendosi per le difficoltà del contraddittorio a distanza. Ha rinnegato con forza, sin dai giorni successivi al sisma, l’etichetta di “abusivi” attribuita agli sfollati e, per estensione, ai cittadini lacchesi e casamicciolesi. E mentre difendeva il vessillo dell’isola dalle molotov incendiarie di stampa, tv e opinione pubblica, disegnava con meticolosa cura il suo piano per fare breccia su Roma. Protetto dalla solidità argomentativa dell’avvocato Bruno Molinaro, il deus ex machina dell’articolo 25 (o lo “Scassinatore del terzo condono”, come abbiamo voluto immaginarlo sempre in questo numero di ICity), con cui il sindaco ha dato vita a un vero e proprio sodalizio, e dal peso politico di Domenico De Siano, Pascale ha saputo costruirsi una sua personalissima rubrica, dando del tu a Matteo Salvini (“coccolato” a Lacco Ameno nella sua fuga d’amore pasquale, fra cena al ristorante e partecipazione alla via crucis lungo corso Rizzoli) e prendendo confidenza con Luigi Di Maio, durante la sua puntata nell’isola istruito a dovere sull’epopea dell’abusivismo ‘made in Ischia’. Rapporti veri, senza troppi fronzoli, che gli hanno poi consentito – nelle ore degli emendamenti sul DL Genova e delle pericolose oscillazioni di quel contestatissimo testo – di avere una corsia diretta con Lega e Movimento 5 Stelle.
Blitz continui a Roma, più grande scaltrezza che grande bellezza.
La verità è che Giacomo col terremoto ha avuto un conto aperto personale sin da subito: duramente danneggiate dal sisma le case della madre ottantasettenne (“Costretta a lasciarla in lacrime, un colpo durissimo a livello emotivo”) e delle sorelle, a Casamicciola. Colpita la sua, a Lacco Ameno, anche se con lesioni non troppo profonde. Presente in zona rossa nelle ore clou, quando la palazzina accartocciata di via Serrato intrappolava le fragili vite di tre bambini.
L’adrenalina lo ha tenuto insonne per settimane, forse mesi. Schietto il rapporto con il commissario per l’emergenza, Pippo Grimaldi. Complesso quello con le frange più presenti degli sfollati, da Annalisa Iaccarino a Susy Capuano. Tra i sindaci dell’isola, è forse il più istintivo: non ha l’equilibrio democristiano di Del Deo, gli manca il razionale aplomb di Caruso, è assai più impulsivo di Castagna, vive il paese molto più di Ferrandino. Un approccio che gli procura grattacapi, anche. A meno di due settimane dal terremoto, lamenta un’aggressione dalle parti di piazza Fango: va all’ospedale Rizzoli perché, racconterà, mentre stava disponendo interventi di messa in sicurezza di stabili pericolanti un uomo gli si rivolge contro intimandogli di non muoversi. Per poi dirgli: “Ti devo segare in due!”. Lui resta sbigottito, poi però lo sfiora con un pugno. “Capisco il nervosismo della gente sfollata – commenterà a freddo – ma non posso tollerare la violenza di chi intende speculare sul terremoto: questo signore, contro il quale ho già predisposto un’azione legale, aveva chiesto che la sua impresa fosse coinvolta nei lavori post-sisma. Quanto successo davanti a decine di testimoni è intollerabile”.
Non piace a tutti, questo sindaco schietto e senza filtri, che s’inventa l’iniziativa “Un sindaco in piazza” per esporsi davanti a tutti – residenti e turisti, mamme preoccupate dai doppi turni e imprenditori alla canna del gas – e soprattutto, dice, per farlo senza filtri. Domande e risposte, un sindaco imperfetto ma accessibile. Al quale chiedere, dal quale ottenere risposte. “Non posso promettervi la luna”, ripete. “Ma non dormirò sonni tranquilli finché l’emergenza post terremoto non sarà terminata”. Fuma come un turco e nel via-vai del suo ufficio, nel cuore del municipio di Lacco Ameno, accoglie speranzoso gli inviati dei quotidiani nazionali: “Voglio farle capire una cosa sui condoni, vuole un caffè?”. “Guardi, una cosa è il terremoto, una cosa è l’abusivismo”. “E allora io le dico: bisogna radere al suolo l’isola?”. Volitivo e caparbio, non molla terreno. Efficace? Certo. Ed è lì che risiede la grande scaltrezza: arrivare all’obiettivo (leggasi l’articolo 25 del DL Genova) con ogni mezzo, con la costante attività persuasiva nei confronti della politica nazionale – cui continuerà a darsi del tu – e con l’appassionato e infaticabile lavoro quotidiano di chi prova a smussare gli angoli dell’opinione pubblica nazionale. Riuscendoci? Non sempre. E così accade che, avvelenato, colpisca soprattutto il PD e Renzi, attraverso il suo profilo Facebook, più valvola di sfogo che vetrina accurata. Lo fa quando il DL vacilla e, al solito, non usa mezzi termini: “È veramente triste che un ex sindaco di una città importante come Firenze, ex presidente del Consiglio dei Ministri, leader di un partito politico e senatore della Repubblica spari cazzate di questa portata! Dove ha letto di un condono tombale per le case abusive di Ischia? In quale parte del DL ha letto che si potrebbero salvare trentamila case costruite in modo abusivo? Credo sommessamente, senatore, che lei sia come si dice da noi: chiacchiere e distintivo. Straparla dicendo bugie e in questo caso, mi creda, non sa neppure di cosa sta parlando». Missili che giungono a destinazione, imbarazzando il numero uno del PD isolano, Giosi Ferrandino. E’ la politica, bellezza. O meglio: scaltrezza.