Il racconto della Colombaia è il racconto, che suscita insieme tristezza e rabbia, dell’Italia peggiore, è l’ennesima dimostrazione – quella che ha come prota- gonista un luogo che ci è familiare e fa quindi, se possibile, ancora più male – dell’incapacità endemica di questo Paese di gestire in maniera corretta e valida i beni culturali che possiede. Una volta acquisita come bene pubblico (attraverso un acquisto) oltre 13 anni fa, è iniziato, infatti, il calvario di quella che fu la casa ischitana (e che prima era una villa padronale della fine dell’800) di Luchino Visconti, uno dei più famosi registi italiani, il quale l’amò così tanto che chiese – lui intellettuale raffinato che proveniva da una ricchissima e nobile famiglia lombarda – di riposarvi anche dopo la morte. Infatti, la Villa ha già ”subi- to” ben due ristrutturazioni: una per porre rimedio ai vandalismi perpetrati nel periodo di passaggio da proprietà privata a possesso comunale; l’altra, pochi anni dopo, necessaria in quanto la chiusura al pubblico per inagibilità dal 2006 al 2009 l’aveva resa nuovamente un rudere. Massimo Bottiglieri, scelto come nuovo presidente del direttivo della Fondazione che gestisce il complesso dopo la disastrosa esperienza della precedente gestione e persona determinata come poche, racconta in maniera vivida le condizioni in cui trovarono la struttura, oggetto di razzia (emblematica la distruzione dell’ascensore in stile decò) e, quindi, recuperata a spese dei cittadini entrambe le volte. Per non parlare della razzia di fondi pubblici che si è fatta nel nome e nel ricordo di Visconti, e che ha portato solo ad una dichiarazione di inagibilità.
E come in ogni emblematica storia italiana che si rispetti, ci sono anche i folli, i sognatori, i generosi, che decidono che La Colombaia deve iniziare final- mente a vivere nel rispetto di Visconti e della cultura e naturalmente costoro arrivano sempre quando si è in periodo di “vacche magre”, quando non si può più scialare e, quindi, si muovono fra mille difficoltà: abbiamo intervistato il primo di loro, Massimo Bottiglieri, presidente del direttivo della Fondazione La Colombaia dal 2011.
La scorsa estate c’è stata un’attenzione quasi morbosa sui fatti che hanno visto protagoni- sta La Colombaia. Secondo lei dietro c’erano delle intenzioni maliziose e della malafede? Sicuramente pignorare i beni della Fondazione è stato un colpo molto basso, non solo per la Villa ma per il danno d’immagine che ha subito l’isola d’Ischia e tutta la Campania: da un lato si è sparsa la voce che La Colombaia fosse chiusa causando un calo di visitatori, dall’altro tutta la stampa nazionale ed internazionale ha dato am- pio spazio alla vicenda dell’ex direttore generale, professore universitario chiamato a formare gio- vani menti, che ha colpito la Fondazione nel suo cuore, pur essendo consapevole che non era per nostra volontà che non aveva ancora ricevuto i 15mila euro che gli spettavano. Questo denaro rientra, infatti, nei fondi concessi da Provincia e Regione alla Colombaia ma che non sono stati mai erogati, poiché oggetto di pignoramento da parte dell’ex presidente della Fondazione Danie- le Morgera. Il professor Ugo Vuoso era anche a conoscenza del fatto che i quadri ed i pezzi d’ar- redamento presso villa Visconti non raggiungeva- no la cifra necessaria a saldare il debito nei suoi confronti, ugualmente sapeva quali beni fossero pignorabili e quali no (perché appartenenti alla Provincia), eppure non ha esitato a mandare un ufficiale giudiziario presso la villa. Un gesto inu- tile, servito solo a fare cattiva pubblicità, poiché poi, con uno slancio di senso civico e morale, ha dichiarato che non avrebbe mandato all’asta gli oggetti pignorati.
Ci spiega meglio il meccanismo perverso del pegno sulla Colombaia? Si è creata una situazione grottesca per cui il mancato pa- gamento del professor Vuoso ha origine dal fatto che sui fondi della Colombaia pesa un pegno pregresso posto dal giornalista Da- niele Morgera, che è stato a capo della Fon- dazione proprio insieme a Vuoso!
Era il 2009 quando sono entrato nella Fondazione e Ugo Vuoso era ancora direttore generale. L’an- no successivo il professore decise di dimettersi e concordammo che gli spettasse una somma di 60mila euro, da pagare in tre rate. Attualmente, al saldo del debito mancavano solo 15mila euro, che dovevano essere pagati entro la fine del 2012, all’arrivo delle somme versate dai nostri soci, Pro- vincia e Regione. E’ qui che entra in gioco la figura di Daniele Morgera, presidente della Fondazione e direttore editoriale (anche se io non ho traccia delle sue pubblicazioni, che erano esclusivamen- te interne e non uscivano con regolarità), che ha vinto una causa contro la Fondazione per circa 100mila euro. Ciò è potuto accadere perché se- condo la legge il presidente di una fondazione dimissionario perché in procinto di sposarsi ha diritto a ricevere fino a 13 mensilità in più. Per ot- tenere questo denaro, Morgera ha pensato bene di chiedere il pignoramento dei fondi che erava- mo in attesa di ricevere. Intanto, noi componenti del nuovo direttivo avevamo stabilito di non per- cepire lo stipendio per destinare tutto il denaro concessoci da Provincia e Regione per i lavori di ristrutturazione della Villa, facendoci garanti in prima persona verso i fornitori del materiale e le ditte edili che oggi, in parte, devono ancora es- sere pagati, infatti in seguito alle azioni legali di Morgera prima e Vuoso, poi, siamo rimasti senza fondi e con tantissimi debiti.
Diciamolo chiaramente, il presidente Morge- ra e il direttore generale Vuoso erano nella più assoluta legalità, ma possiamo anche af- fermare che abbiano operato nel rispetto di un senso etico? E se non è così, dov’è che tradiscono l’etica?
Daniele Morgera e Ugo Vuoso avevano dei con- tratti ed hanno vinto cause e ricorsi in base alla legalità di questi ultimi. C’è da dire, però, che es- sendo uno presidente e l’altro direttore i contratti li avevano redatti loro ed avevano approvato le cifre dei propri stipendi, spropositati rispetto ai bilanci della Fondazione. Vuoso percepiva circa 20mila euro all’anno, più 20mila euro per l’orga- nizzazione del Festival Visconti, mentre Morgera aveva uno stipendio fisso di 4mila euro al mese, tutte somme che hanno continuato a percepire anche mentre la Villa era chiusa per inagibilità, facendosi forti di una dichiarazione secondo cui essa rappresentava solamente un luogo fisico e, quindi, la Fondazione poteva e doveva continuaread esistere indipendentemente dalla propria sede. Dai bilanci redatti durante la dirigenza di Morge- ra e Vuoso risulta che hanno ricevuto in media 250mila euro all’anno dagli Enti pubblici, con un picco di 500mila euro nel 2005, utilizzati all’80% per i loro stipendi, mentre il restante 20% serviva a pagare gli altri dipendenti, che guadagnavano al massimo 700 euro al mese. L’etica viene tradita nel momento in cui – ed è agli atti – il professor Vuoso ed il giornalista Morgera affermano di in- cassare stipendi troppo alti senza, però, effet- tuare il minimo taglio e senza destinare nulla alla manutenzione strutturale della villa.
Attualmente, che forme di finanziamento avete?
Ora come ora, proprio a causa dell’intervento di
Daniele Morgera, i fondi della Provincia e della Regione sono bloccati, in quanto appena arrivano vengono destinati a coprire il debito che La Co- lombaia ha ancora con queste persone. La Provin- cia, poi, in seguito ad un provvedimento appro- vato dal senatore Domenico De Siano non è più socio finanziatore della Fondazione La Colombaia (Ndr. De Siano prima di essere eletto in Parlamen- to è stato consigliere provinciale e regionale). Lo scorso anno, per la prima volta da quando la Villa è un bene pubblico, il comune di Forio ha erogato 40mila euro che sono serviti, però, a sanare (an- che se solo in minima parte) i debiti contratti con l’INPS per i mancati pagamenti dei contributi pre- videnziali sempre a favore di Vuoso e Morgera, e a causa dei quali abbiamo un conto aperto con Equitalia che cresce sempre più. Per il momento ci autofinanziamo e, sporadicamente, riceviamo qualche piccola donazione da parte di privati. Gli attuali membri del consiglio direttivo, io che sono il presidente, la professoressa Lina D’Onofrio e l’architetto Giovannangelo De Angelis – che mi aiutano da tempo, ed ai quali ho voluto dare un riconoscimento formale, chiedendo al Comune di inserirli ufficialmente all’interno dell’organo di governo della Fondazione – non percepiamo alcun tipo di compenso, mentre i dipendenti, Ca- millo Calise che gestisce il Caffè Letterario e si oc- cupa anche delle pulizie all’interno della villa, Ro- berto Manzi, laureato in conservazione dei beni culturali che fa da guida, Daniela Marsala che nel fine settimana sta alla biglietteria e Moez Gharbi che si occupa da solo di tutta la manutenzione del parco e degli esterni sono stipendiati solo per mezza giornata. Per questa ragione, lo scorso anno, trovandomi in grande difficoltà, proposi di tenere aperta la villa solo di pomeriggio, ma loro si offrirono di lavorare anche al mattino pur se per la metà della paga. Per riuscire a sostenerci abbiamo istituito il 5×1000, e abbiamo il permes- so di celebrare presso la villa i matrimoni civili, di organizzare ricevimenti ed eventi culturali privati.
Facciamo un passo indietro: può dirmi in che condizioni era la Colombaia al suo arrivo? Dopo la morte di Visconti la villa è rimasta per lungo tempo custodita da una persona di fiducia della famiglia, che la teneva in modo impeccabi- le. Chi ha avuto la fortuna di entrarci ha potuto vedere com’era stata lasciata dal regista, c’erano persino gli abiti negli armadi. Gli eredi però, pres- sati dalla famiglia De Lorenzo che voleva acqui- stare la struttura per farne un albergo, decisero di vendere. Nello stesso periodo, l’europarlamen- tare Franco Iacono (Ndr. Uomo politico foriano, socialista, che ha ricoperto incarichi di primo piano in Provincia e Regione e poi al Parlamento Europeo, appunto), riuscì a vincolare la villa come
bene storico, per cui il progetto di trasformarla in hotel fallì. Prima di passare ufficialmente nel- le mani del comune di Forio negli anni ’90, ci fu una lunga battaglia tra i De Lorenzo ed il Comu- ne stesso durante la quale La Colombaia rimase abbandonata e si trasformò in ritrovo di tossici, dormitorio di senzatetto, fu depredata di tutto, persino delle maioliche del pavimento, distrutta dall’incuria e dal passare del tempo. Nel 1999 di- venne proprietà comunale e l’amministrazione di Forio decise di ristrutturarla: i lavori terminarono nel 2001, dopo due anni e 2 miliardi di lire spesi, anche se molti interventi non erano stati realizzati con cognizione di causa (il pavimento, ad esem- pio, era stato ricostruito in cotto e non con le ma- ioliche come era originariamente, nonostante il costo fosse identico). Nel 2006, però, la villa ven- ne nuovamente chiusa per inagibilità: l’impianto elettrico, infatti, non era a norma (mancava solo
una certificazione scritta) come anche i parapetti, le fogne scaricavano nel terreno e gli intonaci ca- devano, e quando sono subentrato io, nel 2011, la villa andava nuovamente a pezzi poiché, alle situazioni per cui era stata dichiarata inagibile, si erano aggiunti cinque anni di totale abbandono.
E che tipo di interventi avete fatto eseguire? La prima cosa che ho cercato di fare appena sono diventato presidente del direttivo della Fonda- zione è stata mettere tutto a norma. Un forte incentivo, nonché un grande aiuto pratico, mi è venuto dall’architetto Giovannangelo De Angelis che mi chiese di organizzare presso la Colomba- ia il premio PIDA (Premio Ischia di Architettura). Mi consigliò di chiedere subito il permesso alla Soprintendenza, nonostante il comune di Fo- rio mi avesse assicurato che per eseguire lavori di ordinaria manutenzione non fosse necessa- rio. Durante alcuni sopralluoghi fatti in giardino, avevo trovato i resti delle vecchie maioliche sot- terrati nelle fioriere e pensai di farne la base del bar, coperta di resina, in modo da imprimere un marchio indelebile alla villa, una testimonianza del suo passato che nessuno avrebbe più potuto portare via. Per completare il bar pensammo che i cocci delle vetrate in stile art decò dell’ascenso- re – la più grande opera d’arte realizzata da Vi- sconti presso la villa – fossero perfetti per rivestire il bancone. Queste idee piacquero così tanto al Soprintendente che ci diede immediatamente il ‘via libera’ per procedere coi lavori. Tuttavia, le invidie di molti ischitani hanno fatto fermare più e più volte le opere in seguito a denunce di abusi- vismo. Una di queste denunce arrivò proprio una settimana prima dell’inaugurazione: la Polizia ap- pose i sigilli alla Colombaia a causa della vasca Imhoff (una vasca a tenuta stagna per smaltire le acque nere, che periodicamente una ditta sa- rebbe venuta a svuotare), posta all’interno della fossa assorbente che in precedenza assolveva a questa funzione, e che aveva causato il decreto di inagibilità del 2006. Nacque uno scandalo su tutte le più importanti testate giornalistiche ed io ricevetti un avviso di garanzia. Quello che più mi dispiacque fu che Bulgari, la nota casa di gioielli, che aveva preso a cuore le sorti di villa Visconti ed aveva organizzato un’asta internazionale i cui proventi sarebbero andati interamente a favore della ricostruzione della vetrata dell’ascensore, proprio per la cattiva pubblicità fatta ad Ischia ed alla Fondazione in quei giorni, decise di annullare l’evento. Dopo che i sigilli furono tolti, le denunce continuarono ad arrivare – e accade tutt’ora – e per due anni Polizia e Guardia di Finanza hanno controllato giornalmente la nostra gestione. Altri grandi interventi eseguiti sono stati la ristruttura- zione dell’anfiteatro e il miglioramento del parco che circonda La Colombaia.
E’ evidente che Visconti scelse di vivere in questo luogo seminascosto ai più per la bel- lezza del sito e la pace che vi regna, ma so- prattutto per il sereno isolamento che lo ca- ratterizza: eppure, quello che per il Maestro rappresentava un pregio, per colui che oggi dirige la Fondazione costituisce un limite, in quanto è un forte deterrente alla venuta di visitatori. Come potrebbe essere trasforma- ta questa caratteristica peculiare del luogo in un punto a favore per il rilancio della Co- lombaia?
Ci sono due progetti in cantiere per rendere la
Colombaia più fruibile, visto che attualmente per raggiungerla si deve prendere un mezzo di tra- sporto privato, un taxi, oppure camminare per ben due chilometri attraverso il bosco. La prima ipotesi, per ora accantonata per assenza di fondi, è di istituire una navetta bus gratuita che parta ogni ora dal belvedere di Zaro, diretta alla Colom- baia; la seconda opzione, già presentata presso la Regione ed ai dirigenti dell’Eav bus, è quella di creare una linea che colleghi Lacco Ameno e Forio con un piccolo bus a servizio delle tre strutture Villa Visconti, La Mortella, Museo di Villa Arbusto. In tal modo le presenze della Villa arriverebbero quasi a raddoppiarsi e, forse, riusciremmo a sa- nare i debiti.
Alcuni affermano che la Colombaia debba rappresentare una fonte di guadagno per le casse comunali. Pensa che sia possibile? Credo lo sia, per il Comune, per l’isola e anche per l’Italia, ma non si deve intendere come una fonte diretta di guadagno, come può essere, ad esempio, il porto, bensì come polo di attrazione turistica. Attualmente, ci visitano cinquemila turi- sti all’anno che soggiornano in alberghi ischitani, si spostano con mezzi di trasporto del territorio, mangiano e spendono in ristoranti e negozi iso- lani. In questo senso, La Colombaia può essere considerata sicuramente una risorsa, fino ad ora però ignorata e sottovalutata, soprattutto dalle Amministrazioni.
Franco Iacono, che in qualche modo si può considerare il progenitore del progetto Co- lombaia, quest’estate vi ha accompagna- to il famoso attore Giorgio Albertazzi, che ha commentato: “E’ bello, ma non avverto l’anima di Visconti”. Eppure, quando l’ave- va visitata lo scorso anno aveva dichiarato “Visconti è di nuovo qui!”. Può mai essere cambiata l’opinione di Albertazzi così tanto in poco tempo, o ritiene che dietro quest’af- fermazione c’era la volontà di comunicare qualcos’altro?
L‘affermazione di Albertazzi è stata probabil- mente pilotata poiché, in mia presenza, queste dichiarazioni – riportate, poi, dalle più importan- ti testate giornalistiche italiane – non sono state fatte. Anzi, la villa dall’ultima visita dell’attore è migliorata moltissimo… Siamo stati accusati di aver creato solo un museo freddo, affermazione che non ha alcun fondamento poiché, secondo me, l’arte non può in alcun modo risultare fredda. Proprio Franco Iacono vorrebbe che si istituisse alla Colombaia la scuola di cinema, così com’era stata pensata inizialmente e così com’era anche nelle nostre prime intenzioni, accantonate, come tutto il resto, per mancanza di fondi. Attualmen- te, abbiamo bisogno di tenere in vita la villa e la Fondazione, riuscendo a risanare i debiti e quindi non c’è materialmente il modo per creare la scuo- la di cinema che Franco Iacono vorrebbe. Pur tut- tavia, ci siamo detti disposti ad affidarne a lui la completa gestione, anche da subito, come siamo aperti a qualsiasi tipo di iniziativa del privato per accrescere il prestigio e la popolarità di questo luogo. Con questo obiettivo, vogliamo stringere accordi con altri poli di interesse storico, come il Castello Aragonese, Villa Arbusto e La Mortella creando dei pacchetti vacanze che si sgancino dal solo turismo termale, proponendo a Ischia anche turismo culturale. Detto questo, ringrazio Franco Iacono, che ha scelto come location per diverse serate della manifestazione da lui organizzata, Il Contastorie, proprio La Colombaia, e l’affluenza di pubblico è stata davvero notevole.
Vito Iacono, figlio di Franco, capogruppo di opposizione alla giunta Del Deo a Forio, sostiene che la villa di Visconti potrebbe di- ventare sede di rappresentanza dell’Ammi- nistrazione, ovvero il luogo dove il Sindaco dovrebbe ricevere i personaggi illustri e orga- nizzare gli incontri più importanti. Crede che possa essere contemplata questa ipotesi? Certo! Sono convinto che La Colombaia sia il posto più adatto a diventare sede di rappresen- tanza dell’Amministrazione anzi spesso, anche in passato, avevo proposto di tenere qui i Consigli Comunali, perché molti assessori non hanno mai visitato la villa e sono convinto che non si possano prendere decisioni sulle sorti di un luogo se non lo si conosce.
Sicuramente, gli ultimi mesi per Massimo Bottiglieri come presidente del direttivo della Fondazione La Colombaia sono stati difficili: la grave situazione economica, poi
il pignoramento con la ribalta offerta alla vicenda dai giornali nazionali, cui si aggiun- ge il fatto che di recente Forio ha eletto un nuovo sindaco, Francesco Del Deo, che ap- partiene ad un gruppo diverso da quello che l’aveva scelta per guidare la struttura. Pensa che, comunque, resterà al suo posto?
Non nego che c’è stato un momento in cui volevo gettare la spugna e mollare tutto, dissipando così anche il patrimonio di sacrifici e lotte dell’ultimo triennio. Poi, però, durante la serata di chiusura della manifestazione “Il Contastorie”, ho avu- to modo di parlare col presidente della regione Campania Stefano Caldoro e di esporgli dubbi e preoccupazioni riguardo alla condizione della Colombaia, nonché il mio rammarico per la poca attenzione dedicata finora a questo problema. Il Governatore mi ha molto rassicurato, dicendomi di essere informato e di seguire tutte le vicende della Colombaia e di voler fare qualcosa di con- creto per la Fondazione, poiché ce la stiamo met- tendo tutta ed è convinto che possa diventare una grande risorsa per l’intera Campania. Intende assumersi l’onere di pagare come regione Cam- pania tutti i debiti che abbiamo con Equitalia e, in più, cercherà di far tornare la Provincia tra i soci finanziatori. Il solo fatto di poter ricominciare da zero mi rincuora, poiché la Colombaia è entrata in un circolo vizioso dal quale, senza un tale aiuto, difficilmente potremmo uscire. In tal modo, non avendo alcun carico pendente, possiamo presen- tare dei progetti (tra l’altro tutti pronti) per richie- dere finanziamenti europei che, fino ad ora, data la nostra situazione di insolvibilità presso i credi- tori, non sarebbero mai stati accettati. In questo momento, voglio fidarmi della parola di Caldoro.