L’astuzia, la simpatia, la tenacia con cui un giovanotto degli anni Cinquanta inseguiva i suoi sogni. La voglia di emergere, frequentare bella gente, cogliere al balzo tutte le opportunità di un tempo che correva veloce come un fulmine e regalava ai figli della guerra le opportunità che aveva negato ai padri. L’entusiasmo di Tonino Baiocco, oggi imprenditore di successo del turismo e del by night isolano, non poteva non conquistare l’amicizia di Luchino Visconti. Nell’intraprendente ischitano, il regista rivedeva forse se stesso da giovane. Uguale irrequietezza, caparbietà, ambizione. Un’amicizia durata 20 anni, in quell’arcipelago di vite isolane che diventerà per Visconti il suo ‘gruppo di famiglia in un esterno’. Non così crudele, però. Baiocco oggi ha 77 anni e ha conservato parte di quell’energia stordente di una rincorsa partita da lontano. Tonino non bluffa mai con l’interlocutore, tanto che le sue memorie appaiono quasi giocate in tono minore: puntellate su quello sguardo intenso e interrogativo, pronte ad arrestarsi se gli squarci aperti sul passato inchiodano il tempo con una coltellata. E’ solo un momento, perché poi la vita riparte rapida, fantasiosa e turbolenta come sempre. Eppure, ben oltre il tempo in cui i titoli di coda sono passati da un pezzo, rimane la certezza di aver vissuto una stagione straordinaria in compagnia di una delle personalità più influenti nella cultura italiana del dopoguerra. E’ andata così.
Quando e come ha conosciuto Luchino Visconti?
Era il ’55, il ’56, nemmeno ventenne e già appassionato di vita by night. Per quelli della mia generazione, come per i giovani d’oggi, andare a ballare significava soprattutto conoscere le ragazze. Meglio se straniere. Ero uno studente che cercava di arrotondare. Mia madre, severissima, non finanziava certo volentieri le mie uscite notturne, quindi dovetti ingegnarmi. Tramite un’amica di famiglia, Elena Ferrari, ero riuscito a entrare in possesso di una cucciolata di barboncini nani. Volevo piazzarli per ricavarne qualcosa. Ne proposi uno a Iolanda d’Ambra, già grande amica di Visconti. Luchino glielo comprò per regalarglielo, fu in quella occasione che lo conobbi.
Che anni erano a Ischia?
Un altro mondo. Non era l’isola caotica e massificata di oggi. C’era un’atmosfera speciale, forse perché eravamo di meno. Oggi siamo in tanti, forse in troppi, non è la cosa più giusta da dire ma è la verità. Ho ricordi eccezionali di quel periodo, anche se per carattere non coltivo la nostalgia. Frequentavo i posti giusti: il “Rancho Fellone”, il “Monkey bar”, il “Pignatiello” a Lacco Ameno, avevo stretto amicizia con tutti i figli della grande imprenditoria italiana, della nobiltà e del jet set che a quei tempi frequentavano il Regina Isabella e lo Sporting. Egon von Fustenberg, ad esempio, è stato un mio grande amico. Quando aprii “La Lampara”, il 19 luglio del ’60, vennero tutti i miei amici e, con loro, i genitori. Fu la mia fortuna. Con Visconti si andava spesso alla Tavernetta del Moresco, dove suonava un gruppo, i Solitari, che avevano una voce solista femminile davvero prodigiosa. Si faceva chiamare Baby Gate. Qualche tempo dopo diventò Mina, la più grande cantante italiana. Luchino ne aveva intuito il formidabile talento, una personalità artistica decisamente fuori dal comune. Era un uomo che riusciva a guardare lontano.
Con chi veniva a Ischia?
Con i suoi amici più stretti. Peppino Patroni Griffi, ad esempio. La cosa strana è che Patroni Griffi frequentava il nostro albergo di famiglia, il Garden, già prima che conoscessi Luchino. C’era un altro ospite, in hotel, che avrebbe contato molto nella vita di Visconti. Si chiamava Helmut Steinberger, un giovane austriaco di cui diventai presto amico. Dato che in quel periodo dovevo portare delle planimetrie sui lavori di ristrutturazione della Colombaia a Volterra, dove Visconti stava girando “Vaghe stelle dell’orsa”, Helmut si offrì di accompagnarmi. Non credo per conoscere Luchino o perché avesse intenzione di fare del cinema. Partimmo e fummo ospiti di Visconti. Da questo incontro nacque Helmut Berger.
E’ stato lei a presentarli, allora. Berger non lo dice mai, nemmeno nel documentario a lui dedicato, presentato a Venezia l’anno scorso.
«Non lo dice perché è uno stronzo (Ndr. Scoppia a ridere…). Con Helmut siamo stati grandi amici, ma quando Luchino stette male, non gli fu vicino come doveva, ebbe comportamenti assai discutibili. Non era più da tempo il ragazzo che avevo presentato a Visconti. Da allora mi sono allontanato, non abbiamo più contatti da decenni. So che ha preso parte al biopic girato da Bertrand Bonello su Saint Laurent, in fondo dopo tutti questi anni mi piacerebbe rivederlo.
Perché Visconti amava così tanto Ischia tanto da preferirla a Capri, per certi versi a lui più congeniale?
Non gliel’ho mai chiesto, devo dire la verità. Per me era positivo che lui l’amasse, quindi non mi interessava sapere come mai. Probabilmente nessuno gli rompeva le scatole, a Ischia trovava maggiore tranquillità, riservatezza. Visconti amava stare per i fatti suoi, noi isolani non siamo mai stati invadenti nella vita degli ospiti.
Amava dei luoghi in particolare?
I primi tempi si spostava volentieri. Veniva soprattutto a Ischia, dove cenavamo da Di Massa o alla trattoria Emiddio sulla riva destra. Gli piaceva Sant’Angelo, a un certo punto si innamorò anche di quell’enorme spuntone di roccia a Serrara, dove adesso c’è un ristorante, L’Arca credo. Restava affascinato da questo esempio di architettura in pietra, voleva per forza comprarla.
E Forio?
Qualche volta andavamo al Bolognese, lungo il corso. Quando Luchino comprò la Colombaia, viveva e lavorava lì. Si occupava molto della casa, del giardino, e scendeva sempre più di rado. Se il locale era aperto, veniva da me alla Lampara.
Chi erano gli amici ischitani di Visconti?
Iolanda D’Ambra, il fratello Salvatore, tutta la famiglia D’Ambra in realtà. Aveva il suo autista, Ciro Messina. Ogni volta che veniva a Ischia, anche d’inverno, era il suo autista. Poi c’ero io. Non diventammo subito amici, la nostra amicizia, molto intensa, è cresciuta lentamente nel tempo.
Com’erano i rapporti con i politici locali?
Nessun rapporto.
Gira voce che Vincenzo Telese, sindaco di Ischia negli anni ’50, non volle affidargli la direzione artistica della Festa di Sant’Anna perché omosessuale.
Ho sentito anch’io questa storia, non saprei dire se fosse vera o meno. Da lui, mai nessun cenno. So che fece parte della giuria per un’edizione della Festa, diede anche un contributo in denaro pari a quello del Comune.
C’è molta cattiva letteratura su Visconti. Uomo difficile, fama di altero, feroce con gli attori.
Non sono d’accordo. Una volta conquistata la sua amicizia, era un uomo straordinario. Riservato, ma molto presente nella vita dei suoi amici. Gentilissimo e generoso. Certo, sul lavoro era pignolo, meticolosissimo. Sapeva molto bene quello che voleva e avrebbe fatto di tutto per raggiungere i suoi obiettivi. Non ammetteva superficialità e o pressapochismi. Esigentissimo con gli attori, è vero, ma molto educato. Era un uomo semplice e al tempo stesso speciale, molto speciale.
Mai litigato?
Assolutamente. Qualche malinteso subito chiarito, al massimo. A me piaceva stare sul set, mi divertivo, volevo raggiungerlo per “Ludwig”, ma non fu possibile per via di un veto della produzione. Ci rimasi male e Luchino mi scrisse una lettera per scusarsi. La conservo ancora.
Visconti non covava dubbi, solo certezze. Aristocratico e comunista, contraddizione non da poco.
La villa sulla Salaria, a Roma, sembrava un museo. Opere di valore e pezzi pregiati dappertutto. Sulle mura diversi quadri di Renato Guttuso, anche lui comunista. Lo incontravo spesso con Marta Marzotto, mia grande amica. Visconti era iscritto al PCI, è vero. Non era così allineato, nemmeno così militante. Le sue idee politiche erano quelle, ma quando veniva alla Lampara, o andavamo tutti alla Colombaia, non discutevamo mai di politica.
Qual è il film di Visconti che ha amato di più e perché?
“Vaghe stelle dell’orsa” mi è molto caro, un film che mi prese molto sin da quando apparve sugli schermi. Non so dire perché, forse sono legato a quel periodo della mia vita, ho molti bei ricordi della lavorazione. L’amicizia con Michael Graig, ad esempio, che conoscevo già da prima perché grande amico della mia compagna del tempo, l’attrice inglese Beth Rogan.
Le prove dell’amicizia.
Se avevo bisogno di lui, c’era sempre. E viceversa. Una sera aveva una cena importante, il suo cuoco non era a Roma, feci il diavolo a quattro per organizzargliela io. Il giorno dopo lui mandò un meraviglioso mazzo di fiori a mia moglie Marita, a cui era molto legato. La prima sera che uscii con lei andammo a bere qualcosa alla Colombaia e Luchino fu il nostro testimone di nozze insieme all’ing. Franco Tiscione. Fu Umberto Di Meglio, all’epoca sindaco di Ischia, a sposarci, credo fosse il ’68. Quando mia moglie aspettava nostro figlio, Visconti, guardandola, disse: sarà un maschio. Nacque Gianluca e io lo chiamai un po’ come lui.
E’ stato mai a casa sua?
A Milano mai, a Roma diverse volte nella magnifica villa di via Salaria, un’ospitalità e una generosità straordinarie. Ho conosciuto anche Uberta, la sorella a cui era più legato, aveva una villa a Sperlonga. Con Luchino ci vedevamo spesso anche fuori da Ischia. Ricordo con piacere una vacanza a Sestriere con Beth e con Helmut, lui ci raggiunse per un weekend. O quando lo accompagnavo per gli acquisti della sua casa liberty a Ischia, La Colombaia.
Che idea si è fatto della sorte tribolatissima che è toccata alla dimora isolana di Visconti?
Un mercimonio. L’hanno quasi tutti sfruttata per fini personali. Oggi è solo un involucro, l’anima di Visconti, e di quella residenza, è scomparsa. Non c’è niente di quello che lui aveva pensato, progettato, costruito. Né arredi, né pavimenti, né l’atmosfera, né la sua personalità. Non c’è più nulla.
Chi ha conosciuto alla Colombaia?
Praticamente tutti. Delon, bellezza fenomenale, vero sfaccimm, grande personalità e carattere. Si capiva al volo perché era diventato un divo. La Cardinale, anche lei bellissima, Nora Ricci, Paolo Stoppa e la Morelli, e poi Annie Girardot e Renato Salvatori, molto simpatici. Lei un’attrice fantastica. Andai anche ad applaudirla a Parigi con Helmut per la prima di “Apres la Chut” di Arthur Miller.
Qual è l’attrice che ha amato di più?
Forse Romy Schneider, Visconti le era davvero affezionato.
Era davvero così infelice?
Non saprei dirlo, non c’era molta confidenza. Donna bellissima e misteriosa.
E la sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico?
Veniva a Ischia soprattutto per lavorare, non avevo rapporti molto stretti con lei.
E’ vero che Visconti non amava il mare?
Non era un marinaio. Qualche volta scendevamo nella caletta sotto la Colombaia, con Helmut, Marina Cicogna e Florinda Bolkan, altre habitué della Villa.
Dopo la lavorazione estenuante di “Ludwig”, la malattia entra di prepotenza nella vita di Visconti.
L’ictus che lo colpì cambiò le sue abitudini: dalla villa sulla Salaria si trasferì in un appartamento di via Fleming, in un palazzo dove vivevano anche Ursula Andress e Tomas Milian, che spesso andavano a trovarlo. A Ischia venne sempre meno. L’ultima volta credo nel ’73 o ‘74. Era ormai infermo. Mi sentivo con Helmut per capire come stava. Fu un periodo triste, per carattere cerco di allontanarlo dalla mia memoria.
Malgrado tutto, continuò a lavorare.
All’apparenza non si arrese alla malattia. Tuttavia ho sempre creduto che cercasse di accelerare la sua fine. E’ una mia convinzione, intima, non ne ho mai parlato prima. Mettersi a lavorare nelle sue condizioni di salute, prima a “Gruppo di famiglia in un interno” e poi a “L’innocente”, fu una follia.
Come seppe della sua morte?
Non ricordo nulla di quel giorno, l’ho rimosso. Andai al funerale, stetti tutto il tempo con Helmut.
Cose le è rimasto di questa amicizia?
Moltissimo. Racconto un aneddoto: quando stavamo a Volterra con Helmut, Visconti fu invitato in una villa. Bussammo, nessuna risposta. Di mia iniziativa, decisi di scavalcare il muro e aprire dall’interno. Un gesto che Luchino ricordò in una monografia “Vaghe stelle dell’Orsa…”, pubblicata da Cappelli e finita qualche tempo dopo nelle mani di Maria Balestrieri, la proprietaria dell’hotel Floridiana a Ischia. Maria mi chiamò: Tonino, lo sai che sei nel libro di Visconti? Io cadevo dalle nuvole. Ero sorpreso che Luchino non mi avesse detto niente. Ci rimuginai un po’, poi compresi che era tutto normalissimo. Luchino non faceva qualcosa per accattivarsi l’amicizia di qualcuno, o per conquistarne la fiducia. Faceva qualcosa perché sentiva di farla e basta. Questo era Visconti. Starei a parlarne per ore, fermiamoci qui.
Interview_ Gianluca Castagna
Photo_ Archivi Ischiacity, Baiocco e La Colombaia