Interview_ Riccardo Sepe Visconti Photo_ICity Agency e FB
Viene dall’attivismo dei centri sociali e si definisce uno di quelli che lavorano sul territorio, Ivo Poggiani, 35 anni, eletto con il sindaco De Magistris alla guida della III Municipalità dai cittadini della zona Stella S. Carlo all’Arena, che comprende il quartiere Sanità, protagonista dello straordinario risorgimento che abbiamo raccontato in questo speciale, il museo MANN con il suo exploit di attività e visitatori, ma anche la zona di Capodimonte, con una Pinacoteca che è fra i primi musei al mondo, e che paga però lo scotto di un isolamento fisico dal resto della città che va assolutamente attenuato. Di tutto questo abbiamo parlato con Poggiani e, quindi, del ruolo necessario che deve avere la politica in questa fase di positivo fermento
Da presidente dalla III Municipalità, che comprende anche il Rione Sanità e la zona in cui si trovano i due Musei MANN e Capodimonte, quali cambiamenti vede innescati dal boom di Napoli come meta turistica?
Il centro storico si sta svuotando; in realtà il fenomeno va avanti dal 1994, quando con le riqualificazioni della sindacatura Bassolino una parte degli abitanti del centro è andata via sostituita da chi ha acquistato case soprattutto nelle zone di maggior pregio, per esempio piazza Plebiscito e Monte di dio. La presenza delle sedi dell’Università, inoltre, ha comportato l’afflusso di un gran numero di studenti che hanno affittato nelle zone limitrofe agli atenei. Il nuovo passaggio c’è stato quando, nel giro di 7 anni, Napoli ha aumentato moltissimo le presenze turistiche. Tanto che le strutture alberghiere esistenti sono sottodimensionate rispetto alla domanda. E questo ha comportato una trasformazione del centro storico e ne ha risentito il mercato immobiliare.
Che valutazione dà di questa ricaduta? Positiva?
L’economia nelle zone del centro ha avuto un impulso forte, se le conseguenze sono positive o negative dipende dai punti di vista: chi possiede immobili sicuramente ne ha tratto beneficio trasformandoli spesso in B&B, ma per esempio è molto diffuso il lavoro nero sottopagato e, ancora, in tanti si sono visti aumentare il fitto e sono stati costretti a trasferirsi. Peraltro, una quota di immobili è passata o sta passando nelle mani di grandi immobiliari, per cui la ricaduta positiva sull’economia della città si riduce ulteriormente gonfiando il mercato delle case e tradendo lo spirito originario del B&B, cioè affittare un numero molto limitato di camere, spesso all’interno della propria casa. Comunque se mi chiede un giudizio netto, il turismo ha fatto del bene all’economia di Napoli, ma non si può trascurare l’altra faccia della medaglia. Anche in termini ambientali: Napoli, infatti, è oggetto di un meccanismo quotidiano di ingresso di centinaia di migliaia di persone al mattino per accedere a ospedali, università, scuole, uffici, ecc, e di svuotamento la sera che comporta uno stress per la città stessa fatto di inquinamento acustico, produzione di rifiuti, smog ecc. A questo flusso si aggiunge quello dei turisti e anche a causa dell’aumento esponenziale di persone che a vario titolo raggiungono la città, la gestione di questi ambiti al momento non è del tutto soddisfacente.
Veniamo al recente appello dell’associazione Rete Set (Sud Europa davanti alla Turistificazione), animata da attivisti del centro storico come Anna Fava fuoriuscita dal coordinamento Dema, dagli attivisti di “Magnamece ‘o pesone” che si occupano del rincaro dei fitti e che si sono detti contrari all’ipotesi di realizzare nuovi svincoli della tangenziale e nuovi parcheggi nella zona della Sanità, che rientra nella sua municipalità.
Questa presa di posizione mi lascia perplesso, perché si puntano i piedi sull’uso di una tranche di 500mila euro del Contratto di Sviluppo che in realtà è uno strumento da 90 milioni! Il loro appello viene fatto pesare grazie alle firme prestigiose che ha raccolto, come quella dell’intellettuale Tomaso Montanari (è suo anche il no alle griglie di piazza del Plebiscito e il no allo spostamento del quadro di Caravaggio a Capodimonte per la mostra), e dell’urbanista Vezio De Lucia. Sono contrari affermando che esistono studi che dimostrano come nuovi svincoli e nuovi parcheggi provocano più traffico; ma gli studi che portano a dimostrazione di questo assunto sono relativi alla realizzazione di autostrade non di rampe della tangenziale. Criticano i nuovi piloni che sarebbero necessari, aggiungono che i 500mila euro sarebbero stati stanziati in accordo con Tangenziale spa, una sorta di combine insomma: ebbene, questo è falso, l’azienda che gestisce la tangenziale non ha nessun ruolo all’interno del Contratto di Sviluppo. Piuttosto trovo dirimente la questione dell’impatto ambientale, e quindi la gestione dei flussi, la domanda cruciale, infatti, è: creare il nuovo svincolo e relativi parcheggi aiuta a far entrare meno auto in città? Con un calo dell’inquinamento?
Ci spieghi perché pensa che non hanno ragione.
In primo luogo decontestualizzano il processo, i 500mila euro contestati, infatti, sono destinati ad uno studio di fattibilità che si farà fra oltre 1 anno e dovrà vagliare una serie di opzioni. E rientrano in un finanziamento di ben più ampio respiro che abbiamo ricevuto: 20 milioni devono andare al completamento del restauro del centro storico che è patrimonio UNESCO; una quota all’ospedale dell’Annunziata, ma il grosso è per il territorio della III Municipalità, la collina di Capodimonte e poi per piazza Cavour, la Galleria principe di Napoli (di fronte al MANN, al momento chiusa), strade, piazze e immobili alla Sanità, per la creazione di un deposito per i bus turistici al Garittone, per le linee di filobus elettrici che dovranno collegare il tondo di Capodimonte alla metropolitana (con l’obiettivo di potenziare il trasporto pubblico fra il centro e l’area ospedaliera dei Colli Aminei), per la messa in sicurezza ambientale della collina dello Scudillo, chiusa da decenni. A questi investimenti che assommano a circa 40 milioni di euro, si aggiunge lo studio di fattibilità, appunto, del valore di 500mila euro. Fanno parte di questo progetto anche gli svincoli della tangenziale e relativi parcheggi ed è a questa parte che loro si oppongono. Però trovo un esercizio poco corretto decontestualizzarla dal resto degli investimenti per il centro di Napoli di cui ho detto.
Parliamo allora dei 60mila metri quadri di cave che si trovano fra Capodimonte e la Sanità, che creano un passaggio sotterraneo fra le due zone e sono già in parte usati come parcheggi.
Infatti, si tratta di volumi che già abbiamo senza bisogno di scavare ulteriormente e potrebbero essere un parcheggio strategico, in quanto si trovano all’uscita di una delle tangenziali più frequentate, quella di Capodimonte. Però il parcheggio diventa funzionale se lo si collega alla tangenziale: in passato già si sono fatte ipotesi per creare questo collegamento, naturalmente chi vincerà il bando per lo studio di fattibilità dovrà anche esaminare le proposte già esistenti e valutare se sono percorribili. Il denaro stanziato serve a studiare progetti per infrastrutture nuove che integrino ciò che si farà con il contratto di sviluppo, cioè riqualificazione, incentivazione del trasporto pubblico e creazione di una migliore cerniera fra centro storico e il resto della città, avendo sempre fermo l’obiettivo di decongestionare il traffico, sia nel centro che nella zona degli ospedali. Si deve essere attenti ai parametri ambientali, ma non è possibile pensare che Napoli, che cresce sempre più di importanza sia per il rapporto stretto con la sua cintura sia dal punto di vista turistico, non si ponga il problema di correggere il caos che vive chi raggiunge oggi la città. Come fare devono dirlo gli esperti, e lo studio di fattibilità è destinato a questo.
Come si risolve questo muro contro muro?
Noi vogliamo il dialogo, che considero la soluzione più valida, ma questo della Sanità è un territorio che oggi si sente forte per i numeri che fa, e non possiamo pensare che il nostro futuro qui non lo debbano decidere le realtà che vi operano, ma una rete di attivisti. I firmatari sono una galassia variegata, si va da Italia Nostra a pezzi di Dema, ai movimenti, ho l’impressione che quella tranche di finanziamento sia diventato il pretesto per catalizzare una serie di dissensi e prese di distanza precedenti. Se ne esce solo con il confronto tecnico, cercando alternative, riconoscendosi a vicenda, ma chiedo a loro di riconoscere lo sforzo che si è fatto in questi quartieri.
Qual è al momento il tavolo istituzionale di confronto?
Il presidente della commissione urbanistica del Comune sta valutando di convocare un tavolo, invitando la terza Municipalità, il museo MANN ma soprattutto Capodimonte, dove sono stati da poco confermati dal Ministro entrambi i Direttori; e ancora la fondazione S. Gennaro, la Rete Set magari…
Ho la sensazione che stiate generando molte invidie con l’attività frenetica all’interno della III Municipalità e che questa possa essere la spiegazione di certe prese di posizione…
Quando si è attivi è inevitabile, accade a me ma anche alla fondazione S. Gennaro e al direttore di Capodimonte Bellenger. Poi il mio nome è stato fatto dai giornali per una possibile candidatura a sindaco: io credo che al momento non ci sia una leadership forte come quella di De Magistris, che sicuramente dovrà andare via, avendo svolto due mandati. Mi auguro, naturalmente, che questa figura emerga; se non vogliamo consegnare Napoli a un sindaco leghista o comunque di centrodestra, si dovrà fare un grosso sforzo per compattarsi ed esprimere una figura di ampia condivisione.
Lei si è posto spesso come pontiere, per esempio con il presidente della Regione De Luca: dove non arriva il sindaco si muove Ivo Poggiani.
Non rinuncio mai al confronto istituzionale – anche con figure che nulla hanno a che fare con il mio percorso politico. In questo modo sono riuscito a trovare una mediazione con De Luca sul futuro dell’ospedale S. Gennaro e continua la nostra battaglia su quel fronte. Ugualmente, quando Minniti, persona da me lontanissima sul piano delle convinzioni, era ministro dell’Interno abbiamo concordato progetti per il quartiere Sanità in una fase difficile, in cui si sparava per strada. Va sottolineato che tutto ciò lo faccio in quanto frutto di ragionamenti sul territorio con le persone che lo vivono, non opero mai di mia iniziativa e il territorio, per esempio, ha chiesto a gran voce maggiore sicurezza. Dopo decenni di isolamento, infatti, la Sanità dialoga con le istituzioni attraverso me, ma anche grazie ad altri attori. Il risultato è un patrimonio di finanziamenti e un’idea nuova per questa parte della città. Anche se dal punto di vista della macchina amministrativa siamo in sofferenza, qui c’è una rete formale e informale molto presente. Non a caso, il mio primo atto da presidente fu di invitare padre Loffredo e i due direttori dei musei Giulierini e Bellenger a incontrarci per lavorare insieme, convinto che questo territorio si riscatti puntando sulla cultura, sull’arte. E attraendo turisti si strappano anche più investimenti su trasporti, verde pubblico, servizi migliori, insomma si acquisisce centralità politica, che è sicuramente aumentata grazie alla rete che abbiamo tessuto.
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