Text_ Cecilia D’Ambrosio Photo_ Riccardo Sepe Visconti
Il rinascimento di Napoli passa anche attraverso la cucina, spesso come rielaborazione di un passato illustre che si veste di contemporaneo e Isabella De Cham con le sue “guerriere”, come ama definire la squadra di (quasi) sole donne con cui lavora, è sicuramente fra i protagonisti di questo fenomeno. Con il ristorante dedicato alla pizza fritta che si chiama come lei – lo trovate accanto alla pasticceria Poppella – ha rotto infatti tanti schemi, nel piatto come nella testa delle persone. Alle spalle un percorso, lungo e veloce allo stesso tempo (ha solo 26 anni), che l’ha portata al suo locale, due piani nel cuore della Sanità, uno spazio per l’asporto (cui dà un’importanza diremmo sociologica, “la pizza è un cibo economico e consentiamo a tutti di poter mangiare”) e uno dove sedersi, molto curato, con percorsi di degustazione di pizza e di tante altre varianti intorno al tema del fritto con vini e bollicine. Per tutti le golose preparazioni escono dalla luminosa cucina a vista dove si lavora con movimenti precisi e ritmici, che affondano nella memoria. Per un piatto dalle origini povere, anzi poverissime, (nel secondo dopoguerra, le donne mettevano un pentolone pieno d’olio davanti al proprio ‘basso’, friggevano pizze ripiene, quando possibile, di ricotta e pezzi di grasso di maiale, i ‘cicoli’, e le vendevano) che oggi sta diventando uno dei nuovi simboli culinari della città. “Non dimentico mai le mie radici ed onoro ogni giorno la tradizione napoletana. Solo così posso guardare all’innovazione” spiega la De Cham: e infatti la fritta classica (gonfia, dorata, grande, la chiamano per gioco anche nuvola, pallone, navicella spaziale) c’è sempre, ma oggi l’impasto esterno è sottilissimo, leggero, fragrante, avvolge un ripieno fatto con cicoli di grande qualità, ricotta, pepe e basilico (nella completa troverete anche un cucchiaio di pomodoro): la sua digeribilità è frutto di un’alta competenza in tema di impasto che, insieme all’olio adoperato per le fritture e alla sua gestione, sono i perni su cui si basa il lavoro di Isabella De Cham. Da quando, dopo un inizio da cameriera presso l’altra celeberrima pizzeria della Sanità, Concettina ai 3 santi di Ciro Oliva, ha capito che dalla sala voleva passare dietro il bancone di marmo. “Sapevo però che la margherita non era per me, farò sempre pizza fritta. Mi sono documentata su Google per capire chi fosse il migliore in questo campo, è venuto il nome della Masardona. Decisi che dovevo arrivare lì e così è stato. Poi ho lavorato da Esterina di Gino Sorbillo e a Forcella da 1947 Pizza Fritta di Vincenzo Durante”. Qui Isabella è finalmente responsabile delle pizze e nel giro di un anno e mezzo il successo è clamoroso. Sperimentazioni sulle farine, alta idratazione dell’impasto (è uno dei segreti della sua digeribilità), frittura assolutamente asciutta, creatività ponderata per le farciture, le sue ossessioni, che quotidianamente trasforma in prelibatezze nel locale alla Sanità. Montanarine, frittatine di pasta, filoncino o battilocchio, pizza aperta sono alcune delle molte declinazioni del fritto napoletano secondo Isabella De Cham. “A chi mi dice non vengo da te perché sono a dieta, rispondo che non abbiamo solo la cicoli e ricotta! Ho fatto uno studio approfondito per le donne – spiega – e ho elaborato per esempio la donna Isabella ripiena con rucola, zeste di limone, caciocavallo e provola, una pizza che ci ha fatto vincere tanti premi. Sono riuscita a incuriosire sui nuovi sapori anche la gente del mio quartiere”. Sulle aperte i gusti si possono scegliere, e cambiano con le stagioni: per es la primosale, leggera con formaggio primosale, erba cipollina, olive nere, pomodorini confit o ancora, baccalà, olive nere e capperi, anch’essa premiata. Le tonde e invitanti montanarine, possono essere (e sono solo alcuni dei mille topping) con salsa alla genovese, ragù, tricolore con fiocco di ricotta, pomodori secchi e pesto. Una delle degustazioni comprende fra le altre proposte frittatine di pasta in 7 varianti diverse (quattro formaggi, paglia e fieno con funghi, salsicce e besciamella, con i peperoni, Nerano con provolone del monaco e zucchine, parmigiana bianca di melanzane…) e ancora i piccoli crocché di patate, sfere farcite con formaggio e ricoperte di tante delizie, una per tutte stracciata di bufala e ventricina, salame abruzzese leggermente piccante… ma la fantasia di Isabella è sempre in movimento. E la pizza fritta si fa anche dessert con la millefritta, dischi di pasta sovrapposti a mo’ di millefoglie alternati con una crema rivisitazione di pastiera, confettura di albicocche pellecchiella e granella di nocciole.
Lei dice che lì, dove è nata, ce l’ha riportata il destino: “Avevo un progetto altrove, ma un giorno andando in giro con il mio braccio destro Alessandra Ferriero, tante persone mi hanno fermato chiedendomi quando avrei aperto nel rione. Trovo che sul piano culturale questo sia il posto più bello del mondo”. Il fascino della Sanità, grazie al lavoro tenace e per molti versi visionario partito da padre Antonio Loffredo e da un gruppo di giovani, sta emergendo in modo prepotente e, mentre il suo patrimonio monumentale e storico riprende a vivere, un flusso di creatività attraversa tutto il quartiere e la risposta dei turisti è notevole: “un po’ tutti gli abitanti stanno contribuendo a farli sentire a casa, non solo noi che siamo a diretto contatto con loro, e questo è fondamentale per chi vuole lavorare con l’ospitalità. Un turista solo a vedere le facce di noi della Sanità ride, ed è sorprendente, a tal punto da emozionarti”.
Ma, a loro volta, le ragazze di Isabella De Cham vogliono emozionare chi decide di assaggiare questo cibo che più popolare non si può, eppure… Con intelligenza e rispetto per ciò che è stata, la pizza fritta qui indossa un abito diverso. Grazie alla complicità, che è anche competizione come loro stesse raccontano, fra la pizzaiola e la sua sommelier e maitre, Imma Verde. Tanti anni di lavoro a Cortina e in Veneto e poi il ritorno a Napoli: “Sapevo che Isabella fa un ottimo impasto – racconta – ma eravamo fermamente intenzionate a non limitarci a servire la singola pizza come da tradizione, volevamo arrivare alla degustazione, proporre un percorso che non sia solo mangiare pizza, creando delle esperienze per chi ci sceglie che siano coerenti”. Quindi, l’investimento cospicuo per il locale, perché fosse come lo immaginavano, interessanti abbinamenti di vini, spumanti e champagne che cura lei stessa, due birre, una bionda e una rossa a bassa fermentazione in modo che non alterino la digeribilità delle pizze, da un birrificio campano: “l’idea che sta dietro questo progetto l’ho fatta mia, è essenziale credere in ciò che vendo”. E così si è aggiunta un’altra tappa imperdibile al tour gastronomico del quartiere Sanità. E di Napoli.