Thursday, November 21, 2024

28/2010

Photo: Redazione Ischiacity
Text: Lucia Elena Vuoso

 

Abbiamo raccontato questa storia perché è, appunto, una storia! Con il suo alone di mistero, di favola, di fede, di romanticismo e, forse, perfino di immaginazione. In tutta onestà, la redazione di Ischiacity, laica e assetata di sapere scientifico, non si sente appagata dalle “spiegazioni soprannaturali”. Tuttavia, poiché siamo giornalisti e raccontiamo, anche affabulando, i casi della vita ci è piaciuto credere che i buoni sentimenti e la forza della spiritualità abbiano comunque potuto contribuire a condurre i coniugi Zabatta oltre il guado di un fiume di sofferenza. Una vita salvata è sempre una vita restituita alla dignità dell’Esistenza, ma non dimentichiamo, per favore, che non sempre l’Esistenza è dignitosa. Sofferenza, handicap non risolvibili, malattie gravi, inabilità, emarginazioni, razzismo rendono la quotidianità penosa. Spesso oltre ciò che un essere umano può sopportare (Riccardo Sepe Visconti). “Eravamo sul traghetto per rientrare ad Ischia. Non sapevamo neanche come avessimo fatto ad arrivare fino al porto, dato lo smarrimento che ci aveva presi. Smarrimento, non rabbia, né in quella circostanza né nei cinque mesi successivi. E sconvolgimento per la notizia che avevamo appena avuto, notizia che poteva cambiare la nostra vita e quella della piccola che Antonella portava in grembo. Eravamo andati a Napoli dal ginecologo per fare la prima ecografia del frutto del nostro amore, atteso da quattro anni, e il medico ci aveva consigliato di interrompere la gravidanza: la nostra prima figlia aveva una grave malformazione, per altro molto rara. Una mancata chiusura del tubo neuronale all’altezza del cranio, una specie di ernia alla base della testa e non si sapeva cosa contenesse, se del liquido o addirittura parte di cervello e non si sapeva neanche che conseguenza potesse avere sul feto. Le ipotesi spaziavano dalla morte alla completa inabilità. Ma noi, d’istinto, abbiamo detto sì alla vita, rifiutando decisamente l’aborto. Poco dopo, però, i dubbi e le paure ci hanno assalito e abbiamo chiamato il nostro parroco, don Carlo Candido. Avevamo bisogno di parlare con lui per quello che rappresentava, avevamo bisogno di metterci in contatto con Dio. Il colloquio fu ricco di lacrime e povero di parole ma ne uscimmo sereni e con una nuova forza: avevamo sentito la presenza di Gesù che ci suggeriva di affidare la nostra piccola a Chiara Luce (Ndr. La Beata a cui è stata affidata la bambina, che porta il suo nome) e di tenere duro. Conoscevamo la storia di questa ragazza, morta in concetto di santità dopo aver patito molte sofferenze e ci aveva colpito la sua grande forza di volontà che speravamo di ricevere anche noi. Siamo riusciti a metterci in contatto con l’ospedale Gaslini di Genova, specializzato in ginecologia, ostetricia e pediatria e anche loro ci hanno prospettato la stessa la diagnosi. Ma oramai eravamo sereni, avevamo accettato Chiara dopo l’iniziale perplessità e la paura provate nei suoi confronti, verso il diverso, verso il brutto della malattia, e la piccola sembrava essersene resa conto: aveva ricominciato a muoversi, a dare calcetti e a far sentire la sua presenza. Al termine della gestazione, in una delle ultime ecografie, il dottore rimase senza parole, era avvenuto qualcosa di inaspettato: la bambina si era appoggiata con la nuca sul collo dell’utero e la pressione aveva impedito alla malformazione di crescere, anzi sembrava che addirittura stesse regredendo. Noi interpretammo questo come un segno divino e continuammo ad avere fede, aspettando il tanto atteso momento del parto. A febbraio ci trasferimmo a Genova e prendemmo casa lì, per essere più vicini all’ospedale e ai luoghi dove aveva vissuto Chiara Luce. Il primo marzo 2005 alle nove di sera venne alla luce con taglio cesareo la nostra prima figlia. L’ostetrica le fece subito un test della reattività e Chiara ottenne un risultato di nove su dieci. Ad una prima analisi sembrava non avere quei gravi danni che avevano prospettato. Ma un altro problema si presentò molto presto: l’ernia della bimba, che era molto più grande di quello che appariva dalle ecografie, si era ulcerata e si correva il rischio di meningite se non l’avessimo fatta operare immediatamente. L’intervento per asportare la malformazione era previsto per il mese successivo, poiché i neonati difficilmente sopportano l’anestesia, ma dovevamo decidere al più presto. Non sapevamo a chi rivolgerci per chiedere un aiuto e un consiglio poiché i nostri genitori, dopo la nascita erano andati a casa e avevano spento i cellulari, ma interpretammo anche quello come un segno di Dio. Per la prima volta ci chiedeva di vivere questa prova da soli, per la prima volta come una nuova famiglia. La piccola Chiara venne operata e tutto andò bene, per quanto rimase 25 giorni in rianimazione. Ancora un’altra dura prova per noi e stavolta pensavamo proprio di non farcela: il non poterla accarezzare, il non poterle essere vicini e abbracciarla, il non poterle dare il latte sono stati momenti difficilissimi. Ma appena Chiara Luce è tornata a casa con noi, appena abbiamo potuto averla tra le braccia, tutto il dolore ci è sembrato lontano e la felicità e la gratitudine ci hanno sommerso. Adesso lei ha cinque anni, effettua controlli periodici ma sta benissimo, è un piccolo miracolo vivente. Giorno dopo giorno con la sua sola presenza ci ricorda quanto siamo stati fortunati e quando litighiamo è lei che con la sua ingenuità riporta la pace. Siamo felici, ma non ci sentiamo degli eroi, semplicemente abbiamo scelto la vita con la grazia di Dio”. Questa è la storia che Sandro e Antonella Zabatta hanno vissuto, insieme a tutta la comunità che ha pregato e ha sempre fatto sentire loro il suo sostegno. Questa è la storia di una grazia, che i genitori della piccola Chiara sono certi di aver avuto per mano di Gesù, grazie all’intercessione di Chiara Luce Badano (“Luce” è il nome con cui la chiamava Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolarini, cui la giovane apparteneva), una ragazza di Savona morta a soli 18 anni, nel 1990, dopo aver sofferto moltissimo per le conseguenze di un tumore alla spalla e aver accettato sempre tutto senza versare una lacrima. Ad ogni stadio della malattia che avanzava ripeteva: “Sempre sì!” e “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anche io”, pronta a donare a Dio ogni suo patimento. Questa ragazza semplice, che andava a scuola, faceva sport e aveva un fidanzatino, ha saputo vivere la sua vita in modo esemplare, specialmente per i giovani, dando loro grande modello di umiltà e accettazione del volere divino. Per questo motivo, nella lunga trafila burocratica del Vaticano la sua causa è passata davanti a molte altre, eppure gli stadi da superare per ottenere questo titolo sono stati molti e molto lunghi. La vice postulatrice Mariagrazia Magrini che si occupa della santificazione di Chiara Luce ci ha raccontato che il processo da seguire è molto simile ad uno giudiziario. In primo luogo si riunisce un consiglio di Vescovi della regione in cui ha vissuto la persona che si vuole santificare e si raccolgono testimonianze di quando era in vita, la storia e la geografia del luogo dove è vissuta, le origini della famiglia, l’ambiente, foto, testimonianze scritte, malattia, morte, fama di santità in vita e dopo morta e come ha vissuto le virtù cristiane. Dal momento in cui i volumi che contengono le informazioni sono consegnati al Vaticano si avvia ufficialmente la causa di beatificazione, che viene etichettata con un numero di protocollo e la persona da santificare diventa ‘Serva di Dio’. Quando il sigillo posto a chiusura di questi tomi viene tolto, gli scritti sono analizzati da un concilio di Vescovi e se tutti approvano all’unanimità si dichiara il ‘Servo di Dio’ ‘Venerabile’. Per avere il titolo di ‘Beato’ si deve, successivamente alla nomina di ‘Venerabile’, raccogliere la testimonianza di un miracolo che, per essere dichiarato tale deve possedere i seguenti requisiti: deve trattarsi di una guarigione pronta, immediata, con più organi coinvolti e non spiegabile con la scienza e, cosa più importante di tutte, ci si deve essere rivolti a Dio per intercessione unica della persona da beatificare. Nel caso di Chiara Luce Badano si è trattato di una guarigione di un ragazzo da meningite. Dopo che dei medici hanno analizzato il caso clinicamente senza riuscire a spiegarlo con le leggi della scienza e della medicina, i Vescovi si riuniscono nuovamente ed emettono un giudizio unanime. Il 19 dicembre 2009 il Papa ha firmato il decreto di approvazione del miracolo attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio. Lo scorso 25 settembre il Prefetto della Congregazione per le cause dei Santi ha dichiarato Chiara Luce Beata. Per avviare la causa di canonizzazione, cioè per rendere ‘Santo’, bisogna ottenere un miracolo dopo la dichiarazione di ‘Beato’ e seguire la stessa trafila. Ma, per quanti hanno conosciuto Chiara Luce in vita o si avvicinano a lei solo ora, appare subito visibile la santità di una ragazza normalmente straordinaria. Ma cos’è una grazia al giorno d’oggi? Quando ci troviamo di fronte ad un intervento divino? A chi viene concessa e per quale motivo? Ne abbiamo parlato con monsignor Livio Maritano, vescovo di Acqui Terme, che ha proposto la santificazione di Chiara Luce Badano e che è stato testimone di molte grazie donate da Dio per sua intercessione. “La parola grazia si presta facilmente all’equivoco poiché viene usata per indicare realtà molto diverse. Di solito si intende per grazia l’evento straordinario, come una guarigione da una malattia che la medicina non ha potuto curare e la scienza non può spiegare, per il quale si richiede l’intervento di Dio tramite l’aiuto di un santo. L’aspetto fondamentale della grazia, tuttavia, è la partecipazione quotidiana alla vita di Dio, alla sua sapienza e alla sua santità che crea in chi la vive uno stato permanente che va oltre un singolo momento o avvenimento. Un persona è in stato di grazia quando mantiene vivo il rapporto speciale con Dio. La grazia può essere anche considerata un ‘dono attuale’ e consiste in un’ispirazione, un suggerimento, un consiglio, un rimorso che fanno riflettere o cambiare, quando nella vita dell’uomo avviene un’illuminazione che lo spinge a fare di meglio. Va detto anche che le grazie non vengono concesse solo a chi crede ma anche ai non credenti poiché sono il modo in cui Dio entra nella vita di ogni uomo”. IL PARERE DEL NEUROLOGO Il dottor Pasquale Arcamone, neurologo presso il Centro di Igiene Mentale di Ischia, ci ha spiegato in cosa consiste la malattia che i medici ritenevano potesse avere la piccola Chiara. “Le patologie legate alla mancata chiusura del tubo neuronale sono molte e molto diverse tra loro e l’entità dei danni che provocano è dovuta allo stadio dello sviluppo embrionale al momento della loro formazione. La schisi vertebrale è la conseguenza meno grave: molte persone hanno comunemente questo tipo di disfunzione, che è spesso la causa del mal di schiena e consiste nell’avere una vertebra non perfettamente chiusa. La ripercussione più grave, invece, è un mielomeningocele, che comporta problemi sia psichici che fisici, poiché non si sviluppa parte dell’encefalo, oppure, a livello lombosacrale, determina la fuoriuscita di midollo spinale, provocando la paralisi dalla vita in giù, la mancata sensibilità e la completa assenza degli stimoli fisiologici”.