07/2006
Photo: Redazione Ischiacity
Text: Paola Spadavecchia
Incontrare Marco Cecchi nel suo studio, osservare i colori e la minuziosa rappresentazione della realtà nei suoi quadri è come scoprire un mondo, o ascoltare memorie di viaggio. La prima impressione che se ne ricava è quella di trovarsi di fronte ad un accanito collezionista di emozioni, di vite diverse, di luoghi lontani, sguardi che poi racconta convertendoli in arte visiva.
Grafico, illustratore, stilista, pittore, scultore, ha maturato la sua tecnica in anni di studio e sperimentazione in tutti i campi dell’arte figurativa, facendone il tramite per fermare immagini impressionate sulla pellicola fotografica, ma prima di tutto sulla sua retina o nella sua memoria. L’aerografo, l’acrilico, la matita, la tela grezza, il legno o persino la calce di un muro sono gli strumenti di un’ossessiva raffigurazione della realtà crudamente denuncia di se stessa, realtà che urla o ti guarda attonita in modo finanche rasserenante nella sconcertante nudità dell’emozione.
Attraverso la disperazione di una donna algerina o la dolcezza di una strada vietnamita piena di sole, o ancora la compostezza di monaci buddisti, ma soprattutto con i volti intensi dei bambini il mondo racconta se stesso, mille realtà dissimili, vite fatte di gesti quotidiani e di quotidiano dolore che si trasfigurano nella ricerca estetica del bello che emerge prepotentemente nelle sue figure.
La predilezione per i soggetti esotici deriva sicuramente dal desiderio di capire l’altro, il diverso che si allontana dalla visione più iconografica dell’esotismo per raccontare l’anima più vera di luoghi e persone, visti o sognati, ma comunque fortemente sentiti e assorbiti dalla memoria. La proiezione della figura umana e del paesaggio è così realistica da rendersi fotografica, ma la pittura, l’uso del colore e del chiaroscuro donano all’immagine la forza dell’emozione, dell’interiorizzazione e poi del racconto. Le rappresentazioni sono tante quante le vite che il loro autore ha vissuto, o che si sono casualmente intrecciate con la sua facendone inevitabilmente parte.
Marco Cecchi non è un artista di carriera, l’arte è il suo modo di vivere e di fermare momenti su cui forse non sa mai fermarsi, un eclettico per vocazione ma mai dilettante, un instancabile osservatore che deve possedere l’immagine attraverso la raffigurazione; tutto questo e molto altro, raccontato in un fiume di parole, è soltanto la superficie. Per sua ammissione si identifica con il Minotauro: metà uomo e metà mostro, sicuramente è l’apoteosi delle storie che affollano la sua mente senza un ordine apparente.
È stato accusato di essere privo di un background culturale, ma sembra piuttosto che una tale mole di esperienze e di lavoro sia semplicemente eccessiva per essere espressa in una sola forma. Come si dice: nessuno è profeta in patria. www.marcocecchi.net