Contro cliché e luoghi comuni. Per sfatare i tabù, avvicinando la filosofia alla gente. E viceversa. Ischia capitale del pensiero, per quattro giorni: dal 24 al 27 settembre, l’isola ha ospitato “La Filosofia, il Castello e la Torre”, il primo Festival internazionale di filosofia. Oltre cinquanta relatori, una piccola cittadella del libero pensiero affacciata sulla baia di Cartaromana. Talk, dibattiti e laboratori in contemporanea: ingresso libero per esperti, appassionati e semplici curiosi. Nel settembre votato alla cultura (Ischia ha ospitato anche “Pe’ terre assaje luntane” e “Incontri nel verde”), ha preso forma l’edizione numero uno di un evento che ha trasformato l’isola in un pensatoio aperto. Che ha abbracciato la Torre di Guevara, il Castello aragonese e la città sommersa di Aenaria. Finestre su una bellezza da contemplare e su cui riflettere. Punti privilegiati di osservazione sul mondo. Con la direzione scientifica di Raffaele Mirelli, giovane filosofo ischitano laureato alla Federico II prima del conseguimento del dottorato di ricerca all’Università di Friburgo, in Germania, il Festival si è interrogato sul ruolo del filosofo, sull’applicazione pratica della disciplina nella vita quotidiana e, non ultimo, sulla definizione stessa della filosofia. Partendo da quelle raccolte in strada: casalinghe e impiegati, commesse e avvocati hanno provato a sintetizzare il significato della madre di tutte le discipline. Regalando sketch irresistibili, certo (le clip sono sulla pagina Facebook di “La Filosofia il Castello la Torre”), ma anche spunti di riflessione, puntualmente raccolti nell’intensa quattro giorni di Ischia. Nella quale, per dirla con Mirelli, “il filosofo è stato chiamato a ri-presentarsi al pubblico, prendendo coscienza delle difficoltà applicative legate alla sua – ahimè – poco chiara identità”. Su questi ed altri interrogativi si sono soffermati il filosofo e numismatico svizzero Andreas Urs Sommer, autore di testi destinati al consumo pratico della filosofia come atteggiamento di vita, e Andrea Le Moli, professore associato di Storia della Filosofia presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Palermo, Giuseppe Ferraro, che insegna Filosofia Morale all’università Federico II di Napoli, portando la filosofia tra i bambini ed in carcere.
Con il patrocinio dell’Istituto Italiano degli Studi Filosofici e dell’Università degli Studi di Palermo, organizzato dal Centro Internazionale per la Ricerca Filosofica di Palermo e il Circolo “Georges Sadoul” di Ischia grazie all’illuminato contributo di alcuni sponsor – tra i quali la Fonte delle Ninfe di Nitrodi -, il Festival ha alternato momenti divulgativi a parentesi d’impronta accademica, sostenuti da presenze importanti. E i bambini, proprio loro, sono stati i protagonisti di alcuni pomeriggi all’aperto, dialogando con i filosofi. E provando a spiegare attraverso la filosofia le emozioni, riconoscendole. Di spessore, a impreziosire l’intera manifestazione, la relazione di chi si è per la verità definito un “intruso”, lo scrittore Erri De Luca, protagonista dell’ultima serata nella gremitissima Chiesa dell’Immacolata, al Castello aragonese. “Per la verità – ha attaccato l’autore di “Tu, mio”, omaggio all’isola della sua infanzia – il mio rapporto con la filosofia è del tutto particolare. Sono stato molto attratto dalle teorie dei presocratici, che si ispiravano alla meraviglia del mondo, cercando di trovarvi spiegazioni. Poi, con Socrate, ho iniziato a girare alla larga. Perché a me di conoscere me stesso non importa e soprattutto non mi riduco ad unità. Sono, piuttosto, numeroso ed affollato, fatto anche di assenze. Ingiustificate”. “Tra voi filosofi mi sento un intruso – ha poi aggiunto, rivolgendosi alla folta platea – perché nella mia testa non si sono fermate idee astratte, ma solo quelle legate a un’esperienza fisica. Se dovessi includermi nella categoria dei filosofi, mi definirei un filosofo del corpo, ecco”.
E davanti agli occhi di Nicola Mattera, il sensibile padrone di casa, Erri De Luca – prima di discutere della parola come utensile – ha omaggiato Ischia. “Quest’isola – ha raccontato – rappresenta tutti i centimetri che possiedo. Accadeva una cosa strana, durante la mia infanzia e poi durante la mia adolescenza, almeno fino ai sedici anni. Qui, durante i tre mesi estivi, crescevo. Accumulavo centimetri e ve ne era traccia sul muro, segnando le tacche all’altezza del mio cranio. Al sole e al sole di Ischia devo quella crescita: a Napoli, misteriosamente, nei nove mesi restanti non crescevo. Quanto al Castello, a quest’isola nell’isola, si veniva a fine settembre in gita, con le prime piogge e l’aria fresca. Ricordo distintamente la cripta delle monache: quelle ossa ti restano impresse, mezzo secolo fa si trovavano ancora i resti delle religiose. Amo tornare a Ischia, e qui in particolare. Compiacendomi dei luoghi che restano inalterati. Adoro tornare laddove il tempo si ferma. Ma so che i posti immutabili sono un’eccezione e mi consolo, in fondo, con il fatto che sono un visionario: in fondo mi basta un dettaglio del tempo passato, per ricostruire tutto”.
Il Festival, del resto, si è intrecciato con l’isola e i suoi luoghi, persino con i suoi talenti. Ha abbracciato una Campagna per la sensibilizzazione ad una guida responsabile, che si è tradotta nell’installazione di una serie di pannelli in prossimità di incroci e strisce pedonali: aforismi e frasi tratti da Dialoghi e trattati. Platone & company hanno lanciato un messaggio al territorio. Un messaggio senza tempo, naturalmente.
E due mostre personali hanno arricchito gli spazi della Torre di Guevara: “La Nave Madre” di Manuel Di Chiara, omaggio alle geometrie e ai dettagli delle unità adibite al trasporto merci; “Verticali” di Gabriele Renzullo, materiali plasmati alla ricerca di forme e significati. Una ricerca continua, filosofica, costante. E a chiudere il Festival, il teatro. Con la rappresentazione de “Il viandante e la sua ombra”, un dialogo tratto dall’opera di Nietzsche “Umano, troppo umano”. Adattamento e regia di Salvatore Ronga: la performance dell’attore isolano Roberto Scotto Pagliara ha coinvolto gli spettatori, conducendoli nei meandri della filosofia. E disarmandoli. “E’ stata una prima edizione carica di contenuti e con un’ottima cornice di pubblico – ha sottolineato Raffaele Mirelli a conclusione dei lavori – il miglior viatico possibile per fare di questo Festival un appuntamento fisso, con evidente richiamo internazionale, nel cartellone culturale dell’isola d’Ischia”.
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text_Pasquale Raicaldo | photo_Dayana Chiocca