Friday, November 22, 2024

L’ITALIA A CANNES CON PERICLE IL NERO

IL NOIR DI GIUSEPPE FERRANDINO “PERICLE IL NERO”, EDITO CON SUCCESSO DA ADELPHI, DIVENTA UN FILM PRODOTTO DALLA (FORSE EX NEL PRIVATO) COPPIA PIÙ BELLA DEL CINEMA ITALIANO, VALERIA GOLINO E RICCARDO SCAMARCIO. CHE INCARNA IL PERSONAGGIO IDEATO DALLO SCRITTORE ISCHITANO, FIGURA IMMERSA, INSIEME ALLE ALTRE, IN UNA COMMEDIA SURREALE CHE, DIETRO SIPARI DI IRONIA E AZIONE, NASCONDE LE IMPALCATURE SEGRETE DELLA TRAGEDIA.

Il suo nome è Pericle Scalzone. Ma il boss per cui lavora, Luigi Pizza, lo chiama Pasquale. Perché il suo vero nome – dice – lo fa ridere. Non è un genio del crimine organizzato, un burattinaio che attraverso le sue marionette orchestra attività illegali ricavandone rispetto o quattrini a palate. Pericle è un malavitoso di mezza tacca, temutissimo per la sua ferocia e freddezza. Di mestiere sodomizza la gente per conto di un boss di Napoli: se qualcuno sgarra, don Luigino lo convoca, lui si spalma ‘il pesce’ di pasta antibiotica, e punisce i malcapitati dopo averli storditi con un sacchetto di sabbia in testa. Pericle vive alla giornata e dalle sue losche imprese guadagna al massimo il necessario per qualche ora di svago. Esperto nel correre sul filo del rasoio, prototipo del disadattato per vocazione, violento per purissimo istinto, disincantato per legittima difesa. Per lui, il lettore non prova mai autentica repulsione; anzi, lo intriga con la marcata impronta caricaturale delle sue avventure, crude finché si vuole, ma ironiche quanto basta per ricordarci che sono raccontate da un brillante sceneggiatore di fumetti, Giuseppe Ferrandino, e non estrapolate dalla cronaca voyeuristica di un telegiornale.

Pericle Scalzone è il protagonista di uno dei noir italiani più belli degli ultimi decenni: “Pericle il Nero”. Pubblicato nel 1993 per Granata Press con lo pseudonimo di Nicola Calàta, passa del tutto inosservato nel nostro paese. I francesi, invece, se ne innamorano e due anni dopo quel romanzo esce nella prestigiosa Série Noire dell’editore francese Gallimard, riscuotendo un lusinghiero successo di critica. Ancora qualche anno e lo staff di Adelphi, abbandonando il proverbiale raffinato snobismo, tenta il rilancio italiano. Siamo nel 1998 e “Pericle il nero” diventa il caso letterario dell’anno.

Don Luigino, Signorinella, il Puzzolente, don Gualtiero, Ciro, Anna e Nastasia. E’ come se Ferrandino aprisse uno squarcio su un ambiente sociale, in cui i protagonisti non sono individui, ma esemplari di una specie che sembra riprodursi per destino più che per fortuna. Tutti intrappolati in una bolgia d’inferno nella quale, ogni volta che si accende una fiammella, sappiamo che si sta spegnendo una vita. Durante una delle sue missioni, stavolta contro un parroco di Forcella, Pericle vede una cosa che non doveva vedere. Compie un gesto che non doveva fare. E da quel momento, viene braccato da tutti i clan camorristici della città.

Il romanzo di Ferrandino è più una comedie humaine dei derelitti in forma di on the road, che noir in senso classico. Certo, nelle pagine del libro c’è tutto il disordine del mondo, l’incrocio dei linguaggi e delle regole contraddittorie, ci sono assassini e delitti, cacciatori e cacciati, uomini senza scrupoli e donne da letto, ossia buona parte dell’armamentario del genere, ma questi personaggi non sembrano essere creati tanto per l’economia letteraria del romanzo, ma quasi incontrati per caso in un mondo, anzi, in una città del mondo, dove di gente così se ne incontra a ogni isolato. Animali costretti in tale stato da un sistema che non permette loro di vivere, e che Ferrandino scaraventa in una sorta di commedia surreale la quale, dietro sipari di ironia e azione, nasconde le impalcature segrete della tragedia.

La forza espressiva, il ritmo secco della scrittura, la tensione della vicenda: elementi ideali per una trasposizione cinematografica. E infatti “Pericle il Nero” è stato per anni uno dei progetti più travagliati del recente cinema italiano. Prima pareva dovesse dirigerlo Francesco Patierno, sguardo  appropriato dopo il tellurico e ombroso “Pater Familias”. Poi delle pagine di Ferrandino si è innamorato Abel Ferrara, celebre regista italo americano e simbolo stesso di un cinema malato, violento e maledetto. Sceneggiature più volte riscritte, coinvolgimento di capitali internazionali, riprese che non partivano mai. Ora finalmente ci siamo. Dietro la macchina da presa il regista toscano Stefano Mordini (“Provincia meccanica”, “Acciaio”), una sceneggiatura scritta insieme a Francesca Marciano e Valia Santella, Buena onda di Valeria Golino e Riccardo Scamarcio alla produzione e l’anteprima al Festival di Cannes nella sezione “Un certain regard”. Sarà proprio l’attore pugliese Riccardo Scamarcio il killer al soldo della malavita che “fa il culo alla gente”, quel villain ferito e disincantato che nell’incontro con una giovane donna (l’italo francese Marina Foïs, una delle attrici del momento), troverà la spinta per (immaginare di) cambiare vita. Il romanzo di Giuseppe Ferrandino è ambientato tra Napoli e Pescara, ma il film sposterà la narrazione a Ougrée, in Belgio, all’estrema periferia di Liegi. Quella che un tempo era la banlieue dei minatori italiani e oggi, dopo la chiusura di miniere e acciaierie, avamposto di frontiera dove convivono maghrebini e siciliani di quarta generazione. Simbolo di quell’Europa sotto scacco di cui ci parlano le cronache. “Napoli è stata usata in continuazione nelle pellicole italiane – si legge tra le note di produzione – abbiamo trasportato la storia in ambienti più asettici”. Un noir sotto il vulcano incandescente prende forma cinematografica nei paesaggi umani del Nord Europa: così Pescara diventa Calais, in Francia, dove si ammassano migranti disperati che tentano di arrivare nel Regno Unito. Anche se non in gara per la Palma d’Oro, “Pericle il Nero” ha avuto la responsabilità di essere l’unico rappresentante italiano al Festival di Cannes. Il terzetto Mordini-Scamarcio-Golino non se ne preoccupa. “Sentiamo la responsabilità – dicono – ma fossero sempre queste…!”.

Text_ Gianluca Castagna

Photo_ Archivio BMI