Friday, November 22, 2024

Love- COME TI SEDUCO LA PUPA

n.09/2006

Photo: Archivio Adriano Esposito
Text: Anna Schiano

 

Alla fine degli anni ’50 e per tutti i ’60 l’Isola Verde era la meta preferita di giovani ragazze d’Oltralpe. Non sapevano che ad attenderle c’erano una schiera di latin lovers, belli, bellissimi coi pantaloni bianchi e la carnagione baciata dal sole. Erano gli anni d’oro di Adriano e Rino Esposito, Ugo Germani, Roberto Ielasi, Tonino Baiocco, Pierino Boffelli, Sandro Petti e tanti altri. Li si poteva incontrare alla “Taverna Antonio” a sorseggiare un bicchiere di vino, ballare il cha cha cha al “Monkey bar”, ascoltare Mina al “Rangio Fellone”, sedurre tedesche alla “Lampara”, baciare una svedese alla “Cambusa”. Si poteva ammirare Claudio ‘ ‘O Spustat’ ballare con una cavalla e vincere la corona di Mister Pazzo, oppure vederlo sulla copertina de “Le ore” come ‘Claudio il parrucchiere nudo’ perché al suo negozio erano ammesse solo sinuose pin up in bikini. L’atmosfera era magica, ogni angolo del porto vedeva sbocciare un nuovo amore. Pasolini visitava l’isola, chiacchierava con Visconti e scriveva “è un posto bellissimo, dove si vive senza nessuna fatica”.

Massimo Ielasi

Chi erano i conquistatori degli anni ’50 e ’60 a Ischia?
Se dovessi sceglier un simbolo di quell’epoca farei il nome di Claudio Esposito detto ‘ ‘O Spustat’, il fratello di Adriano e Rino. Tutti gli altri in confronto non erano niente.
Com’era la vita allora?
Era molto meno cara di adesso. Si poteva uscire tutte le sere con pochi spiccioli. La vita notturna cominciava presto e all’una di notte era tutto finito. Si andava al “Rangio Fellone” e al “Monkey bar”, creato dai fratelli Pignatelli e dove ha cominciato la sua carriera Peppino di Capri. Tutta la Rive Droite era frequentata, c’erano la “Taverna Antonio”, poi “La cambusa”, in seguito Tonino Baiocco aprì “La lampara”, un altro locale bellissimo.
Ci si andava vestiti in modo particolare?
In maniera abbastanza elegante e pur di ‘cuccare’ le ragazze si trovavano i soldi per acquistare qualche capo di abbigliamento. Mio fratello Roberto, ad esempio, di giorno andava a pescare, poi vendeva i pesci ai ristoranti e con il ricavato riusciva a comprarsi qualcosa e ad uscire la sera.
Cercavano di conquistare solo donne straniere?
Sì. Soprattutto nel periodo del dopoguerra erano molte le ragazze del Nord Europa che venivano a Ischia, perché in patria i maschi scarseggiavano.
Che età avevano?
Molte erano anche accompagnate dalle mamme. Il cruccio delle ischitane era che a marzo venivano lasciate dai loro fidanzati che correvano dietro le straniere. Dovevano aspettare la loro partenza a settembre-ottobre, per vedere i ragazzi tornare da loro.
Quali erano le straniere che si lasciavano conquistare più facilmente?
Svedesi e tedesche. Tra i ragazzi nasceva un po’ di rivalità quando si vedeva che uno piaceva più di un altro. Il ragazzo più bello che c’era a Ischia, secondo me, era proprio Claudio. Gli appostamenti si cominciava a farli di mattina da “Michele a mare”. Si vedeva bella gente come Visconti, Peppino di Capri, Pasolini, che scrisse un articolo bellissimo su Ischia citando il lido di Michele. Venne, però di sfuggita, si fermò anche a Casamicciola e al bar “Internazionale” di Maria a Forio. Il più bel locale notturno era il “Rangio Fellone”, realizzato da Sandro Petti, che è stato anche un grande conquistatore degli anni ’50. Mina cantava spessissimo lì, oltre ai ‘Campanino’, e a Fred Bongusto. Un altro luogo di incontro in quegli anni era casa Colucci da Edoardo e Vincenzo, che ospitavano diversi artisti tra cui anche Visconti prima che comprasse la Colombaia.
Le viene in mente qualche episodio divertente legato ai latin lovers di Ischia?
Quando a Ischia si girò il film “Cleopatra”, ricordo che faceva parte del cast un ballerino di straordinaria bellezza, che se ne andava a spasso con il nostro Claudio. Una sera passarono davanti al bar “Dolce Sosta” a torso nudo e con i pantaloni attorcigliati sulle caviglie: le signore eleganti sedute ai tavolini si alzarono per corrergli appresso quasi a saltargli addosso. Era una cosa stupefacente perché catturavano l’attenzione delle persone più delle star di Hollywood. Le ragazze adoravano Claudio perché era autentico e non aveva i modi affettati degli altri playboy.
I ragazzi cercavano di conquistare il più possibile anche per pavoneggiarsi e raccontarsi le storie tra di loro?
Non Claudio, ma gli altri dovevano passare in qualche modo l’inverno.
Ci sono straniere che hanno fatto follie per i latin lovers isolani?
So che Mina era innamorata pazza di Claudio. Un giorno ‘ ‘O Spustat’ si presentò al “Rangio Fellone” all’una di notte. Cantava Giacomo Rondinella, un bell’uomo che negli anni ’50 andava per la maggiore ed era molto seguito dalle ragazzine ischitane. Non appena entrò, Claudio cominciò a fissare la donna di questo cantante, che lasciò il fidanzato per andare proprio da lui. Rondinella, che allora era una star, gli si avvicinò e lo minacciò e Claudio rispose “Se io sono più bello di te e lei vuole stare con me non ci puoi fare niente!”. Il cantante allora gli saltò addosso e Claudio gli assestò un bel pugno in faccia e continuava a dire: “Tenetelo sennò lo ammazzo!”
Perché Claudio era detto ‘ ‘O Spustat’?
Ne combinava di tutti i colori, era strano. Gli piaceva il calcio, per un periodo giocò per una squadra di fuori e andava bene, segnava molti goal. Un giorno, però non si presentò agli allenamenti e l’allenatore lo trovò in albergo che suonava la chitarra. Lo riprese e Claudio gli rispose mandandolo a quel paese: “Nun hai capit nient’ né ‘e pallone né ‘e me, né d’ musica”. Eravamo informati perché spediva cartoline al “Tip Top”, un altro locale di Ischia, dove si giocava a biliardino e ping pong. In una di queste scrisse: “Ho scassato la chitarra in testa all’allenatore e ho detto Basta!”
Chi erano gli altri seduttori?
Io non lo sono stato, ma posso citarti mio fratello Roberto, Tonino Baiocco, Rino Esposito, Pierino Boffelli che ancora adesso è un bellissimo uomo con un fisico molto atletico. Sono tutti ragazzi che hanno mantenuto nel tempo il loro fascino.
Non c’era invidia tra questi ragazzi riguardo le capacità più o meno sviluppate di ognuno di fare conquiste?
Assolutamente no: c’era una grande amicizia, giocavano anche a calcio insieme e si divertivano. Claudio per un periodo fece il parrucchiere, un giorno era tartassato da una ragazza mentre era al suo negozio e seguiva una signora che era sotto al casco. Ad un certo punto si allontanò con la sua ammiratrice e al ritorno ritrovò la donna con i capelli tutti bruciati. I ragazzi non avevano difficoltà ad ‘acchiappare’ le straniere perché erano dei bei giovanotti e le donne venivano in Italia appositamente per conoscere uomini.
Secondo lei gli ischitani avevano una marcia in più rispetto ai napoletani e ai continentali in generale?
Il fatto è che gli isolani sono più autentici, non sono sofisticati, avevano un che di ‘selvatico’ che piaceva molto alle nordiche. Il “Bar Internazionale” di Forio ha avuto un grande successo perché la sua proprietaria Maria pur non avendo studiato era molto intelligente, trattava i clienti che erano artisti e letterati come se fossero persone comuni, senza cerimonie e la cosa era molto apprezzata. Allo stesso modo le tedesche venivano qui e ammiravano la semplicità, la naturalezza e la spontaneità degli isolani.

Adriano Esposito

Quali sono stati i primi ‘sciupafemmine’ ischitani?
Peppe Messina detto ‘il Compare’, Ugo Mazzella, il più distinto tra tutti i viveurs di Ischia, proveniva da una famiglia di medici e si spacciava per uno di loro, era capace di sfilare ai mariti le giovani spose con cui erano in viaggio di nozze. Il suo avversario era Nicola Lancia, un altro ragazzo bellissimo, molto alto, un altro nullafacente, vestiva con pantaloni bianchi e si presentava come comandante di nave. Quando le ragazze scoprivano che erano nullatenenti, li perdonavano perché se n’erano innamorate. Alla fine degli anni ‘50 noi altri sedicenni avevamo a loro due come a esempi da imitare. Ci incontravamo a piazza Croce, una piazza splendida, avvolta da buganvillee, che per certi versi veniva considerata l’antagonista della piazzetta di Capri. L’appuntamento era al “Caffè Diaz”, perché lì si incontravano le ragazze. Ricordo che Peppe Messina ordinava alla vecchia proprietaria Alfonsina di preparargli il ‘solito’: una tazzina con la posa del caffè per lui e invece per la sua ospite caffè o cappuccino. Eravamo poveri, ma cavalieri e non volevamo fare brutta figura. La famiglia di Pierino Boffelli, originaria di Cremona, aveva vicino piazza degli Eroi una vaccheria che produceva latte, ricotta e mozzarella. In pochi minuti, Pierino distribuiva i prodotti nei pochi alberghi che c’erano allora e poi passava il resto della giornata a giocare al bar o a cercare di accalappiare ragazze. Ne acchiappava un numero incredibile. Prendeva diversi appuntamenti in una sera, poi andava da qualche ragazzo meno sveglio e diceva: “Se mi dai una sigaretta ti faccio uscire con una ragazza”. Gli dava le indicazioni riguardo all’albergo e all’ora in cui usciva la bella e gli raccomandava di dirle che lui non era potuto andare, ma aveva mandato un suo amico. Io invece, ero più sentimentale: m’innamoravo sempre.
Come si avvicinavano le ragazze straniere?
Si cominciava di giorno in spiaggia. Ognuno di noi portava con sé la ‘pezza’, cioè l’asciugamano. Qualcuno anche un libro che fingeva di leggere. Quando volevamo conquistare una ragazza, aspettavamo che lei si alzasse per andare a mare, la raggiungevamo e con una frase qualsiasi cercavamo di attaccare bottone. Non conoscevamo bene le lingue straniere, ma a memoria avevamo pronte delle frasi ad effetto da usare senza però importunarle.
Quali lidi si frequentavano?
Il lido di S. Pietro andava per la maggiore. Quando poi cominciammo a stare un po’ meglio finanziariamente Roberto Ielasi acquistò una barca greca, che divenne la base per il divertimento mio e del mio gruppo. Roberto e Pierino erano dei bravissimi sub e raccoglievano nei dintorni del Castello Aragonese moltissime ostriche che portavano sulla spiaggia e aprivano per estrarre le perle che facevano impazzire le straniere e il gioco era fatto. Le invitavamo fuori a bere un bicchiere di vino. Il resto veniva naturalmente, il cielo, la luna e le stelle…! E se dicevano no, significava che ci stavano: le abbracciavamo e con un abile sgambetto facevamo in modo di cadere l’uno sull’altra e… A volte si faceva l’amore anche per strada: non c’erano macchine, ci si nascondeva dietro un pino e si amoreggiava.
Secondo lei le straniere venivano a Ischia per le sue bellezze o perché sapevano che c’erano i ragazzi come voi?
All’epoca nei giornali si parlava dell’uomo latino, anche se in realtà credo sia solo un bluff. Sarebbe troppo presuntuoso dire che venivano per noi. Abbiamo scoperto solo dopo che Ischia costava pochissimo. Il cambio della valuta conveniva alle nordiche e trovavano un luogo meraviglioso, pieno di sole e con un mare spettacolare. Inoltre le donne cercavano l’evasione: arrivavano qui senza la famiglia, in genere in gruppi misti. Gli uomini erano già molto emancipati rispetto a noi: gli scandinavi si mostravano addirittura non curanti nei confronti delle loro donne. Una sera, ricordo, guardavano un incontro di pugilato tra uno svedese e un americano. Vinse il loro concittadino, erano talmente felici della vittoria che non badarono al fatto che noi ce n’eravamo andati con le loro mogli in albergo!
È vero che non venivano solo ragazze giovani, ma anche donne di una certa età?
Quelle più mature venivano appositamente per i ragazzi ischitani. Allora Ischia era circondata da campi. La via Alfredo De Luca era stata appena costruita, la zona di S. Ciro era chiamata ‘Le Pezze’, perché composta da appezzamenti di terreno coltivati da contadini. Quando cominciò la bella vita a Ischia, gli agricoltori cominciarono ad avvicinarsi verso la Rive Droite e piazza Croce: si lavavano e preparavano per bene e siccome erano più grandi di noi si avvicinavano alle straniere di una certa età.
Ancora non ha parlato delle tedesche…
Erano le migliori di tutte perché dopo aver consumato l’amore ti veneravano, coccolavano, lavavano addirittura i piedi. Le più ‘facili’ in generale erano le ragazze che venivano con le suocere: si annoiavano e venivano spinte dalle stesse suocere ad uscire con noi, queste si lasciavano andare perché credevano di avere la loro benedizione, in realtà era un modo per tenerle in pugno tutta la vita. Una volta mi capitò che ero al bar “Calise” con una ragazza che improvvisamente si sentì male per un’intossicazione, la portammo dal medico D’Arco che le fece un salasso e quando si sentì meglio mi confessò che la suocera si era innamorata di me.

Ugo Germani

Come ricorda il periodo d’oro di Ischia?
È iniziato negli anni ’50 con l’apertura della “Taverna Antonio”, frequentata da personaggi famosi come Picasso, Lawrence Olivier, che chiacchieravano con noi. Quando venivano i giornalisti da Milano per intervistarli chiedevano aiuto a noi, che non sapendo chi fossero li trattavamo come persone comuni.
Come ci si divertiva in quel periodo?
Per fare un po’ di soldi avevo installato una doccia sotto al “Rangio Fellone”, che facevo pagare 20 lire. Un contadino con un asinello mi portava ogni giorno un barile d’acqua. Salivo su una scala e versavo un secchio d’acqua. Così la sera si poteva andare al “ Monkey bar”, dove si ascoltava Peppino di Capri. Ricordo che gli chiedevamo di cominciare a suonare alle 20 e 30, anziché alle 20, perché le ragazze cenavano alle 19 e dopo uscivano. In quegli anni si giravano diversi film, come “Scampolo” con Romy Schneider, che in quel periodo era la fidanzata di Alain Delon: lui ogni sera veniva a Ischia da Roma e si riunivano per provare le scene alla Riva Destra e noi li osservavamo dalla Taverna di Claudio D’Ambra.
Chi erano le ragazze che rimorchiavate allora?
C’era una sorta di ‘turismo sessuale’ perché qui venivano donne di quaranta-cinquant’anni, mentre le ventenni erano poche. Dal momento che le ischitane non uscivano moltissimo, io mi davo da fare con queste turiste. Ricordo che Edoardo Colucci, che aveva una delle più belle ville (dove ora si trova l’albergo “Punta Molino”), conobbe un ambasciatore tedesco che gli affidò la nipote giovanissima; Edoardo chiese a me di accompagnarla per un giro dell’isola e ne fui felicissimo. Una notte la portai al “Miramare” di S. Angelo e finalmente pareva che ci stesse, mi chiese se volevamo prima rinfrescarci e io le risposi che potevo attendere che facesse la doccia prima lei. Mi addormentai e fui risvegliato alle quattro di mattina dal ticchettio dei suoi zoccoli che nervosamente facevano avanti e dietro per la stanza. S’infuriò e mi ordinò di riaccompagnarla immediatamente a casa.
Uscivate in gruppo o vi muovevate individualmente per conquistare le ragazze?
Ognuno usciva per conto proprio e cercava di fare le scarpe all’altro, perché c’era sempre quello più insicuro e titubante che osservava i movimenti dell’altro: se questi riusciva a ad abbordare una ragazza, prendeva sicurezza e si buttava anche lui.
Quali erano le sue tecniche per conquistare le signore?
Ciascuno aveva una propria tecnica per fare colpo. Anch’io avevo i miei metodi. Una volta arrivò a Ischia una svedese molto bella ed altissima. In spiaggia prendeva il sole soltanto sdraiata a pancia in giù, perché era timida ed evitava di guardarsi intorno. Tutti a turno cercavano di avvicinarsi a lei senza successo. Quando arrivò il mio turno, distesi il mio asciugamano poco lontano, vi posi le mie cose e dissi: “Vado a fare il bagno, daresti un’occhiata alle mie cose?”. Andai in acqua e trovai una bottiglia di vetro rotta. Pensando di farmi poco male mi tagliai e mi procurai un taglio profondo al polpaccio. Cacciai un urlo e lei accorse con un telo. Credeva che mi avesse morso un pesce per cui mi fasciò la gamba e salimmo su una carrozzella per andare da un medico. In tedesco dissi di portarmi da ‘Tubetto’, il proprietario della farmacia, ma lei capì che volevo andare in pineta (in tedesco i termini pineta e medico hanno un suono simile), pensava fossi pazzo. Io compresi l’equivoco e mi divertii a farle capire che volevo condurla in pineta. Mi fu curata la ferita con 17-18 punti e riuscii anche a conquistare la ragazza.
Quali erano i balli più in voga?
Il twist, ricordo che Rino Esposito lo ballò con la Spaak quando si girò “Vacanze a Ischia”, proprio su una rotonda vicino all’hotel “Il Lido”.
Come facevate a intendervi con le ragazze?
Ce la cavavamo, parlavamo un po’ di tutto. Io mastico un po’ di inglese, francese, spagnolo, tedesco. La voglia di acchiappare le straniere era un ottimo stimolo per imparare a parlare una lingua.
Curavate molto il vostro aspetto quando uscivate, cercando di vestire in maniera elegante?
No, non c’erano le possibilità economiche che ci sono ora. Mia zia mi inviò dall’America una camicia di seta con un drago e ogni volta che la indossavo mi sentivo come Marlon Brando quando interpretò “Fronte del porto”.
Com’erano i playboy della terraferma rispetto a voi?
Quelli che venivano da Napoli, come ad esempio Maurizio Del Gaudio, avevano più soldi rispetto a noi, alcuni di loro addirittura la macchina, ma eravamo noi a gestire i movimenti con le donne: li sfruttavamo per le loro maggiori possibilità finanziarie. Insomma li usavamo per fare bella figura. Io mi rivolgevo a Edo Rovani, perché aveva la macchina e si poteva acchiappare più facilmente. Poi comprò la barca di Arnoldo Foà e io gli insegnai ad usare la vela e le donne abboccavano.
Perché riuscivate a conquistare più voi di loro?
I portieri degli alberghi erano nostri complici e ci tenevano informati sugli arrivi, come Franco Ragona del “Regina Isabella”, Franco Fagiolo, Ugo Di Pompei che era segretario negli alberghi, Franco Amendola. Ci presentavamo al porto al momento dello sbarco oppure direttamente in albergo. Se sapevo che alle otto di sera una doveva uscire con un ragazzo, andavo in anticipo a prenderla dicendo che il vero accompagnatore aveva un impedimento e gli soffiavo la ragazza. Ci facevamo un po’ di sgambetti.
Dove portavate queste ragazze ed esistevano angoli romantici dove sedurle?
Sì, le portavamo nei posti più suggestivi, spesso le invitavamo a fare delle gite in barca, soprattutto di sera. In generale, cercavamo gli angoli più solitari per ‘divertirci’. Andavamo da “Michele a Mare”, dove si pagava poco e funzionava anche come ristorante, perché il “ Monkey bar” era già più caro e non potevamo permettercelo tutte le sere. Era frequentato anche il locale di “Luigi a mare”, un vecchio pescatore che suonava la chitarra. Proprio lì mi è successa una cosa divertente: da una settimana stavo cercando di conquistare una ragazza inglese che non si voleva concedere, ma una sera ci ero quasi riuscito, l’avevo stancata sussurrandole un sacco di cose all’orecchio. Improvvisamente arrivò un napoletano con un giradischi e mise su le canzoni di Elvis Presley. La ragazza si destò e cominciò a ballare. Non ci fu verso di fare più niente. Dopo diverso tempo riuscii a concludere e le chiesi perché fosse tanto restia, lei mi spiegò che i napoletani erano conosciuti come quelli che dopo aver ottenuto ciò che cercavano abbandonavano le ragazze. E non era la verità?
No, io ho sempre fatto in modo che fossero loro a scaricare me perché non volevo offenderle. Noi le conquistavamo dicendo tante sciocchezze che però le donne prendevano per vere. Non volevo che ci rimanessero male, per cui aspettavo che si stancassero di me.
Ha mai preso dei due di picche?
Sempre, spessissimo.
Tra le tante straniere che popolavano Ischia d’estate quali erano le più passionali?
Secondo me le più passionali erano le inglesi. Erano anche quelle che si affezionavano di più e mantenevano i contatti scrivendo lettere durante l’inverno. Ci tenevo a mantenere un rapporto d’amicizia e ad evitare che serbassero un cattivo ricordo di me. Era proprio per questo motivo che per farmi lasciare trovavo diversi escamotage: ad esempio fingevo le partenze. Prendevo la barca che andava a Procida, le salutavo con baci, abbracci, carezze e poi tornavo indietro. L’ho fatto svariate volte.
Mi racconta qualche episodio divertente che le è capitato durante le sue conquiste?
C’era una giovane che cercavo di ‘circuire’ da diversi giorni. Alloggiava alla “Pensione del Calabrese”. Una mattina mi accolse avvolta in un asciugamano e capii, da come mi guardava, che era il momento giusto. Le andai dietro per afferrarla, ma lei si attaccò al lavandino, che all’epoca si trovava nella camera da letto, e cercando di resistermi si aggrappava al collo del rubinetto che ad un certo punto cedette. L’acqua cominciò ad allagare la stanza, io cercavo di tamponare la perdita con un asciugamano. Entrò il proprietario della pensione che si mise ad urlare e chiamò la polizia. Giunse il comandante con due poliziotti e comprendendo la situazione gli disse che non doveva chiedere aiuto alla polizia, ma ad un idraulico.
Le è capitato che qualcuna tornasse anche l’estate successiva per stare con lei?
Sì, una ragazza tedesca che poi è diventata mia moglie.
Vi spostavate anche per gli altri comuni?
La vita notturna era concentrata soprattutto a Ischia Porto. Qualcuno andava a S. Angelo o a Forio. Ogni tanto noi andavamo da Umberto, il nonno degli attuali proprietari del ristorante “Umberto a mare”, perché aveva messo su un piano bar, dove suonava anche Romano Mussolini, confinato nell’isola con la famiglia. Si partiva alle tre del pomeriggio con un autobus sgangherato e poi si tornava dietro cercando il passaggio da qualche barca che da Lacco Ameno trasportava il vino fino a Ischia, altrimenti dovevamo farcela a piedi.