Friday, November 22, 2024

n.02/2005

Photo: Archivio Ischiacity
Text: Dr. NAM

 

Il dottor Nam è uno pseudonimo dietro il quale si firma il nostro esperto di “Affari di Cuore”. Per scrivergli, inviare le tue domande, clicca nella sezione Contatti -> Dr. Nam oppure clicca qui.

Riccardo: Dottor NAM, tempo fa al cinema ho visto un film, credo si intitolasse “Per sempre” con G. Giannini e F. Neri che innamorati ed apparentemente distaccati infine si perdevano. Quindi lui moriva (lentamente) di dolore e lei, poco dopo, moriva (di dolore) per lui. Nel film c´era uno psichiatra che, nel vano tentativo di salvare lui dal suo lento spegnersi, descriveva il male come “il graffio dell´anima”. Secondo lei tutto ciò è possibile? Siamo davvero capaci di superare l´egoismo per morire d´amore? L´anima può essere “ graffiata” a tal punto da non guarire mai?

Disperata 70: Egregio dottor Nam, ho trentacinque anni e all´età di diciotto anni ho vissuto quello che potrebbe definirsi il grande amore della mia vita: una relazione durata circa dieci anni e nella quale credo (fino ad oggi è stato così) di aver provato le emozioni più intense della mia esistenza; relazione finita, ovviamente, per l´allontanamento, non senza periodici ritorni, di lui. Il mio problema è questo: la nostra storia è terminata definitivamente già da qualche anno ed io non riesco più ad innamorarmi. Certamente provo affetto, tenerezza, però mai passione ed emozioni travolgenti. Potrei pensare di non aver incontrato la persona giusta, però mi chiedo perché appena un uomo entra nella mia vita, involontariamente scattano costanti ed estenuanti paragoni con questa figura mitologica che è il mio ex? Aiutami a capire come posso fare a liberarmi di questo fantasma che è nascosto in un angolo buio del mio cuore e della mia mente che mi impedisce di innamorarmi ancora.

Dottor Nam: Premetto che non ho visto il film e quindi risponderò basandomi sui pochi dati che lei mi riferisce, partendo dal presupposto che la situazione descritta nel film sia emblematica e sia soltanto lo spunto per considerazioni di carattere più generale. Ogni tipo di relazione, sentimentale e non, comporta una serie di compromessi, mediazioni, traumi, perdite, sconfitte, più o meno profonde, più o meno dolorose. L´anima resta segnata, “graffiata”, sia in positivo che in negativo, aggiungo e sottolineo: per fortuna. Nel momento stesso in cui inizia una relazione, in qualche modo prende vita qualcosa di nuovo e questo qualcosa difficilmente evolve, se ognuno dei due non acconsente a rinunciare ad una parte di sé stesso a favore del “noi” cioè del progetto che si costruisce insieme. Non intendo fare l´apologia del dolore, cosa che avrebbe un forte sentore di bigottismo e di catechismo da quattro soldi, ma è pur vero che difficilmente si arriva da qualche parte senza la giusta dose di sofferenza e di dolore. Vorrei spezzare un ulteriore lancia a favore del dolore: al giorno d´oggi nulla è più temuto, rifuggito, allontanato, ostacolato, demonizzato del dolore, eppure è un valore che contiene in sé uno straordinario potenziale di positività. Bisogna saperlo accogliere, non rifuggirlo né perseguirlo (sarebbe da folli), ma pensare di sconfiggerlo, mi sembra davvero altrettanto insano. Se mi permette l´immagine un pò curiosa, dobbiamo imparare a considerarlo un sostanziale ed insostituibile alimento per la nostra anima: va lentamente “ingoiato e digerito” e quindi trasformato in nuova sensibilità, nuova energia, nuova apertura di mente e di cuore. È l´unico modo che abbiamo per “addomesticarlo” e trasformarlo in positivo, consentendogli di aiutarci a conquistare qualcosa di noi che prima ci era sconosciuto. “I graffi dell´anima” di cui mi parla non sono altro che le cicatrici che il percorso di crescita ha inevitabilmente prodotto nell´evolversi. In questo senso, quindi, tutti moriamo per amore, in un modo o nell´altro; se vogliamo vedere crescere un rapporto, dobbiamo accettare questo stato di cose, è ineluttabile. Personalmente diffido delle coppie “perfette”, in armonia totale e scevre da problemi, conflitti e dolori, sovente nascondono o una forte prevaricazione dell´uno sull´altro o un accordo posticcio per lo più basato sul nulla o ancor peggio sulla paura di affrontarsi per quello che si è. Quanto al “morire per amore”, lei pensa davvero che questo sia indice di altruismo? di “vero e profondo amore”? Pensa che l´auto-annientarsi per l´altro o per l´impossibilità di coronare il proprio obiettivo d´amore sia sintomo di non-egoismo? Al contrario ci vuole grande coraggio e grande amore per accettare di continuare a vivere senza la persona che riteniamo unica ed insostituibile per noi; ci vuole grande amore e rispetto verso noi stessi e verso gli altri; non credo davvero che ognuno di noi sia assoluto padrone di sé stesso, senza scomodare visioni trascendenti della vita, penso che ognuno di noi abbia un potenziale di sé da investire e da restituire agli altri, certamente non solo verso un unico “altro”. Se poi una perdita definitiva è così devastante da indurci a scegliere il nulla alla sopravvivenza è perché il nulla c´era da prima e quella relazione interrotta nostro malgrado ha soltanto nascosto il vuoto. Niente a che vedere con l´amore eterno. E con l´altruismo.

È assolutamente comprensibile che l´alchimia dei 18 anni stenti a ricrearsi. A quell´età vi è una grandissima disponibilità, direi apertura, non soltanto verso l´altro, ma anche verso i sentimenti che egli scatena in noi. Vi è fiducia e curiosità. Non vi sono paletti o muri alzati dalle esperienze, positive o negative che siano, vissute precedentemente; ogni emozione è nuova ed in qualche modo assoluta. Difficile ritrovarsi in questo stesso stato d´animo dopo vent´anni di vita che ci stratificano addosso gioie e dolori, perdite e faticosi ricuperi. Le esperienze fatte, sofferte o non, ci strutturano, ci irrigidiscono, ci rendono meno malleabili, più scaltri, più cinici, più smaliziati, meno comprensivi, meno disponibili ai compromessi, meno pazienti. Ma non è così drammatico come sembrerebbe, anzi. Non per niente gli amori dei 18 anni normalmente finiscono male, come è successo a lei. Forse sto per dirle qualcosa che la deluderà un pò, ma credo che nell´amore ci voglia una bella dose di misura e di equilibrio, insomma un bel pò di testa oltre che di cuore. Una parte di lei l´ha capito, per questo saggiamente stenta a “prendere il volo”; un´altra parte invece resta legata al passato, pur relegando il suo ex al ruolo di “mito”, di “fantasma” cioè ad un qualcosa che non appartiene più alla realtà, ma al sogno, all´immaginario, al desiderio. Temo tra l´altro, che se questo “mito” si rifacesse avanti, probabilmente lei scoprirebbe di non provare più verso di lui quelle “emozioni travolgenti” su cui fantastica oggi. Deve superare questo “strabismo” ed abbandonare al passato i fantasmi, non solo del suo ex, ma anche di quella che era lei allora. Non consideri la difficoltà a lasciarsi travolgere ed ad abbandonarsi alla passione come un suo limite, quasi una menomazione. Non è così, semmai questa è la sua forza, il segno che gli anni sono passati, che è cresciuta, è cambiata, è diventata adulta, e come tale finalmente capace di proteggersi e di volersi bene molto più di prima. Rinunci a misurare il presente con il regolo del passato e abbia più fiducia nella donna che è oggi, potrebbe scoprire che ci si può innamorare anche a poco a poco, senza “emozioni travolgenti”, ma con altrettanta intensità. Anche con la testa, appunto.