text_Riccardo Sepe Visconti
Vincenzo Migliaccio, per tutti Enzo, è morto il primo settembre scorso e con lui svanisce la bella figura dell’autentico libraio, quel genere di mestiere che nessuno è più in grado di fare – perlomeno bene. Enzo conosceva i libri, ne respirava la polvere e ne palpava l’inchiostro, si divertiva, perfidamente, soprattutto a scartarli: ben pochi autori, di fatto, superavano la sua critica – sempre severa, beffarda e soprattutto disincantata. Le sue conoscenze letterarie, insieme all’acuta capacità di catalogare i gusti ed i tic dei lettori, gli avevano permesso di fondare una garbatissima casa Editrice – Imagaenaria – che nell’isola d’Ischia si è ben pre- sto imposta come il punto di riferimento credibile, serio e ragionato, della buona cultura locale, e non solo. Migliaccio, con la sua passione per la ricerca, ha ridato voce ad autori rimasti nella mutezza di vecchi cassetti o nel silenzio di manoscritti mai pubblicati, ma ha anche saputo rinverdire testi autorevoli, da P. e G. Buchner a G. Jasolino, da U. Vuoso a P. Di Meglio passando per le rassegne di G. Di Costanzo e le traduzioni di G. Mengazzi. Sono decine e decine gli autori a cui Enzo diede un carattere… tipografico! La sua libreria, nel cuore di Ischia Ponte, oggi è condotta dalla moglie Barbara che da perfetta compagna ne ha raccolto il testimone.
Per ricordare la sua persona e il rapporto che ho avuto con lui (siamo stati amici, soci, poi le nostre strade si sono separate ma ho sempre seguito la sua attività), pubblico in questo spazio alcuni episodi vissuti insieme che ho rievocato nel mio profilo FB all’indomani della sua scomparsa: da ridere, ironici, talvolta pungenti, com’era Enzo Migliaccio.
QUEST’OGGI sono entrato nella libreria Feltrinelli in piazza dei Martiri (per una precisa missione), è una libreria comoda, perché si trova in centro, ed è ampia, possiede molti scaffali (e parecchi volumi appog- giati sopra), e, tuttavia, non mi piace – perché ho sempre pensato che sia una rivendita di libri, più che una “LIBRERIA” (di quelle con la “L” maiuscola, per intenderci “stile Enzo Migliaccio”). Una libreria, come pia- ce a me, è un posto dove trovi percorsi ideali, ideologici e culturali (c’è poi differenza?!…), non scaffali con algide etichette (e offerte speciali, soprattutto!). Ma veniamo a noi: sono entrato in quell’ampia rivendita per andare a visitare un reparto in particolare, quello su Napoli con il suo sotto-settore Ischia! Ci sono andato per cercare – e trovare! – lo spazio dedicato alla collana della casa editrice IMAGAENARIA. Quella piccola, deliziosa, casa editrice di cultura ideata da Enzo Migliaccio. Enzo, è morto il primo settembre ma la sua creatura gli sopravviverà un bel
po’ d’anni! Lo farà anche attraverso il reparto della Feltrinelli: una piccola nicchia di idee, pensieri, riti, racconti, giochi della vita… dedicata a quell’isola che Enzo (calabrese) scelse. In genere non vado a visitare i sepolcri, non ho il “culto dei morti”, non seguo il monito di Foscolo… ma con Enzo è diverso: visitando la Feltrinelli, è stato come rendere omaggio alla sua (di Enzo) sensibilità ed audacia, ed è stato dolce… perché nello sfogliare quei libri ho rivissuto il tempo in cui li stampavamo insieme, il tempo delle discussioni, delle feroci liti, delle grasse risate, delle riflessioni… Ad Enzo, io, come tanti, devo molto: gli devo parecchie buone letture (ed anche qualche lira guadagnata insieme), e non è poco!…
QUESTA FOTO LA SCATTÒ(la prima) Enzo Rando che insieme a me fece da testimone, il giorno in cui Barbara ed Enzo si sposarono. Sapendoli atei, per sfotterli, comprai due fedi (d’argento) e mi accordai con l’Ufficiale di Stato Civile del Municipio di Barano (dove i coniugi Migliaccio si unirono) – il dr. Pesce – affinché, sia pure irritualmente (il matrimonio civile non prevede lo scambio delle fedi!), venisse celebrata questa scena un po’ teatrale… Con mia sorpresa Enzo accettò senza scomporsi e… il loro matrimonio proseguì allegramente per tutti questi anni…
UNA SERA CI RITROVAMMO insieme a mangiare al vecchio Focolare (quando quel ristorante si trovava a metà strada di via Cretaio), credo fosse il 1999 e allora, come oggi, si avvicinava ai tavoli (con un certo garbo) Riccardo D’Ambra, il proprietario, e ne approfittava per raccontare ai commensali qualche “fatterello” che legava l’Isola al suo modo di intendere la gastronomia: quella sera ci tocco una “terribile sleppa” su un tal venditore di rane a Napoli che girava – secondo il racconto del nostro anfitrione – per i quartieri con i poveri animali infilzati in una canna di bambù! Riflettendo che a Napoli, specie nella zona di Piazza Garibaldi, non si ricordano troppe paludi, ini- ziammo a punzecchiare Riccardo sostenendo (come fino all’ultimo restammo convinti) che ci stesse “abboffando di puttanate”; però promuovevamo le nostre tesi (quelle delle puttanate) in modo lieve e canzonatorio, non certo brusco. Fatto è che, sia Enzo che io, avevamo bevuto parecchio vino rosso e, per questo motivo, eravamo un po’ alticci (Enzo l’alcol lo reggeva molto meno di me). Fu così che Riccardo D’Ambra (che non ha un gran senso dell’umorismo) si incazzò e una volta che il conto fu pagato, si avvicinò col denaro in mano, lo arrotolò a mo’ di sigaretta e lo infilò nel taschino della camicia di Enzo. Il mio commensale, anche frastornato dalle risate e dal buon rosso, percepì la cosa come un gesto di simpatia, pensando: “Riccardo c’ha voluto offrire la cena”! Dovetti spiegargli che le cose stavano ben diversamente: Ric- cardo ci aveva ridato il denaro perché – offeso – ci stava cacciando!… Uscimmo piegati in due dalle risate e, personalmente, ancora dopo tanti anni ricordo quell’episodio sghignazzando… P.S. Con Riccardo D’Ambra, naturalmente, in seguito ricomponemmo il rapporto tornando – graditi ospiti – a frequentare la sua ottima cucina.
ERO ANCORA SPOSATO quando frequentavo la vecchia libreria – quella che s’allagava ogni volta che c’era l’acqua alta – al piazzale delle Alghe di Ischia Ponte: un po’ perché m’intrigava l’ambiente, un po’ perché m’intrigava poco mia moglie, ancora di più perché mi divertiva il cinismo di Enzo, molto anche perché avevo assai tempo libero e ne trascorrevo parecchio (in piedi!) in quella bottega. Fu così che un giorno andai al negozio di Galano e comprai un paio di sedie, di quelle pieghevoli “tipo regista”, che impiantai in libreria. Finalmente avrei potuto chiacchierare non più appollaiato sui gradini che portavano al soppalco ricavato, come dire, in modo assai approssimativo in quell’angusto spazio. Ma purtroppo quelle sedie divennero – subito – oggetto del desiderio di una gran quantità di avventori-cazzari e così, fatta eccezione per una prima brevissima stagione simile al soffio di un’autentica “primavera”, capitò che rimasi nuovamente in piedi: ogni volta che arrivavo c’era sempre qualcuno che s’era preso la sedia prima di me (una sorta di avviso per ciò che nella vita mi sarebbe capitato anche altrove)…
DI BARBARA, colei che diverrà in seguito sua moglie, ricordo so- prattutto l’abbinamento al rintocco delle campane. Già, perché nei primi tempi della frequentazione della libreria da parte di Barbara, lei lavorava fino ad una certa ora della sera e si liberava abbastanza tardi: giungeva quindi a notte inoltrata (una delle caratteristiche – specie in estate – di quella libreria era che praticamente non chiudeva mai!), in un orario dove non si sentiva granché il traffico (all’epoca non esisteva la ZTL). Era, perciò, assai strano sentire che ogni 15 minuti le campane del campanile, forti di un “viatico d’alto loco”, rintoccavano con una certa arroganza e spudoratezza, squarciando il silenzio e impedendomi, di fatto, di rilas- sarmi… Barbara parlava con una voce lieve, spesso impugnando un bic- chiere di vino rosso ed io, che già allora ero mezzo sordo, per via di quei DinDon ogni quarto d’ora venivo tagliato fuori dai pettegolezzi che i fu- turi nubendi si scambiavano. Sono ricordi che inducono “sofferenza”!!!
ENZO M’HA INSEGNATO il lato ironico (e liberatorio) del cinismo. Un cinismo amorale, non immorale, come si addice alle persone “con il sale nella zucca”, poste al bivio di una scelta: ipocri- sia o cinica realtà…