Text_ Emma Santo Photo_ Dayana Chiocca
A QUASI UN ANNO DAL VIDEO-APPELLO DEL REGISTA DE IL POSTINO PER L’ISOLA VERDE COLPITA DAL TERREMOTO, LA KERMESSE IDEATA E PRODOTTA DA PASCAL VICEDOMINI GLI ASSEGNA LE “CHIAVI DI ISCHIA”, NELLA SERATA DI PREMIAZIONE AL PARCO ‘O VAGNITIELLO. E DOPO IL SUCCESSO DEL BIOPIC SU BOCELLI, RADFORD ANNUNCIA TRE NUOVI PROGETTI CINEMATOGRAFICI.
Si racconta nella nostra lingua – e lo fa egregiamente – il regista britannico Michael Radford. Si muove per L’Albergo della Regina Isabella con la disinvoltura di chi si sente completamente a suo agio, tra le mura sorte per una fortunata intuizione di Angelo Rizzoli, che hanno imparato a conoscerlo altrettanto bene, fin dalle prime edizioni dell’Ischia Global Film & Music Fest. A pochi giorni dal terremoto che ha devastato Casamicciola, quel terribile 21 agosto 2017, Radford aveva lanciato un video-appello: “Non vedo l’ora di tornare con la mia famiglia, è un posto incredibile, che rimane sempre nel nostro cuore”.
Quasi un anno da allora, e quella promessa l’ha mantenuta. L’isola gli ha espresso la sua gratitudine assegnandogli le Chiavi di Ischia, riconoscimento conferito anche a Mara Venier durante la serata di gala organizzata in grande stile al parco balneare ‘O Vagnitiello. “In questo festival premiano gli ambasciatori della cultura nel mondo e i divi di Hollywood. Io non ho capito ancora se sono l’uno o l’altro. Ma ho capito di essere drogato della bellezza dell’isola” dice il regista de Il Postino. L’anno scorso, Radford ha portato sul grande schermo il biopic musicale su Andrea Bocelli, La musica del silenzio – di cui è anche co-sceneggiatore insieme ad Anna Pavignano – liberamente tratto dall’omonimo romanzo autobiografico del celebre tenore toscano, che ha potuto riabbracciare in questa 16esima edizione del Global Fest. La pellicola racconta i momenti salienti della vita del grande artista, del suo cammino tortuoso e doloroso fino alla consacrazione nel panorama musicale mondiale. “Non è facile realizzare un biopic su qualcuno che è ancora in vita – spiega Radford. Spesso per Bocelli è stato difficile capire cosa stessi facendo, è capitato che mi chiedesse perché ci fosse quella determinata scena che non corrispondeva ad un evento realmente accaduto. Ma la vita non ha un impianto drammaturgico e quindi la scrittura deve darle un senso. Ho raccontato delle cose che funzionavano sullo schermo, invece di limitarmi a rappresentare la realtà tout court. Ad esempio, da giovane Andrea aveva una voce bianca, ma c’era un buco nella sua storia, nel passaggio al timbro tenorile. Così, ho aggiunto un dettaglio inventato, decidendo che l’avrebbe persa in un momento drammatico”.
“Non parliamo di documentari ma di film – aggiunge. Come cineasti, non vogliamo fare informazione, bensì offrire una versione romanzata della realtà. Le opere cinematografiche servono anche ad allargare la nostra visione dei temi che scegliamo di affrontare”. A tal proposito, ama citare Aristotele, il quale lodò Omero per aver saputo scegliere, nel ricco materiale mitico-storico della guerra di Troia, un episodio particolare, diventato il centro vitale del poema. “A rendere interessante quell’avvenimento non fu il conflitto in sé, ma il dramma umano”. Un aspetto che ha ritrovato nel grande cinema italiano ed europeo.
La passione per la settima arte è nata in un cine-club, quando Michael Radford aveva all’incirca 16 anni. “A casa e in collegio non si guardavano film – racconta – avevo, però, il permesso di andare in quel circolo, dove potevo fumare liberamente. Lì si proiettavano capolavori italiani, russi, francesi, e ho scoperto registi come Antonioni, Rossellini, De Sica, Truffaut, Bergman. Ero stupefatto al punto che mi dimenticavo persino di fumare. Hanno cambiato la mia vita. Al confronto, quelli di Hollywood (che avrei iniziato a vedere più tardi, a 24 anni) mi apparivano troppo semplicistici, erano pensati per il grande pubblico, non era arte. Mi sembrava incredibile che questi maestri assoluti venissero da Paesi più piccoli dell’America. Ciò che mi colpiva, era l’umanità che traspariva dalle loro pellicole. Da lì, la voglia di girare film umani”.
Cresciuto tra Africa, India e Inghilterra (a ragione si definisce “cittadino del mondo”), fin dalla sua prima pellicola importante – Another Time, Another Place, ambientata in Scozia – è sempre stato affascinato dal’Italia e dal Sud in particolare, e nei suoi lavori ha cercato di andare oltre i soliti stereotipi sui cittadini del Belpaese. Poi, l’incontro con Massimo Troisi che ha portato alla realizzazione del commovente e poetico testamento cinematografico del geniale artista partenopeo. “Eravamo amici – ricorda con emozione il regista – ci ripromettevamo sempre di girare un film diverso da Il Postino, ma per lui l’Inghilterra era troppo fredda e per me Napoli troppo calda. Alla fine lo abbiamo fatto, scoprendo il romanzo di Antonio Skármeta che ora amano in tutto il mondo”. A Ischia, Radford annuncia ben tre progetti in cantiere. Il primo, previsto per il 2020, è l’atteso kolossal storico su Aleksandr Nevskij, a 800 anni dalla nascita dell’eroe nazionale russo. “Ci saranno battaglie su terra e in mare, compresa quella famosa sul ghiaccio. Ma anche una vicenda sentimentale, che lo vedrà dividersi tra l’amore per due donne, una delle quali sarà una principessa guerriera. La sua storia mitica è stata già raccontata nel capolavoro di Sergei Eisenstein nel 1938, eppure oggi non si sa quasi nulla di lui”. Per il ruolo del protagonista, il regista ha in mente Timothée Chalamet, l’interprete-rivelazione di Chiamami col tuo nome. “È magico – rivela Radford – prima o poi farò un film con lui. Troppo giovane per questa parte? Io non penso, a quel tempo a 16 anni si era già adulti”. Coglie l’occasione dell’Ischia Global Fest per definire, con il produttore Mark Canton – altro amico storico della kermesse di Vicedomini – il secondo progetto cinematografico in lista, sempre ispirato al passato. Stavolta, si tratta di un galeone fantasma, affondato nel 1600 al largo della Florida con un enorme carico d’argento. Infine, l’idea di raccontare la vita di un anziano ebreo austriaco scampato alla persecuzione nazista, che oggi è ancora vivo, e ha quasi 100 anni. “Non sarà un film classico sull’olocausto, ma si parlerà della grande umanità di questa persona”.