Text_ Pasquale Raicaldo Photo_ Dayana Chiocca
La sinfonia s’era interrotta così, tutt’a un tratto. Note spezzate, il pentagramma sbriciolato. Come le chitarre, inghiottite dal sisma. Con una, miracolosamente intatta, Matteo decise di ripartire già dopo qualche ora. Suonando l’inno di Mameli, tra le macerie. Da brividi. Il simbolo della ripartenza, quando in pochi ci credevano. Possibile che la storia dei fratelli Di Meglio e del loro Music Store, a due passi da piazza Majo, sarebbe finita con il terremoto? No, evidentemente. Chi fermerà la musica? Non il sisma, decisamente.
Perché questa è una storia di resilienza e coraggio. E oggi che il loro nuovo negozio, dove le nuove generazioni di ischitani imparano a suonare, è una realtà a qualche chilometro di distanza dalla zona rossa, nel cuore di Panza, riannodare il filo dei ricordi è doloroso, ma utile.
La sera del 21 agosto Matteo era a Lacco Ameno. Nicola, con un allievo, in negozio. A pochi metri, la famiglia al completo. Boato, scossone, gli strumenti si distruggono ma la priorità è salvare la pelle, ci mancherebbe: “Si è sgretolato il nostro mondo, in quei pochi secondi che sembravano non finire più. Mica solo le case: è caduto tutto. Ho pensato: ‘Siamo finiti’. Ogni tanto, ancora oggi, continuo a domandarmi se sia davvero successo”.
Ma è tutto tremendamente reale, compresa quella conta dei danni, che arriva puntualissima: “Abbiamo perso l’immobile, il nostro Music Store, e la casa di mamma e papà. E ancora, l’officina di nostro fratello Toni e la sua casa. Appartamenti e attività: un disastro”. Una cifra? Incalcolabile. Ma Matteo è attivo subito, come una trottola, sin dall’indomani, per creare il comitato che intercetterà donazioni e contributi e che oggi pensa alla ricostruzione. Lo chiamano “Risorgeremo nuovamente”, richiamandosi il terremoto del 1883. Quello dal quale Casamicciola seppe rialzarsi. Arrivano le magliette, lui suona una sera sì e l’altra pure. Ci mette il cuore, e qualcosa in più. Sale sul palco, ogni volta più emozionato. A volte trattiene a stento le lacrime.
“Volete sapere quanto ci è costato il terremoto? Non riesco a fare una stima economica precisa – spiega Matteo – ma è il danno affettivo quello più consistente. Oggi soffriamo perché erano stati i nostri nonni a comprare queste proprietà, mio padre ci è affezionato. Ci siamo visti persi, tutti”. Il dolore e la ripartenza. La calcolatrice e i sentimenti. Matteo, che è all’unanimità considerato il talento della chitarra più cristallino che Ischia abbia mai espresso, non si nasconde: “Oggi siamo in affitto con il negozio, a Panza, e il canone è una voce nuova per noi, che avevamo un locale di proprietà. Per fortunata, il contributo di autonoma sistemazione copre, benché in ritardo, il canone di affitto delle abitazioni nelle quali le nostre famiglie si sono dovute trasferire”.
Ma accade anche qualcosa di straordinario, nella storia a lieto fine di Matteo e Nicola. Riconoscimenti ed esibizioni, i fratelli suonano e raccolgono complimenti e attestati di solidarietà. Il video del primo che suona nella piazza Majo spettrale, tra le macerie, diventa virale.
“Siamo cresciuti molto, dopo il terremoto, grazie soprattutto alla gente che ha iniziato a seguirci e ad apprezzarci. Abbiamo avuto il supporto di tantissimi. E’ l’altra faccia del terremoto, se così si può dire. Mio fratello Toni, già carrozziere, è tornato alla sua passione di sempre, la musica. Adesso, quindi, siamo in tre”. Polemiche? Sassolini dalla proverbiale scarpa? “La burocrazia non ci ha aiutato. Bollette da pagare prima che venisse riconosciuta la calamità, dialogo difficile con le istituzioni. E qualcosa che non ha funzionato. Ci siamo rialzati da soli, quando ci saremmo aspettati una mano in più, per esempio, dal Comune”. Usa il termine “rialzarsi”, Matteo, perché la caduta c’è stata. Metaforica, ma non solo. Quella notte, il musicista sgattaiolava da una parte all’altra nel paese sventrato che pareva poter riservare più morti di quanti, per fortuna, se ne sono contati. “Ci siamo rialzati da soli – riattacca – senza prestiti o aiuti economici. Io e i miei fratelli, insieme a papà, con mamma che ci portava ‘a merenna (Ndr. testuale)”.
E ora che succede? “Il bicchiere è mezzo pieno – taglia corto – perché il nostro lavoro di musicisti e commercianti del settore musicale è animato soprattutto dalla passione. Potevamo andare fuori, ma in fondo noi siamo un po’ come le cozze, attaccatI all’isola che amiamo, e che è il nostro scoglio dal quale, nonostante tutto, non vogliamo saperne di staccarci. Siamo qui per gli allievi e per chi ci vuole bene. Come andrà la nostra azienda? Bene, nessun dubbio. Grazie all’impegno e alla passione – e nonostante il terremoto”.
Poi, c’è la ferita che non si rimargina. Quella piazza che resta com’era, il tempo che non scorre più. Risorgeremo nuovamente, come si chiama il comitato. Già, ma come? E soprattutto quando? “Io e i miei fratelli ne parliamo sempre. Non v’è giorno in cui non affrontiamo l’argomento. Ci speriamo e vogliamo crederci. Un giorno vorremmo tornarci, lì. E’ casa nostra. Poi però guardiamo ad Amatrice e ci viene l’angoscia: siamo nelle mani delle amministrazioni”. Chiude gli occhi, Matteo il musicista, e forse rivede tutto, mesi che sfilano via come fossero giorni, un futuro che è un’incognita, lunghe notti senza sonno (“psicologicamente, abbiamo avuto momenti di forte crollo”, confessa). E si accorge che manca qualcosa, anche se il Music Store pare davvero più forte di prima e la resilienza dei due fratelli con la musica nel sangue s’è tradotta in una nuova avventura, che funziona eccome: in centinaia all’inaugurazione della sede, in via Madonna delle Grazie 17, a Panza, in un locale bellissimo, molto più ampio di quello crollato col sisma. “Prima eravamo un microcosmo, ci manca soprattutto questo aspetto: il valore simbolico di piazza Majo, mamma che ci portava il caffè, nonni e zii, l’officina di mio fratello a due passi. Oggi siamo sparpagliati sull’isola. E’ cambiato tutto”.
Poi però sorride e confida: “Voglio essere ottimista, come siamo sempre stati finora. E allora sogno una grande festa in piazza Majo, dove torneremo un giorno non troppo lontano”. Sembra già di sentirla in sottofondo, la sua chitarra che parte con le note dell’Inno di Mameli.