Friday, November 22, 2024

n.07/2006

 

Photo: Redazione Ischiacity
Text: Paola Spadavecchia
Models: Maria Cantone

Ciro De Angelis, con la sua griffe Atelier De A., è uno stilista estremamente eclettico, ama la moda e continua a studiarla per creare cose nuove, aderenti alle esigenze della realtà che lo circonda; è sicuramente un instancabile artigiano, capace di curare personalmente la realizzazione dei suoi abiti avvalendosi di tecniche sartoriali. Lo abbiamo incontrato nel suo atelier nel cuore di Ischia Ponte, al numero 70 di via Luigi Mazzella, per chi volesse avvicinarsi alle sue creazioni, e ne è scaturita un’affascinate conversazione sul mondo della moda con chi lo vive dall’interno.

R: Come nasce il tuo interesse per la moda?

C: Il mio interesse per la moda risale a quando avevo otto-dieci anni, guardavo sempre la storica trasmissione televisiva “Nonsolomoda” e mi piaceva lo spettacolo della moda, questo tendere alla perfezione, era un bellissimo prodotto, affascinante e non si pensava alle ore di lavoro e di prove che ci sono dietro. Forse oggi che sono più addentro so che la sfilata è un punto di arrivo ma tutto il resto… che fatica!

R: A chi ti ispiri tra i grandi stilisti?

C: Sono un possibilista, mi piace avere la possibilità di vestire la donna in modi diversi e quindi avere ispirazioni diverse. Mi piacciono i giapponesi, per esempio Yamamoto, che hanno la capacità di rinnovare forme e volumi. Influenzano la nostra cultura rappresentando ‘l’altro’, quindi qualcosa a cui tendere, verso cui aprirsi, ma prediligo anche la classicità di un Valentino o la tendenza estrema di altri stilisti.

R: Oggi vediamo un continuo guardarsi indietro da parte degli stilisti. È così difficile inventare qualcosa di nuovo? Si è veramente proposto tutto?

C:Nell’ambito delle forme, dei volumi è difficile pensare a qualcosa di nuovo che sia credibile. Il jeans negli ultimi dieci anni ha spopolato e stancato. Si continua invece a innovare nel campo dei tessuti osando accostamenti finora impensabili fino a rasentare il trash. Le linee vengono riproposte continuamente in quanto devono rispettare certe proporzioni e questo ti fa capire che c’è un senso dell’armonia insito in tutti noi oltre il quale una cosa diventa improponibile. Ad esempio, se immaginiamo una scultura classica le sue proporzioni sono inalterabili.

R: Che rapporto c’è tra l’idea e la realizzazione pratica di un abito?

C: Un abito si costruisce da un disegno e la proporzione di un determinato taglio si evidenzia da sola e non può essere sovvertita, la linea deve sposare il corpo. Quando si lavora sul corpo vediamo che la linea deve assecondarlo. È chiaro che se devi vestire una donna che ha i fianchi larghi la linea della vita deve salire, mentre chi ha i fianchi stretti può osare la vita bassa che li evidenzia. Anzi diamo un consiglio utile: fianchi larghi = vita leggermente più alta, fianchi stretti = vita bassa.

R: Su questo prezioso consiglio nasce spontanea una domanda: cosa pensi sia veramente di cattivo gusto nelle ultime tendenze?

C: Di cattivo gusto sono le persone non gli abiti. Il cattivo gusto, il ridicolo, la volgarità sono nel comportamento non nel modo di vestire. Le nostre convenzioni sociali ci impongono canoni abbastanza precisi, penso che questi vadano rispettati in quanto ci permettono ancora di sognare. Vedere le dive in abito da sera durante la cerimonia degli Oscar ci fa sognare di essere al loro posto indossando abiti e gioielli favolosi. Se si rompono questi schemi indossando jeans e T-shirt si rompe anche la completezza del sogno di cui l’abito fa parte.

R: Una definizione di eleganza?

C: L’abito non fa il monaco. L’eleganza è nel movimento, nella grazia, è innata. Una donna elegante sa sottolineare la propria bellezza anche se non è nei canoni della taglia e dell’altezza che oggi ci vengono proposti. Una donna giunonica possiede una bellezza classica, greca che va esaltata e non mortificata.

R: Consigli per la prossima stagione?

C: Bianco, pizzi e sangallo ne saranno i protagonisti anche se non li amo particolarmente, ma sono aperto e penso che ci debba essere anche questo. Come colori rosso, nero azzurro. Scompaiono completamente i pantaloni per lasciar posto agli shorts cortissimi, e l’abito da cocktail, l’abito in tutte le salse, è il must di quest’anno. Ma è importante che ognuno abbracci il proprio stile, che faccia proprie le proposte degli stilisti altrimenti saremmo tutti vestiti allo stesso modo: che noia!

R: La tua collezione per la prossima estate?

C: La mia collezione è completamente basata sui tessuti, dalla stoffa creo l’abito, tendo a fare una collezione unica con abiti da sera che coprono estate ed inverno anche se mi adeguo alle esigenze delle clienti. Nell’ambito delle mie scelte stilistiche costruisco l’abito sul corpo della donna secondo esigenze sartoriali, tutto è basato su una comunicazione tra la stoffa ed il corpo, è questo che crea la linea.

R: La donna più bella che hai mai vestito?

C: Non faccio questo tipo di elezione, le donne più belle sono le mie amiche, mi piace avere intorno persone belle, che mi colpiscono per i loro tratti, ma voglio anche conoscerle a fondo. Per esempio ho un’amica, Clelia Fierro, che rappresenta il mio ideale di bellezza, oppure Maria Cantone. Io apprezzo molto la bellezza che mi è vicina, che vedo, quella proposta dai giornali è troppo lontana dalla realtà, fine a se stessa, invece mi piace scoprirla in chi mi sta accanto ed esaltarla con l’abito che creo.

R: Chi vorresti vestire tra le donne famose?

C: Madonna. Sicuramente. Lei nasce negli anni Ottanta come icona del trash, ma ha sempre creato uno stile rompendo i canoni. Ti faccio un esempio: agli Oscar Halle Berry sceglie di vestire Balenciaga, Julia Roberts Gucci, mentre Madonna si presenta con un Gaultier assolutamente clamoroso e la noti per forza.

R: Cosa vorresti realizzare nella vita?

C: Il mio sogno professionale sarebbe di riuscire a tornare all’artigianato della moda, alle botteghe anni Settanta, dove l’abito nasceva addosso alla cliente. Mi piacerebbe uscire dall’attuale omologazione industriale nel vestire per seguire maggiormente le esigenze del pubblico femminile.

R: Com’è lavorare con le donne?

C: Io ho una cultura familiare dell’universo femminile, ho tre sorelle che hanno stili totalmente differenti, senza contare mia madre, le mie cugine, mia nonna che era francese e cuciva: tutte donne molto forti, le donne sono tante realtà particolari non un universo globale e amo i loro mille caratteri. Ho un ottimo rapporto con loro che rappresentano il mio alter ego, la donna rigenera l’universo perché crea la vita e questo la rende metro di ogni cosa. Amo il loro saper soffrire per essere perfette perché da loro ce lo si aspetta, l’uomo è più facilone. Prima o poi scriverò un libro sulla psicologia della moda, devo ancora osservare e fare esperienza, poi senz’altro lo farò, è un’idea che mi diverte e mi piace provare tutto quello che mi diverte.