Text: Riccardo Sepe Visconti
Secondo il racconto di Giovanni di Salisbury, il filosofo del XII secolo Bernardo di Chartres formulò la frase, divenuta celebre: “Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e innalzati da gigantesca grandezza”; cinquecento anni più tardi il fisico Isaac Newton, riprendendo la figura retorica dei giganti sulle cui spalle ergersi, scrisse all’amico scienziato Robert Hooke: “Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti”. La prima affermazione sembrerebbe imputare la bontà delle nostre intuizioni non al loro essere intrinsecamente valide, ma al fatto che poggiano le fondamenta su costruzioni logiche pregresse e di altissimo valore. Newton, invece, sapientemente sfrutta l’altezza dei giganti considerandola come una sorte di benefit di partenza, ovvero una condizione di maggior vantaggio dalla quale partire ma non sufficiente al raggiungimento di una maggior grandezza: essa, infatti, sembrerebbe dipendere esclusivamente dalla capacità di chi scruta l’orizzonte. Fra gli uomini che hanno saputo guardare al futuro, costruendo nuovi modelli originali e creativi, Steve Jobs è stato sicuramente uno dei più incisivi e visibili interpreti di questi anni; in un famosissimo discorso pronunciato nel novembre del 2005, durante il ricevimento della laurea Honoris causa dall’Università di Stanford, egli disse: “L’unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che fai. Se non hai ancora trovato ciò che fa per te, continua a cercare, non fermarti, come capita per le faccende di cuore, saprai di averlo trovato non appena ce l’avrai davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi, continua a cercare finché non lo troverai. Non accontentarti. Sii affamato. Sii folle”. Ora, poiché Woody Allen, uomo dalla marcata personalità, consiglia di ispirarsi a Dio nella ricerca di un proprio modello (“…Tu mi dai fastidio perché ti credi tanto un Dio”. “Beh, dovrò pur prendere a modello qualcuno al quale ispirarmi, no?”) ho scelto (tra gli altri) Newton e Jobs, stelle di prima grandezza che brillano nell’Olimpo degli Dei, per orientare la mia rotta, infatti capita che mi trovi spesso a considerare me stesso “folle ed affamato”! Ma non solo: altrettanto frequentemente mi arrampico sulle spalle dei giganti e da questa posizione privilegiata mi sforzo di guardare lontano e progettare nuove formule. È più forte di me: la voglia costante di costruire e migliorare prevale sull’accettazione dello stato di fatto, tutto è perfettibile, spesso lo è anche parecchio!… Così, nell’assumere il ruolo, per me imprevisto, di assessore al Turismo di Casamicciola Terme ho scelto di non rassegnarmi a lavorare sugli schemi preesistenti ereditati dai miei predecessori: se ciò che trovo non mi soddisfa ho tutta l’autorità e l’intelligenza necessarie per sovvertire i metodi di lavoro improduttivi e creare dei modelli alternativi che possano dar vita ad un nuovo corso politico. Quello della progettazione, naturalmente! Si tratta di far mie le “pratiche di buon governo” e coniugarle con una visione organica del territorio e prospetticamente innovativa. Qualcosa di vagamente simile accade in scrittura: quando ti ritrovi tra le mani un pezzo che non funziona, piuttosto che correggerlo, il più delle volte, vale la pena riscriverlo, magari reimpostandolo di sana pianta. È come la “sindrome da mayonnaise”: se impazzisce, è tempo perso provare a recuperarla, meglio montarne una nuova. Ora, se penso al lavoro svolto dalle Amministrazioni locali nel settore del turismo negli ultimi dieci/venti anni, non me la sento affatto di rivolgere complimenti ad alcuno. Spesso per ignoranza, altre volte per sciatteria, altre ancora per dubbia onestà si è orrendamente trascurato proprio l’ambito dell’accoglienza e l’isola è divenuta progressivamente meno ospitale e dall’immagine sempre più appannata. Ma se “gli altri” non capiscono o non sanno elaborare un progetto organico, qualcosa per la quale valga la pena di studiare, lavorare e battersi fino all’ultimo istante, ciò non implica che debba rassegnarmi a questa brutta realtà anch’io e con me la grande quantità di gente che condivide il mio pensiero e mi segue in questa impresa. Quest’isola di “giganti” ne ha avuti, guardiamo all’esempio di Angelo Rizzoli e di Vincenzo Telese negli anni ‘50: seppero immaginare un modello moderno e innovativo di turismo, trasformarono profondamente Ischia come mai prima (ognuno facendosi forza del proprio distinto potere – Rizzoli era uno dei più geniali e ricchi imprenditori italiani, Telese un uomo politico intelligente e sensibilissimo alle novità), crearono strutture (alberghi, negozi, l’ospedale), infrastrutture (strade, piazze) e servizi (collegamenti, agenzie, studi scientifici, pubblicazioni, teatro e sale cinematografiche, ristoranti, terme, campi sportivi, etc.); poi, negli anni ’80, fu la volta di Vincenzo Mazzella e Franco Iacono: Ischia si dotò dello stadio, del palazzetto dello sport, dell’avveniristico Centro Polifunzionale del Turismo (aule, sale conferenze, spazi per fiere e congressi, stanze per i pernottamenti, cucine, etc. – tutto per insegnare dalle scuole Superiori fino al diploma di Laurea la Scienza del Turismo a migliaia di ragazzi isolani – oh, se solo i successori di Mazzella avessero saputo continuare quell’opera!…), della piscina olimpionica, di tantissimi nuovi alberghi e migliaia di abitazioni, di nuove strade, del museo della Colombaia, di linee di collegamento marittimo efficientissime e ad alta frequenza, di nuovi impianti per l’approvvigionamento dell’acqua, etc. Di quei progetti, di quelle idee, oggi rimane poco perché manca un piano organico di sviluppo. Sembra che ciascuno dei sei Sindaci sia concentrato esclusivamente sul proprio territorio e non badi affatto alla crescita complessiva dell’isola: di conseguenza, nascono programmi a “velocità e consistenze difformi”, ovvero non può dirsi che Forio, Barano, Casamicciola Terme, Serrara Fontana, Ischia e Lacco Ameno siano allineate nella crescita. La sola politica che si sta diffondendo rapidamente è quella del low-cost: non a caso i maggiori interpreti di questo format di accoglienza, i soci del gruppo DimHotel, hanno registrato le migliori performance di occupazione e soprattutto la più aggressiva e riuscita campagna acquisti di strutture isolane. In tal modo, la famiglia Di Meglio è arrivata a gestire la più grossa catena di alberghi con migliaia di posti letto e centinaia di dipendenti; si prepara per il futuro a creare un lussuoso ed accorsatissimo Centro Benessere sulla collina di San Pietro a porto d’Ischia, ed a concorrere per il varo di una nuova linea di traghetti che soppiantino la dismessa Caremar: oggi, i giganti che guardano lontano sono loro, i Di Meglio. Eppure, io non credo che il futuro dell’ospitalità risieda esclusivamente nella formula delle grandi concentrazioni alberghiere e provo (proprio come quello chef che butta la majonnaise mal riuscita per rifare daccapo la salsa) ad essere quel piccolo-folle-affamato che sale sulle spalle dei giganti per poter scrutare l’orizzonte ancora più lontano… Vorrei dire alla mia gente che, sì, i Di Meglio hanno saputo interpretare con modernità, efficienza e anticipo i nuovi trend dell’economia turistica, perfezionando l’offerta low cost a livelli di assoluta eccellenza, ma il loro format non è l’unico che dovrebbe caratterizzare l’isola. Quello dell’accoglienza gestita in “economia di scala” è solo un segmento, magari consistente, del bouquet di promozioni che noi-isola possiamo sistemare nella nostra vetrina: c’è dell’altro, infatti. Ma, affinché si possano presentare e ben posizionare sul mercato globale dei pacchetti alternativi bisogna ricreare un nuovo prodotto: che abbia appeal, funzionalità, modernità e piacevolezza. Esattamente come gli articoli della Apple: costano di più ma sono vendutissimi. Perché?… Perché hanno una spiccata personalità, bellezza, genialità. Quindi, quello che si deve fare è dare “carattere” e riconoscibilità alle nostre proposte, differenziandole dall’anonimato che, inevitabilmente, finisce per accompagnarsi a quelle di basso costo. Ciò comporta un grandissimo sforzo collettivo di revisione di tutta la filiera dell’ospitalità, organizzandola nel segno della modernità. Infatti, e lo dico a ragion veduta, avendo osservato questa realtà da vicino come assessore al Turismo, noi abbiamo davvero conoscenze, professionalità, strutture, spazi e risorse per creare un prodotto turistico in grado di affascinare e risultare altissimamente vendibile: cosa manca allora?… Manca il piano che unisca questi elementi e li assembli secondo un format di competitività e seduzione. Supplire a questo vuoto è quanto mai urgente ed è, appunto, l’obiettivo del progetto “Casamicciola Villaggio dell’Accoglienza” (su cui torno in maniera diffusa nell’articolo “La mia ricetta per il turismo”): l’idea è far partire dalla cittadina termale una formula turistica che, unendo le piccole e medie aziende in rete, riesca a dare loro un denominatore comune e vincente, fatto di riconoscibilità, stile, servizi e tecnologia innovativi. In questo modo, “folli e affamati”, potremo davvero ritrovarci insieme, sulle spalle dei giganti a scrutare un orizzonte più ampio… [Naturalmente, a condizione che anche i miei colleghi politici raccolgano la sfida!]