n.05/2005
Photo: Barbara Mussi
Text: Barbara Mussi
Il suo nome dovrebbe cambiare, per lo meno in Mediterraneo: infatti delfino comune, Delphinus delphis, una volta abbondante nel nostro mare è oggi a rischio di estinzione. È il delfino dell´iconografia classica, raffigurato negli affreschi di Creta e di Pompei, il delfino che salvò Arione dai pirati riportandolo in patria sano e salvo in groppa al suo dorso. Il delfino comune adulto raggiunge i 2.5 metri ed il peso di 75 kg. La colorazione è variabile: bruno nerastro il dorso e i fianchi, ventre e petto color bianco panna con una serie di sfumature gialle, grigie e bianche lungo i fianchi e il ventre. È riconoscibile un tipico triangolo capovolto scuro, più o meno in corrispondenza della pinna dorsale e un anello nero intorno all´occhio che si allunga in avanti. Recentemente, nell´ottobre del 2003, l´IUCN (International Union for the Conservation of the Nature), ha aggiunto la popolazione mediterranea di delfino comune alla Lista Rossa delle Specie a Rischio. Nonostante la specie sia ancora abbondante in tutto il mondo, la popolazione del Mediterraneo è in severo declino e poiché tutti i cetacei del nostro mare sono geneticamente separati dalle popolazioni attigue (Atlantico, Mar Nero, Mar Rosso) è inutile sperare in un ripopolamento dagli oceani, poiché i nostri delfini si riproducono solo tra loro. Il delfino comune Mediterraneo e il suo habitat sono oggi a rischio per il probabile effetto combinato di alti livelli di contaminazione, catture accidentali e intenzionali negli attrezzi da pesca, diminuzione delle risorse alimentari a causa dell´eccessivo sforzo di pesca, traffico navale intenso, degrado generale dell´habitat. La drammatica diminuzione della specie ha inizio negli anni ´70 e da allora non si è più fermata: delfino comune è scomparso dalle coste spagnole delle Baleari, da tutto il litorale francese e anche dal mar Ligure, dal Tirreno settentrionale e dal mar Adriatico. Comunità isolate ormai vengono ancora osservate solo nel Tirreno meridionale (Isola d´Ischia), nel canale di Sicilia (isola di Malta) e nel mar Ionio (isola di Kalamos). Tutte queste aree sono state definite critical habitat per la specie in Mediterraneo dall´IUCN e proposte come aree chiave nel Piano di Conservazione del delfino comune di ACCOBAMS. Tuttavia ancora nessuna misura specifica è stata messa in atto. La comunità di delfini comuni di Ischia è quindi oggi l´unica unità presente nei mari italiani. Dal 1997 è stato possibile osservare periodicamente un grosso branco di circa 80 individui, spesso diviso in sottogruppi minori. Gli avvistamenti sono stati effettuati nelle acque costiere di Ischia sempre in prossimità del Canyon di Cuma. La presenza costante di neonati nei sottogruppi osservati induce a pensare che il delfino comune scelga l´area del canyon di Cuma come sito di riproduzione durante i mesi estivi. All´interno del branco, 46 individui sono stati foto-identificati sulla base dei marchi naturali presenti sulle pinne dorsali. 19 individui sono stati riavvistati in differenti anni a suggerire una forte fedeltà al sito. L´alimentazione è sempre stata osservata in superficie e si focalizza sulla costardella (Scomberesox saurus) un belonide stagionale molto apprezzato sul mercato locale. Durante la caccia, i delfini accerchiano i pesci appena sotto la superficie dell´acqua, li stordiscono lanciandoli in aria con continui colpi di coda e turbolenza nell´acqua, fino ad afferrarli ed inghiottirli con un rapido scatto in avanti. I pescatori dell´isola raccontano di una cooperazione nella pesca che è ancora viva nei ricordi: il delfino comune o “fera bbona” era distinto dalla “fera malamente” (stenella) e dal “ferone” (tursiope) ed era prescelto dai pescatori per la sua abilità nella pesca al “castauriello” (nome locale della costardella), che ancora oggi accerchia e raduna in “palle” fittissime prima di attaccare e inghiottire fulmineamente. Le “palle” di pesce attirano i nostri pescatori che, approfittando della situazione, stendono la rete a cerchio e raccolgono il frutto delle fatiche dei delfini. Intervistati, i pescatori anziani hanno dichiarato di aver “ricompensato” i delfini cibandoli con una manciata di pesci. Questo tipo di interazione tra delfino comune e pesca locale è stata registrata nel Golfo di Napoli sin dagli inizi del XX secolo (Brunelli, 1932; Police, 1932). Oggi, insieme al delfino comune, anche i “castaurielli” sono in declino: la flotta, che nel secolo scorso contava fino a 100 unità, è oggi scomparsa quasi del tutto. La scorsa settimana, rientrando dopo una giornata in mare, siamo incappati in un enorme branco di pesce azzurro, la superficie dell´acqua era liscia come olio e solo piccole increspature indicavano la presenza dei piccoli pesci. Dopo neanche dieci minuti abbiamo avvistato i delfini comuni, il branco intero, molto sottocosta, di fronte alla baia di S. Montano. Erano le 19.20, e i delfini erano in spostamento per nord ovest, nuotavano veloci e saltavano ovunque. Come sempre molte femmine con piccoli appena nati, giovani e formazioni di adulti. Dopo circa un´ora ad andatura veloce, il branco ha cominciato a sparpagliarsi ed è iniziata l´alimentazione: delfini e pesci su tutto l´orizzonte, uno spettacolo speciale e prezioso, ancora oggi, nelle nostre acque. L´associazione Delphis, che è nata per la tutela di delfino comune in Mediterraneo, si batte per la protezione delle acque del canyon di Cuma, habitat speciale per più specie di cetacei, ma soprattutto territorio privilegiato di una specie rara, a rischio di estinzione nel nostro mare.