Friday, November 22, 2024

NEL CALICE DI TIFEO n.04/2005

Wine

Photo: Enzo Rando

Text: Riccardo Sepe Visconti

 

Nel cuore di Forio, a Panza, in un´antica masseria perfettamente recuperata alle sue origini, sorge l´azienda Pietratorcia. Una cantina ed una terrazza fresca, panoramica e piacevolissima dove tutto l´anno è possibile fare degustazione ed assaggiare i semplici piatti dell´autentica cucina contadina ischitana.

R.: Da quando esiste l´azienda Pietratorcia?
P.: Quest´anno festeggiamo il decennale con un vino del 2004: Pietratorcia è nata sotto la spinta dell´idea, un pò romantica, di non far morire i nostri vigneti di famiglia e ciò ha comportato però di attrezzare le cantine, che risalgono al ´700, con quanto di meglio c´è nel campo della tecnologia enologica. Infatti volevamo da subito un´azienda che potesse competere nel settore dei migliori prodotti italiani, partendo dall´idea che le caratteristiche del vino ischitano consentissero di fare questo.
R.: Come avete cominciato?
P.: Siamo tre famiglie, Iacono, Regine e Verde, e avevamo questi vigneti che era sempre più faticoso mandare avanti e dai quali si ricavava un vino che era sempre più difficile vendere, in quanto produzioni artigianali che subiscono forti oscillazioni nella qualità a secondo delle annate. Quindi l´idea di fondo era di vedere le nostre vigne continuare a vivere, ma abbiamo stabilito subito che accanto all´attenzione al vigneto, tenuto secondo la tradizione, bisognava immettere la migliore tecnologia per la vinificazione perché volevamo ottenere unicamente vino di qualità. Abbiamo usufruito del finanziamento per l´imprenditoria giovanile che ci ha consentito di iniziare anche se poi si deve camminare sulle proprie gambe.
R.: Quante bottiglie producete in un anno e dove le vendete?
P.: Abbiamo una produzione di 100.000 bottiglie l´anno: di queste il 50-60% lo vendiamo a Ischia, dove la nostra clientela è costituita dagli ospiti che vengono qui in vacanza e da una parte dei tantissimi ristoranti e alberghi dell´isola; il 10% va all´estero e il resto in Italia.
R.: Com´è il consumatore tipo del vino Pietratorcia?
P.: Chi viene qui alle cantine sono le persone che hanno imparato a conoscere e apprezzare il vino, grazie all´esplosione di notizie che ci sono state negli ultimi anni sul mondo del vino, con le riviste specializzate e i corsi di sommelier dell´AIS, seguito per il 90% da persone che sono appassionate di vino ma che non lo fanno per professione.
R.: È tutta ischitana l´uva con cui si fa il vino Pietratorcia?
P.: Sì, nella maniera più assoluta, anzi non possiamo assorbire al momento tutta l´uva che i contadini ci propongono: abbiamo 8 ettari di vigna nostri, un paio sono di amici per conto dei quali curiamo i terreni e acquistiamo il 30-35% delle uve da conferitori locali, che abbiamo in parte aiutato nell´adeguare i loro vigneti alle esigenze di una produzione come la nostra, con il reimpianto delle viti e con l´acquisto del materiale necessario alla coltivazione.
R.: Crede che oggi a Ischia si possa vivere coltivando la vigna?
P.: Direi proprio di no, non da ultimo perché non esiste più il podere, sarebbero necessari 5-6 ettari di terreno per produrre una quantità di vino sufficiente ad avere un ritorno economico; dei 300 ettari oggi coltivati a vite nell´isola credo che molti siano da catalogare nei 2000-3000 metri quadri che le famiglie si ritrovano per eredità, in cui si continua a coltivare la vite per tradizione tramandata di padre in figlio.
R.: Ciò significa che comunque quest´arte è destinata a morire sull´isola d´Ischia?
P.: Se non ci sarà un´inversione di tendenza, sì, anche se penso che proprio Pietratorcia ha dato la dimostrazione che il cambiamento in questo senso è possibile e infatti, come accennavo prima, alcuni vignaioli ci hanno seguito, usufruendo anche, quando possibile, delle agevolazioni regionali. Mi sembra un segnale interessante che la tenuta che sta di fronte a noi, la Piromallo, sia stata data in gestione alla D´Ambra Vini e questa vi abbia reimpiantato il vigneto che non c´era più.
R.: Crede sia ancora possibile recuperare l´idea di Ischia come isola del vino?
P.: Ritengo di sì, a condizione che sull´isola si sviluppino una decina di produttori di vino di qualità, anche se sarebbe comunque differente da come lo si intendeva un tempo. Chiamerei Ischia l´isola del paradosso, nel senso che è il primo luogo in Europa occidentale dove è entrata la vite ma non ci siamo mai scrollati di dosso l´idea della viticoltura eroica che facevano i nostri nonni per passare a una viticoltura di alta qualità che consenta di inserirsi in un mercato fortemente concorrenziale. In Italia il consumo di vino in assoluto è molto diminuito, mentre l´acquisto del vino di qualità è aumentato, oggi il vino si sceglie, serve a enfatizzare la convivialità della serata e quindi non ci si rivolge a un prodotto qualsiasi, si predilige la bottiglia di cui si è letto nelle guide o si è sentito parlare. Attualmente solo un intero territorio può dare questo valore aggiunto, per cui bisogna vendere il marchio del vino dell´isola d´Ischia tutti insieme e ci sarà spazio per tutti i singoli produttori.
R.: Quali vantaggi potrebbero derivare da un parziale ripristino del vigneto a Ischia?
P.: La risistemazione dei muri a secco, terrazzamenti efficienti, pendii mantenuti puliti contribuiscono a salvaguardare il territorio, recuperando aree altrimenti abbandonate o che più facilmente verrebbero prima o poi edificate. Intendiamoci alberghi e case dovevano nascere e hanno fatto il benessere di questi luoghi ma oggi ciò che si vende meglio turisticamente parlando è proprio la storia di un paese, le sue tradizioni.
R.: Cosa sono per lei le tradizioni?
P.: È fondamentale per interpretare al meglio il nostro lavoro tenere sempre presente da dove veniamo. Bisogna ricordarsi che Ischia era soprattutto una terra di contadini, ciò spiega, per esempio, l´incredibile diffusione del coniglio, fonte di proteine a buon mercato, in una pezzatura ideale per la famiglia. Mentre, per es., quando si ammazzava il maiale costituiva un problema conservare una grande quantità di carne, pensi che per farlo si arrivava a mettere le costolette di maiale sotto vino! Un´usanza tipica era di inviare parte della carne macellata ai vicini, questa sorta di dono si chiamava ´u sign´ (cioè il segno) e penso fosse una sorta di mutuo soccorso in modo che si potesse avere ogni volta un pò di carne fresca. In questa politica di aiuto all´interno di una comunità chiusa e autosufficiente, in cui circolava poco denaro, rientrano anche la pratica del matrimonio fra famiglie di contadini e pescatori e il ´cala calà, per cui si scambiavano verdure contro pescato.
R.: Quale spirito c´è dietro l´azienda Pietratorcia: romantico o imprenditoriale?
P.: Entrambe: è difficile dire se viene prima il cuore o l´impresa, nel senso che oggi l´uno non può fare a meno dell´altra volendo essere sul mercato. Il vigneto e la cantina continuano a vivere solo se c´è un vantaggio economico, altrimenti è impossibile, tenendo anche conto del fatto che a Ischia questa coltura è particolarmente costosa perché sfrutta località con pendenze che possono arrivare al 40-50%, il che significa un´ottima esposizione e ventilazione e quindi un grande prodotto ma con tutte le difficoltà e le spese che lavorare quel tipo di terreni comporta. Il nostro prodotto non è particolarmente economico e in un´isola che per decenni ha venduto vino non eccellente non è semplicissimo far comprendere la nostra politica. Siamo riusciti a far diventare il Pietratorcia un vino abbastanza conosciuto, siamo entrati nelle guide, abbiamo mandato le nostre bottiglie all´estero: non ci è mai piaciuta infatti l´idea che i nostri prodotti fossero limitati alla realtà isolana, abbiamo sempre cercato di portarli anche fuori.
R.: Presso le cantine Pietratorcia è possibile anche mangiare: cosa proponete per la ristorazione?
P.: Abbiamo un menù centrato sul coniglio di fossa che alleviamo e uno sul pesce. La scelta di avere anche un ristorante serve a fidelizzare il cliente ai nostri vini bianchi e rossi, che serviamo anche al bicchiere per consentire di assaggiarne diversi. Molti poi si fanno inviare il vino nelle loro città o lo regalano agli amici.
R.: È italiana la clientela?
P.: Sì; stampiamo 50000 depliants l´anno ma la gente per lo più viene con il passaparola tra amici, anche se in dieci anni abbiamo creato una clientela fedele, un club di amici di Pietratorcia.
R.: Progetti per il futuro?
P.: Vorremmo che il nostro vino fosse sempre più apprezzato, che fosse conosciuto a livello nazionale e che questo contribuisse a un rilancio della viticoltura ischitana, in modo che nascessero nuove aziende o che quelle che esistono riuscissero ad affrontare il mercato.

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