19/2008
Photo: Marco Albanelli
Text: Annamaria Rossi
Sento un sacco di persone che al sabato sera vanno a cena all’Oasis, a mangiare la pizza all’Oasis, a ballare all’Oasis. Curiosa di conoscere il motivo di tale eco, un sabato sera mi avventuro anch’io alla volta del Cuotto. Ricordavo una buia pizzeria con musica di sottofondo, ed invece ora mi accoglie un invitante locale di grandi dimensioni, accuratamente arredato: colonne in maioliche vietresi, bianche arcate e travi di legno chiaro da cui pendono lanterne multiformi, un bel pavimento luminoso, e, sul fondo, una capiente veranda climatizzata. Tante piante, tanti fiori tutt’intorno, ricche tovaglie damascate e brillanti bicchieri sui tavoli apparecchiati. Che bellezza! C’è un sacco di gente, la musica allegra invita al movimento. Infatti, nello spazio antistante l’ingresso, un nutrito gruppo di ballerini si cimenta in uno scatenato merengue. Mi siedo verso il fondo, non troppo vicino alla musica, il mio partner non balla, quindi si chiacchiera mentre si sorseggia l’aperitivo prontamente recapitato. Mi guardo intorno, osservo la composizione di questo sabato sera. A me sembra ci sia molta gente, mi dicono invece che solitamente l’afflusso è superiore. I camerieri con camicie immacolate e l’apposito grembiulino di ordinanza, si destreggiano tra le richieste. Su tutti svetta l’imponente mole del patron, Nello Impagliazzo, in giacca blu e cortesia immensa “Vi porto qualche antipasto!”. Ed arriva sul tavolo un trionfo di mare, conchiglie e tentacoli, colori e odori, compreso il polipo cucinato in sei o sette modi differenti. Mentre gusto, continuo ad osservare, mi incuriosisce e quasi mi meraviglia l’eterogeneità delle persone presenti. Ci sono diverse famigliole con ragazzini al seguito, tavolate di giovani allegri e ridanciani, coppie sole forse romantiche, gruppi di coppie d’età con marito in cravatta e moglie fresca di parrucchiere, signore eleganti e modaiole, comitive informali. I saluti ed i commenti spesso s’intersecano tra un tavolo e l’altro, ci si conosce in molti, sembrerebbe quasi un banchetto di nozze anarchico, cerimonia senza troppe cerimonie. Aspettando le cibarie, qualcuno si alza e si lascia travolgere dalle danze. Sono lontana dalla tastiera, ma non abbastanza e quindi posso con un orecchio, quello buono, percepire la bravura del pianista, infaticabile e trascinante esecutore di musica esclusivamente da ballo. Ed a turno molti fanno spola tra il piatto e la pista, giovani, meno giovani e anche di più. Sicché in quel rettangolo adibito all’uopo ci sono, insieme agli indefessi che resistono dall’inizio alla fine della serata, i turnisti, che si alternano tra un mambo e un valzer, diventando spettacolo nel rito collettivo dei balli di gruppo, tutti insieme con gli stessi movimenti, tanto il signore con chioma candida e camicia altrettanto bianca, quanto la giovane brunissima in minigonna e paillettes, accanto ad un impacciato giovanotto che più che altro imita, così come si pavoneggia la quasi animatrice che non sbaglia una virgola. Poi, un pezzo di profumata pizza, birra o vino, un invitante piatto di quelle penne che il giovane chef, dietro il vetro della cucina a vista, sta facendo saltare in un padellone enorme con perizia consumata. Soddisfatto il palato si ricomincia, oppure no. Arriva gente anche più tardi, magari si siede verso il fondo, qui si può anche accendere una sigaretta. Altri piatti fumanti e saporiti mi passano davanti, altri saluti, commenti, risate, allegria, discussioni. Come mi fa notare qualcuno, questo è un locale “trasversale”, ogni tipologia di persona ha un suo rappresentante così da creare un microclima autosufficiente per vivere un paio d’ore come vuoi tu. Se ti va di cambiarti prima di andarci, lo fai, altrimenti va bene ugualmente. Qualsiasi età tu abbia, trovi il modo di trascorrere la serata in serenità, seduto o in movimento, debitamente assistito da un team di gran lavoratori, attenti e scrupolosi nei dettagli. E’ veramente curioso, e anche sorprendente. E’ un’impressione o ci stiamo tutti divertendo, chi per un verso chi per l’altro? Passa il tempo, la serata volge al termine, non è notte fonda ma non era questa l’intenzione. Lascio l’Oasis e mai nome fu più indicato a descrivere il luogo: un’oasi per allontanarsi dagli affanni della settimana, per stare con gli amici, per tornare a casa più sereni dopo le coccole di una splendida cucina e di un’atmosfera festaiola eppur rilassante. Mentre me ne vado la musica continua, movimentati brani anni Sessanta e Settanta. Qualcuno ancora resiste alla stanchezza e continua a dimenarsi, resiste anche il bravo Enzo Di Maio che continua imperterrito e preciso l’ennesima maratona in tastiera e voce, resistono ancora i camerieri che scorrazzando servono e sparecchiano, resiste ancora il sorriso cordiale di Nello Impagliazzo, e resisteranno fino a che se ne andrà l’ultimo avventore. Per ricominciare il sabato successivo, a rianimare per molti il noioso inverno, in attesa della bella stagione che, vista da qui, secondo me deve essere uno spettacolo.