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Photo: Riccardo Sepe Visconti
Text: Maria D´Ascia
Ho il fascino del brizzolo e quello del gruzzolo … ma se avessi un´amante non riuscirei a nasconderlo, mi metterei a balbettare.
M.: La fisiognomica la condanna: ha un aspetto severo e anche un po´ antipatico. Approfondire la sua conoscenza rivela invece l´inganno dell´apparenza…
N.: Nessuno mi ha mai ritenuto antipatico…mi ritengono rigoroso ma non antipatico. Certo, la professione ce la si porta dietro. Ma ricordo la sorpresa di una bella signora – ero giovane, lavoravo in Piemonte – proprio perché ero scevro del caratteristico grigiore notarile.
M.: E´ quello che dicevo: la sorpresa è il fenomeno contrario alle attese. Ma se non avesse fatto il notaio…
N.: Volevo fare il medico: sono un uomo pratico, mi piace esercitare una professione utile e mi sarebbe piaciuto fare il medico. Ma all´epoca non fu possibile. Cominciai a frequentare l´università nel 1960 e scelsi di studiare legge perché mi consentiva di non stabilirmi a Napoli. Poi mi è piaciuto.
M.: Non poco…
N.: Quando faccio qualcosa la faccio con impegno: più che una professione il mio è ormai un sacerdozio.
M.: I confini dell´Isola sono stati un limite o un´opportunità per la sua professione?
N.: Per dieci anni ho fatto il notaio nel nord Italia e ho notato una professionalità che al sud non c´è. Inutile discuterne: al nord sono molto più bravi di noi, in tutto, anche in questa professione che sembrerebbe tipicamente meridionale. Al nord hanno competenze eccezionali.
M.: Però qui a Ischia lei è “il” notaio…
N.: Sì, sono “il” notaio perché sono stato dieci anni al nord e lì ho imparato il rigore dello studio. Devo molto al nord. Innanzitutto sono stato allievo di Edoardo Malagoli, un grande uomo, un uomo inarrivabile, determinante nella mia formazione. Allora di questo non ero consapevole. Successivamente siamo diventati amici, e lui mi ha dato il piacere…mi ha lasciato in eredità la sua tesi di laurea. La moglie me l´ha consegnata dopo la sua morte: la conservo con grande amore.
M.: Notaio, il suo è un osservatorio molto speciale: come appaiono da lì gli Ischitani?
N.: Gli Ischitani…gli Ischitani sono operosi, ma poco rispettosi della legalità.
M.: Da quando ha iniziato la professione i costumi sono cambiati: come si è evoluta nel tempo l´istituzione-famiglia?
N.: La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha agevolato il coniuge debole, la moglie, che prima non era tutelata. Il valore dei beni, invece, è rimasto inalterato. Come la rivalità nelle famiglie. Sono sempre state poco numerose le famiglie concordi nella divisione dei beni. Ma soprattutto, sono ancora le mamme le principali nemiche delle figlie femmine.
M.: Ovvero?
N.: E´ una tradizione secolare quella per la quale si privilegia sempre il figlio maschio. Nelle nostre comunità c´è il matriarcato: a comandare è la madre, non il padre. E questo si riflette in campo successorio.
M.: E come faranno a diventare a loro volta matriarche queste donne così discriminate?
N.: Perpetuando l´ingiustizia subita: sono state vittime, diventano carnefici. L´ho sperimentato: è molto raro che una famiglia privilegi la figlia femmina.
M.: Fino a non troppi anni fa, un paese era fatto dal parroco, dal farmacista e dal notaio. A chi è delegata, oggi, quella funzione rappresentativa?
N.: La politica ha preso il sopravvento. Queste figure non hanno più grande carisma. Oggi la gente, soprattutto nelle nostre comunità, è assolutamente filogovernativa. La causa è anche la disoccupazione: ci si raccomanda agli amministratori. Il vero problema, però, è la loro scarsa consistenza: la crisi che viviamo dipende dalla loro scarsa rappresentatività. Altro che parroco, farmacista e notaio… il notaio è considerato un gabelliere. Può essere stimato sul piano professionale, ma non è più un punto di riferimento. Innanzitutto la cultura dominante è completamente diversa da quella dei miei tempi. Il mio motto è sempre stato “fattell´ cu chi è megl´ e te e facc e spes”. Oggi invece se qualcuno è più preparato, più intelligente degli altri, è malvisto, non si desidera emularlo. E questo per me è un limite. Io, anche oggi che sono vecchio, se c´è una conferenza che mi interessa fuori dall´Isola, parto e vado. Non credo che i giovani lo facciano.
M.: E quando vuole “farsela con qualcuno che è meglio di lei”, chi sceglie qui a Ischia?
N.: C´è sempre qualcuno, io sono una persona umile. Malagoli era un grande amico…io non ho molti amici…la mia vita è semplicissima. Abito al piano superiore allo studio, mi alzo alle 6 del mattino, alle 7 faccio le scale e vengo qui allo studio… lavoro…la sera finisco dopo le 8.
M.: Nel tempo libero, oltre che passeggiare sul lungomare di Citara, cosa le piace fare?
N.: Camminare mi piace molto, ma da quando è morta mia madre, l´anno scorso, ho cambiato itinerario. I miei genitori riposano nel cimitero di S. Angelo, è quello il mio paese d´origine. Vado fino a Panza con la macchina e poi a piedi fino al cimitero di S. Angelo e ritorno. La passeggiata per me è terapeutica: cerco di farla 3/4 volte alla settimana. A Citara vado quando non ho il tempo di andare a S. Angelo.
M.: E oltre che camminare?
N.: Mi piace studiare, è come un vizio. E poi c´è una squadretta di calcio in promozione che seguo insieme a mio figlio. Vado a vedere le partite, mi metto vicino alla rete e insulto arbitri e segnalinee, perché sono tutti venduti. Sono stato squalificato per mesi: durante una partita a S. Giorgio a Cremano rincorsi l´arbitro che non ci aveva riconosciuto un rigore. Lì hanno paura, ricevono intimidazioni. Ma ormai non vado più in panchina, mi sono scocciato di essere espulso.
M.: Quanta passione!
N.: Sempre! Odio l´ipocrisia, il difetto peggiore che si possa avere. Io sono trasparente, non so mentire. Forse perché faccio il notaio. Garantisco la fede pubblica. Per questo non potrei avere un´amante. Ho il fascino del brizzolo e quello del gruzzolo…ma se avessi un´amante non riuscirei a nasconderlo, mi metterei a balbettare.
M.: Tra la campagna e il mare, qual´è la dimensione dell´Isola che le appartiene di più?
N.: Mi piacciono entrambe da morire. A S. Angelo ho una bellissima villa in campagna che si affaccia sul mare. Il mare per me è fondamentale. Noi siamo di origine talassica, l´acqua per noi rappresenta la vita.
M.: Come diceva Edoardo Malagoli…
N.: Sì, Malagoli scrisse un bellissimo saggio sull´uomo talassico che ho avuto l´onore di presentare quando il Comune di Forio gli ha assegnato il “Premio Presenza”. In quell´occasione Malagoli raccontò del suo amore per l´Isola e di come e quando aveva scelto di farne la sua dimora.
M.: “Similia similibus curentur”. Lei è un sostenitore dell´omeopatia…
N.: E´ mia moglie ad essere appassionata di omeopatia. Devo confessare che qualche volta mi fa sorridere, ma anche ammettere che in alcune affezioni funziona, l´ho provato su di me. Io sono un soggetto allergico, all´Isola d´Ischia, ai profumi femminili, ma soprattutto alle graminacee, agli olivi e alla parietaria: nel mese di maggio non sapevo dove andarmene. Poi mia moglie mi ha dato un rimedio omeopatico e da qualche anno, non vorrei dirlo, sto proprio bene. La mia perplessità è che si possa risolvere tutto con l´omeopatia.
M.: La Toscana ha inserito questa medicina non convenzionale nel Piano sanitario regionale 2005-2007, insieme all´agopuntura, alla fitoterapia e alla medicina manuale, definendole medicine complementari non alternative…
N.: Mi fa piacere, non lo sapevo.
M.: Non crede che questa rivoluzionaria integrazione potrebbe essere il cavallo di Troia nella guerra al Comitato nazionale di bioetica, che invece non riconosce evidenza scientifica alle mnc? E secondo lei perché l´Italia continua a non recepire nessuna delle decine di direttive emanate dal Parlamento europeo in questa materia?
N.: La medicina ufficiale è peggio della mafia. Ma bisogna fare attenzione, perché anche la medicina omeopatica sta diventando appannaggio dei ciarlatani. Gli onorari sono esosi, i rimedi non sono mutuabili…
M.: In Toscana sì…
N.: La Toscana è stata lungimirante, indubbiamente. Il nostro ordinamento giuridico è basato sul principio della capacità terapeutica e i farmaci sono sottoposti al giudizio di una commissione, come quella di Poggiolini. Ma con la riforma costituzionale le Regioni hanno enormi poteri in materia sanitaria.
M.: E la lettura? Italo Calvino diceva che “il tuo classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui”. Qual è “il classico” del notaio Arturo?
N.: Questa è una professione assorbente. Io sono abbonato a 18 riviste giuridiche, ho esigenza di aggiornamento continuo: il sabato e la domenica cerco di assolvere a questo compito. Ma sono appassionato di storia dei Papi. Ho tenuto delle conferenze abbastanza apprezzate su Bonifacio VIII e Celestino V. Bonifacio VIII era un uomo affascinante, intelligente, prestante, un dongiovanni anche, ritenuto responsabile dell´uccisione di Celestino V, uomo pavido, equivoco. Io sono uno studioso di diritto, ma benché mi fossi imbattuto in questo personaggio boicottato dalla chiesa ufficiale non avevo potuto approfondirne la conoscenza. In occasione di una visita a Roma con la Fidapa, ormai mi sposto solo con loro, sono stato nei sotterranei di S. Pietro, dove ci sono le tombe dei Papi. Tutte faraoniche, tranne una: una lapide di marmo, in disparte, in un angolo buio, così sporca che non se ne leggeva più l´epigrafe. Ero in compagnia di un amico, abbiamo fatto luce con un accendino e ci siamo chiesti quale fosse la colpa che meritava quella punizione.
M.: L´editore non vorrebbe che si toccasse l´argomento…ma lei ha un passato politico interessante e nel presente l´impegno da difensore civico lascia pensare che ci sia del fuoco sotto la cenere…
N.: Non particolarmente interessante… Nel 1964, stavo per laurearmi, mi chiesero di ‘mettermi in lista´, ma non durò molto. La politica non è fatta per me, in politica ci vuole ipocrisia. Tuttavia mi feci rispettare: posso vantarmi di aver fatto riaprire il cimitero di S. Angelo, che avevano chiuso per salvaguardare gli interessi di alcuni. Ho sempre avuto la vocazione al Masaniello e anche se oggi la mia collocazione sociale mi porterebbe dall´altra parte, preferisco stare con la gente, non mi piacciono i salotti.
M.: E allora perché non “scendere in campo”?
N.: Non me lo posso permettere. Un mestiere devo fare… non ho più l´età… e poi non serve a niente. Bisognerebbe moralizzare la politica, ma è un compito più grande di noi. La politica è faziosa, non è fatta per le persone per bene. Innanzitutto non ti danno la possibilità di farla perché non ti votano. Chi vuoi che ti voti se sei una persona per bene? Aristotele diceva che tra l´eletto e l´elettore ci vuole immedesimazione: in una comunità di ladri, di gente che si arrangia, chi rappresenti? Questo spiega il successo di tanta gente che non avrebbe titolo per andare al potere. Ma figurati se eleggono – soprattutto in sede locale – uno che dà fastidio, che non fa fare la costruzione abusiva, che non procura ‘il posto´ violando le norme sui concorsi… Non ti votano. Perché questa è la cultura che c´è. Ci vogliono secoli per cambiare le cose. Principi antichi ma sempre moderni. La politica è una malattia da cui nessuno è immune, ma io ormai faccio altre cose. Anche all´impegno da difensore civico ho rinunciato, perché è un incarico da accettare solo se conferito all´unanimità. Non concepisco che un magistrato di persuasione, senza poteri, sia oggetto di disputa tra maggioranza e minoranza. Sono stato difensore civico la consiliatura passata perché ero stato eletto all´unanimità: la mia prestazione l´ho data, e gratuitamente, a differenza di altri.
M.: Cosa si aspetta dal domani… qual è il suo stato d´animo attuale?
N.: Non mi aspetto molto. Viviamo un brutto momento. Non abbiamo una classe politica all´altezza del compito: tutta gente riciclata che cambia continuamente schieramento. Manca il senso dello Stato, il senso dell´istituzione, il senso della legalità. E questo si riflette nella vita di tutti i giorni. Come fai a esprimere un ottimismo? La colpa maggiore ce l´ha la Magistratura, che fa politica invece di fare il suo mestiere. Il federalismo che c´è oggi è pessimo. Io sono per il federalismo, ma di ordine amministrativo. E´ inconcepibile che, come nel caso del condono edilizio, abbiamo 20 leggi per 20 regioni.
M.: Pessima idea quella del condono: un espediente per rastrellare denaro, indifferente all´impatto sull´ambiente. Ovvio che le regioni più sensibili abbiano protestato.
N.: In teoria il condono non danneggia l´ambiente, perché presuppone il rispetto delle norme e dei vincoli ambientali. Il problema nasce dall´incapacità delle amministrazioni di impedire e reprimere gli abusi. Tuttavia, la mancanza del Piano Regolatore, l´assenza di regole, ha dato la possibilità di fare ‘il piacere´, di condizionare l´elettorato: i vigili urbani rispondono ai propri referenti politici, che dispongono chi può costruire e chi no. Ma il fenomeno dell´abusivismo a Ischia merita approfondimento: il lo definisco “la ribellione della plebe”, perché negli anni 70 costruivano solo certi personaggi. Con l´abusivismo l´Isola ha superato una povertà endemica e raggiunto l´agiatezza. L´illegalità è diffusa in ogni dove: perché fare una crociata solo contro l´abusivismo edilizio? Gli abusi più eclatanti qui a Ischia hanno tutti l´ autorizzazione. Di fronte a un quadro come questo la povera gente che deve fare, restare a guardare? La legalità è un concetto difficile: la pretendiamo dagli altri, ma noi vogliamo essere liberi. I fenomeni bisogna esaminarli bene, senza demagogia. L´abusivismo edilizio si deve combattere, chi dice il contrario, ma perseguire solo questo obiettivo crea un vulnus in questo equilibrio di illegalità, una rottura nell´equilibrio sociale. Qui viviamo nell´illegalità: chi in un modo, chi in un altro, perché non si può campare. E´ concepibile che per 30/40 anni non si possa aprire nemmeno una finestra? E poi, quando si costruisce, chi demolisce? Ci vuole maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Dove stavo io, in Piemonte, non era concepibile l´abusivismo edilizio. C´era il Piano Regolatore, e dove era consentito si costruiva. Sulla Riviera adriatica, quelle costruzioni di 10/15 piani, hanno tutte la licenza: se noi pratichiamo un´illegalità formale, la loro è sostanziale. Si tratta di corruzione: diversamente come si fa a costruire sulla spiaggia? Perciò bisogna essere cauti quando si criminalizzano certi comportamenti. Responsabili sono sempre le istituzioni. Io da questo osservatorio non ho mai trovato un magistrato, un prefetto, un generale cui ripugnasse costruire abusivamente: tutti a chiedermi come fare. Poi, al punto in cui siamo arrivati… In fondo il reato deve essere considerato tale dalla gente, l´abusivismo non è considerato un disvalore, come accade invece per il furto che suscita riprovazione intima prima che sociale. Chi fa un abuso non si sente colpevole. Per cambiare questa cultura occorrono regole, esempi… Ma da parte di chi? Le istituzioni in 40 anni non hanno prodotto una regola, e la gente non è rimasta a guardare, com´era già accaduto, ripeto, negli anni 70, quando solo alcuni si arricchirono. Prima o poi questo equilibrio doveva saltare. Insieme a mia figlia che deve discutere la tesi di laurea: “L´abusivismo edilizio e la commerciabilità dei beni”, ho continuato ad indagare questo fenomeno. Ebbene, quello dell´Isola d´Ischia è un caso particolare ma non eccezionale: l´abusivismo edilizio esisteva anche nella Russia di Stalin!