Text_ Riccardo Sepe Visconti Photo_ Archivio Palazzo Petrucci e Riccardo Sepe Visconti
Da qualche anno Napoli sta scalando prepotentemente le vette delle classifiche turistiche. In un recente passato, per quanto possa sembrare incredibile, nessuno avrebbe scommesso sulla possibilità di questa Città di farsi meta di viaggiatori (e spensieratezza). Non è un caso che prima dell’avvento (turbinoso) dei tantissimi B&B nel capoluogo campano sussistevano poco più di 200 alberghi (si pensi che la Citta metropolitana conta 3 milioni di abitanti e si faccia un rapido confronto con la vicina Ischia che di abitanti ne conta 60mila a fronte dei quali ha 400 alberghi).
Il grande successo turistico si deve ad un maggiore benessere diffuso, alla moda, alla presunta estraneità del territorio partenopeo agli scenari di guerra e di terrorismo, ma soprattutto – e senza alcun dubbio – queste alte performance d’accoglienza si devono moltissimo alla riforma del ministro Franceschini nell’ambito della Cultura, del Cinema e dell’Arte, con la quale egli ha fatto leva su questi aspetti attrattivi di fascino e dal forte impatto nell’ambito della comunicazione, per promuovere l’Italia quale destinazione preferita. Quando si dice che con l’Arte si mangia!…
Ma, a proposito di mangiare, non venga licenziata frettolosamente la sincera (ed a tratti provocatoria) affermazione di un uomo italiano che di impresa, turismo e cibo ne sa parecchio: si tratta di Flavio Briatore che nella scorsa primavera ha affermato la sua teoria secondo la quale “i milioni di viaggiatori che scelgono di visitare il meridione d’Italia non lo fanno perché attratti da Arte e Cultura, ma principalmente dal buon cibo (per altro non costoso)”.
Insomma, secondo Briatore in molti ci scelgono perché sappiamo cucinare!
Ecco quindi che la funzione della ristorazione assume un ruolo strategico, se non addirittura centrale, nella politica turistica, che è poi la politica economica dominante per una Città che ha perso progressivamente i propri poli industriali e che, in recentissimi anni passati, è crollata anche sotto l’aspetto commerciale.
Il turismo a Napoli ha scalato in pochissimo tempo il posto di attività economica principale.
Basti guardare al rinascimento del rione Sanità per comprendere come padre Loffredo (attraverso la sua personalissima “operazione San Gennaro”) abbia consegnato una nuova identità al quartiere ed abbia saputo disegnare un’enorme quantità di opportunità prospettiche ai tanti che decidono di non migrare e neppure di sottostare al ricatto della camorra. I Decumani, il rione Sanità, la Pignasecca, i Quartieri Spagnoli, la collina di Capodimonte, ma anche una parte del Centro Commerciale che va da piazza dei Martiri a Piazza Amedeo o da via Scarlatti a piazza Medaglie d’oro (passando per piazza Vanvitelli) ed, infine Via Toledo e Corso Umberto devono moltissimo – direi tutto – a questa effervescenza turistica della Città.
Naturalmente (come tra l’altro il professor Stefano Consiglio, direttore del dipartimento di scienze sociali dell’Università Federico II, ha perfettamente sintetizzato nell’intervista pubblicata su ICity 54) bisogna fare molta attenzione a non precipitare nella “Sindrome Veneziana”, ovvero non si deve, per eccesso di avidità, sacrificare l’identità territoriale alle logiche di marketing, provando a mercificare tutto, spesso contraffacendo l’autentico con il cheap (più a buon mercato) in grado di soddisfare le tasche (poco profonde) del turismo massificato.
Ed è su questi ragionamenti che si rende evidente il valore (principale) della “locomotiva trainante” che personalmente identifico in Palazzo Petrucci, nel suo chef Lino Scarallo e, a volerne studiare attentamente la struttura, nel suo ideatore e manager Edoardo Trotta.
Questa locomotiva traina una serie decisamente lunga di vagoni, costituiti dal concetto di ristorazione moderna (finalmente!) a Napoli. Fateci caso: se girate la città di Milano (e naturalmente non solo quella) vi troverete un’enorme quantità di locali (piccoli e grandi) assai stilosi, molto accoglienti e moderni, ma soprattutto perfettamente delineati nel loro concept di filosofia aziendale (Tecno, Green, Bio, Vegan, Meat, Fish, Old Style, Bakery, etc.). E ciò accade perché al Nord più che al Sud intorno alla ristorazione si è sviluppata una forte tendenza a voler/dover caratterizzare ciascuna azienda, profilando un target di clientela individuato con precisione e raggiunto attraverso la filosofia dell’impresa.
A Napoli, a fare da apripista, attraverso una proposta di ambienti integrati e comunicanti, che tuttavia assolvono funzioni distinte (ristorante, bar, spazio eventi, terrazza lounge e molto presto… luxury beach Club) è Palazzo Petrucci dove gli spazi, disegnati dall’architetto Alfredo Galdi, offrono un comfort elegante ed equilibrato che, al contrario dello spirito barocco partenopeo, si apre alla visione di una Napoli che torna meta di viaggiatori, ma questa volta declinata sulle note dell’interazione umana più che del racconto teatrale di ciò che fummo. In altre parole, gli spazi sono costruiti per far sentire a proprio agio gli ospiti internazionali, in un ambiente che cede il racconto di sé al panorama (il Vesuvio e Via Caracciolo la fanno da padrone) e soprattutto cede la propria voce al fascinoso (e misteriosissimo) Palazzo Donn’Anna che, confinante, incombe maestoso alla vista degli ospiti. Tutto è silenziosamente costruito con un’architettura raffinata e funzionale, e questo, direi, è uno degli immensi pregi di questi ambienti. O forse più che un pregio è la sintesi dell’intelligenza di questo posto!
Vorrei che mi seguiste su questo ragionamento (perché, datemi retta, assai presto Palazzo Petrucci verrà imitato da molte altre realtà ristorative…): oggi Palazzo Petrucci offre alla Città una visione complessiva e anticipatrice di come affrontare, più in generale, i temi del turismo e dell’economia che questo settore sta generando e, in prospettiva, potrà maggiormente espandere. Si tratta di assecondare la vocazione dei viaggiatori che scelgono l’Italia, poiché oltre che dall’Arte sono sedotti dal Gusto Italiano. Un Gusto che ha motivo di distinguersi dal resto del mondo per la riconoscibilità dei suoi sapori (legati a viscerali tradizioni e stili di vita locali). Napoli già si racconta nel mondo attraverso la Pizza (e qui andrebbe aperto un lungo capitolo…), ma è famosa anche per molte ricette (ragù, pastiera, sartù, spaghetti ai frutti di mare, parmigiana di melanzane, babà, tortano, etc.) e questo cibo, oggi, per mantenere una sua competitività commerciale sul piano della concorrenza internazionale e della comunicazione globale, deve necessariamente essere declinato in chiave moderna. Ecco che Palazzo Petrucci centra perfettamente l’obiettivo!
Così, come appena pochi anni fa la Città si è avvantaggiata (moltissimo) del rilancio dell’attività (seduttiva) del museo di Capodimonte (la collezione dell’Arte Barocca più ricca al Mondo) e del museo Archeologico Nazionale (grazie ai reperti pompeiani e a una tra le collezioni di statue classiche più importanti del pianeta), oggi può affiancare all’attrazione artistica l’attrazione del gusto.
A parere mio, il Ministro della Cultura, che ha anche la delega al Turismo, farebbe bene a considerare una maggiore interazione con il Ministero dell’Agricoltura (da non confondere con la bislacca idea leghista di svincolare il Turismo dall’Arte per accorparlo all’Agricoltura come fu fatto, con indubbia scelleratezza, con il ministro Bonisoli…), poiché – dopo aver raccolto vantaggi grazie al lavoro sinergico della Città con i presidi d’Arte e dopo la stretta collaborazione con le Film Commission (il ministero ha finanziato pellicole i cui girati enfatizzassero la bellezza di luoghi ritenuti possibili mete turistiche) – oggi è il momento di agganciare (con un progetto di sviluppo sistemico e strutturale) l’economia turistica al dilagante fenomeno della ristorazione. Gli strumenti a disposizione per avviare un progetto governativo di sostegno all’economia della ristorazione sono molti e molto diversi tra loro, dall’abbassamento delle aliquote IVA per talune merci, alla defiscalizzazione per chi investe nel settore, alla concessione di vantaggi per chi acquista prodotti della ristorazione.
In conclusione, ho sinteticamente indicato la strada da seguire per rendere la città (e non solo Napoli) maggiormente competitiva sul piano dell’offerta turistica, ma anche su quello dell’organizzazione dei servizi di accoglienza legati alla ristorazione e contribuire significativamente ad un’ulteriore crescita economica (ed occupazionale) di Napoli; altrettanto sinteticamente provo ad elencare i compiti che il settore della ristorazione, in seguito a questi ragionamenti, dovrebbe assegnarsi:
• impegnarsi sulla qualità ed identità autentica delle materie prime;
• assegnare alla propria azienda una netta personalità e fissare con precisione il target di clientela da raggiungere;
• curare in dettaglio gli aspetti dell’accoglienza e del comfort (bellezza, efficienza e funzionalità) e lavorare sulla preparazione professionale del personale.
Seguendo un tale percorso il successo di tutta la Città sarà inarrestabile, e… a Palazzo Petrucci (con la sua formidabile squadra) spetta il posto di tedoforo in questa spettacolare corsa alla vittoria.
ICITY55