Interview_ Mauro Iovino
Photo_ Dayana Chiocca Archivio Ischiacity
CREDIBILITÀ DEL GOVERNO ITALIANO NELLO SCACCHIERE INTERNAZIONALE, RUOLO DELL’ITALIA SULLA QUESTIONE MIGRANTI, “IUS SOLI”, PROBLEMATICHE DELLA SICUREZZA NELLA RETE, CONCETTO DI “NAZIONE”, QUESTI ALCUNI DEI TEMI TRATTATI NELL’INTERVISTA A FIORENZA SARZANINI, GIORNALISTA DI PUNTA DEL CORRIERE DELLA SERA.
Il 19 e 20 ottobre scorso, il vertice internazionale dei ministri dell’Interno dei 7 Paesi più industrializzati al mondo, racchiuso nell’acronimo G7 – di cui, nonostante la terribile crisi economica vissuta dal 2009, l’Italia ha continuato a farne parte – ha portato a Ischia anche gli inviati di quasi tutti i Telegiornali italiani e quelli dei maggiori quotidiani nazionali: La Stampa, Il Messaggero, Il Mattino e il Corriere della Sera con una giornalista di punta: Fiorenza Sarzanini. E’ stata una decisione naturale quella di intervistare una giornalista importante e qualificata come la Sarzanini, definita nel 2010 da Carlo Riva la “Pasionaria della cronaca”, alla quale nel 2014 è andato il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo “Giornalista dell’anno per la carta stampata”. Nata a Roma 52 anni fa, con mamma napoletana e “casa a Ischia”, sottolinea con una punta di orgoglio e malcelata ironia, Fiorenza Sarzanini è partita dalla gavetta, primo impiego al “Tempo”, subito dopo va al “Messaggero” dove si imporrà con capacità e competenza diventando ‘caposervizio’, per poi essere protagonista del grande salto al “Corriere della Sera”, dove viene assunta come ‘redattore ordinario’ e quindi inviato, qualifica che l’ha portata al G7 a Ischia. Della Sarzanini negli ambienti giornalistici si dice che “quando parli con lei è come se parlassi con i servizi segreti” e non potevamo non iniziare quest’intervista, ad ampio raggio, se non partendo da una valutazione sulla credibilità del nostro Governo in ambito internazionale.
Come giudichi la credibilità sul piano mondiale del Governo Gentiloni? L’Italia appare affidabile e solida?
Sicuramente in questo momento appare più credibile di prima, sarà per il fatto che siamo riusciti ad ottenere delle cose dall’Unione Europea, dimostrando di saper gestire i flussi migratori. Questo per quanto riguarda la sicurezza e il terrorismo; sul resto, soprattutto sul piano economico, secondo me c’è ancora molto da fare.
La personalità (L’Espresso un mese fa ha dedicato una copertina al “partito di Minniti”) dell’attuale ministro dell’Interno (molto volitiva e assertiva) è percepita come un vantaggio o un ostacolo sul piano internazionale?
Al momento è un vantaggio, perché sicuramente è un ministro dell’Interno che decide e che si è dimostrato interventista, rafforzando in questo modo l’immagine esterna del Paese; alla lunga potrebbe, se non gestito in maniera attenta, diventare uno svantaggio – mi riferisco soprattutto alle pressioni interne e non al piano internazionale.
Minniti copre anche (di fatto) il ruolo di Alfano agli Esteri?
Io non lo credo; sinceramente è naturale che il ministro dell’Interno che deve gestire l’emergenza migranti si ‘allarghi’ un pochino sui temi che sono propri della Farnesina, però in questo caso specifico il problema è talmente grande, talmente complicato da affrontare, che Minniti non può sottrarsi rispetto alle relazioni internazionali.
Nei rapporti tra Europa e Nord Africa (Egitto, Libia, Tunisia, Marocco) quale Paese Europeo detta la linea in tema di sbarchi?
La Germania continua a dettare la linea, l’Italia è riuscita a creare questo asse che sicuramente è favorevole, ma da qui a dire che siamo stati noi a decidere ci vuole ancora tempo…
La nostra politica sull’immigrazione (italiana, ma anche dell’UE) è criminale o ragionevole?
Non è né criminale né ragionevole, certamente non può continuare così per sempre. Noi stiamo facendo una politica che è comunque di respingimento, quindi sul breve e medio periodo va bene; ma non potrà essere una politica di lungo termine, per il semplice fatto che non possiamo pensare di fermare i flussi migratori sempre in Libia, sempre in quel paese, perché queste persone, non so se per la maggior parte ma comunque in grande parte, sono profughi. In una seconda fase, dobbiamo riuscire a governarli perché nessuna battaglia si vince imponendo semplicemente il principio di chi è il più forte, dobbiamo riuscire a far capire (e lo Ius Soli era uno di questi strumenti) e a far passare l’idea che l’Italia è un Paese che accoglie, non un Paese che respinge.
Vergognosamente (a parer mio) il Parlamento ha stralciato dal dibattito la legge sullo Ius Soli… Che paese siamo diventati o stiamo diventando?
Vergognosamente è la parola giusta. Lo Ius Soli è un diritto sacrosanto di persone che sono nate e cresciute in Italia, stiamo diventando un paese egoista, e questo secondo me è pericoloso.
I singoli territori (leggi Nazioni) appartengono al popolo che li vive da secoli (ius sanguinis) o anche alle genti che vi si trasferiscono (ius soli)?
Secondo me appartengono a tutti, non c’è una differenza, io vivo in Italia perché ci sono nata e perché sono italiana e voglio che ci stiano persone che ci vivono perché hanno deciso di trasferirsi da noi e vogliono integrarsi. L’unico vero discrimine che ci deve essere è: mi voglio integrare/non mi voglio integrare; tutto il resto sono chiacchiere, una società che si chiude, secondo me, non è una società matura e democratica.
Veniamo ai temi del G7 della Sicurezza: siamo pronti per contrastare seriamente le minacce che provengono dalla rete?
Credo che siamo abbastanza pronti ad affrontare la minaccia, non a vincerla, non a sconfiggerla definitivamente, e la rete sicuramente è uno dei punti più deboli.
E cosa stiamo facendo per rinforzare questo punto debole?
Adesso ci proviamo con l’accordo stipulato a Ischia; sicuramente dobbiamo considerare che la rete viene percepita come un luogo dove ognuno può fare quello che vuole, quindi governarla non è semplice.
La rete doveva essere libera, anarchica ed egalitaria (uno vale uno) invece è diventata il regno degli oligarchi, dominio assoluto di chi gestisce (e possiede) i Big Data, terreno di spionaggio e proselitismo terroristico e paraterroristico. Quali strumenti abbiamo per combattere la cyber-insecurity?
Per quanto riguarda questo aspetto gli strumenti li abbiamo, ma mentre noi ci adeguiamo, loro sono avanti, è una rincorsa continua che alla fine ci costringe a fare cose che possono essere percepite come troppo legalitarie: il problema secondo me è che purtroppo di fronte alla minaccia terroristica a qualche nostra libertà dobbiamo rinunciare.
Rinunciare a spazi di libertà (individuale ma anche collettiva) per aumentare i margini (ed i protocolli) di sicurezza: è questa quindi la strada?
Sì, secondo me sì, perché tutti i Paesi lo hanno fatto, perché se ciascuno di noi non rinuncia a qualche piccolo pezzo di libertà non riusciremo a essere liberi rispetto al terrorismo.
Vorrei parlare con te anche di alcuni temi di politica estera particolarmente rilevanti in queste settimane e uno è sicuramente la Catalogna. Con la sua voglia di indipendenza dalla Spagna, rappresenta una pericolosa frattura in seno alla UE?
Mah, secondo me si è rivelata molto meno pericolosa di quello che sembrava, perché neanche gli abitanti stessi della Catalogna erano così convinti di voler diventare autonomi; secondo me invece, proprio il loro fallimento può servire anche da noi a chi pensa che ognuno può rendersi autonomo. Una Nazione è una Nazione! Ed è bene che tutti convivano, ognuno con le proprie differenze.
Macron, con il “discorso programmatico della Sorbona” ha ridisegnato una (possibile) Nuova Europa sostenuta da tre pilastri: Economia federale; Esercito federale; Polizia federale (con relativo controllo federale dell’immigrazione). Pensi che i temi della sicurezza possano essere affrontati efficacemente se prima la UE non decide (ammesso che sia sufficientemente matura per farlo) di accogliere il programma di Macron?
Macron ha dimostrato di parlare in un modo e agire in un altro, mentre infatti dice ‘facciamo tutto insieme’ poi è andato a trattare da solo (Ndr. La scorsa estate ha incontrato in Francia i due contendenti alla leadership in Libia, tenendo l’Italia fuori dalla trattativa volta a cercare una via di pacificazione nel paese Nordafricano, attraverso cui passa la maggior parte del traffico di migranti) e ha cercato di scalzare l’Italia anche quando era in difficoltà rispetto ai migranti, quindi credo che anche il suo sia un atteggiamento egoistico, l’Europa non funzionerà fino a che tutti non penseranno che bisogna davvero marciare insieme.
Il nuovo corso isolazionista di Washington con la presidenza Trump quanto può danneggiare l’equilibrio mondiale della sicurezza?
Molto, se gli altri Paesi non faranno battaglie insieme per sconfiggere questo atteggiamento.
Ultima domanda: i media nazionali hanno dato (tutto sommato) poco spazio a questo incontro che si è tenuto a Ischia: una congiura per punire Minniti?!… Sii sincera!!!
No! Anzi… Penso che ci sia stata la copertura adeguata, ci sono vertici internazionali di cui nessuno parla.