26/2009
Photo: Redazione Ischiacity
Text: Emma Santo
“Una giornata senza pretese” al cantante Vinicio Capossela non “succede che una volta al mese”. Ad Antonio Precisano, Giuseppe Barbieri e Daniele capita più di frequente, una volta alla settimana, la domenica, quando il mare esilia le onde e la sua voce è calma ed ospitale. Tre uomini che in barca fanno viaggiare la fantasia, che plasma modellini di imbarcazioni a vela con l’aiuto di mani agili ed accorte a ricostruire poppa, prua, scafo, vele e tutto quello che richiede un natante di fattezze piccole, dove la cura del dettaglio non lascia scampo alle imprecisioni. “Vanno a motore?” domanda un gruppo di ragazzini incuriositi da una ‘regata in miniatura’ partita dagli scogli del lido Capitello di Lacco Ameno, pressappoco alle quattro del pomeriggio. Chiaro che no, hanno Eolo che sbuffa nelle vele e, ovviamente, un radiocomando che “tesa e lasca”, a secondo dell’angolatura che la barca ha rispetto alla direzione del vento e della rotta che si decide di farle tenere. Le regole sono identiche a quelle della regata ‘a misura d’uomo’, cambiano solo alcuni ‘minuscoli’ particolari, a partire dalla boe realizzate con palloncini rossi, che delimitano la partenza ed il percorso da seguire. Tuttavia, a dispetto di competizioni alla stregua della Coppa America, nelle gare di questi tre simpatici signori non aleggia la brezza dell’antagonismo, ma ci si diverte senza nulla pretendere, magari solo un po’ di vento favorevole. Il più delle volte si va anche oltre il tempo stabilito, continuando a comandare il timone persino quando il sole ha deciso di abdicare e vien meno la luce, ma non la voglia di continuare.
“Talvolta proseguiamo anche quando è ormai buio, aiutandoci con dei faretti”, racconta Antonio. “Nessuno di noi lo fa con il desiderio di vincere, ma solo per divertimento. Inoltre, l’unica barca da competizione è la New Zealand di Daniele, più piccola, difatti non arriva al metro di lunghezza, e più leggera. La parte immersa ha solo la pinna con un bulbo, mentre le mie, ispirate alle barche a vela degli anni ’60, hanno una carena (ndr. Parte dello scafo che si trova al di sotto della linea di galleggiamento) lunga e profonda, ‘dislocante’ anziché ‘planante’, quindi adatta a velocità più moderate”.
La barca di cui parla Antonio è lo “sloop”, tra le più antiche e le più comuni “signore dei mari”, dotata di un solo albero. Le ha costruite lui, la prima – l’unica in legno – tra l’84 e l’86, le altre due in vetroresina, una nel ’92, l’ultima nel ’98, e ad eccezione di “Titty”, nome scelto da sua figlia, nessuna è stata ancora battezzata. I particolari come bitte, passacavi, crocette li ha ricavati da materiali inossidabili, come acciaio ed ottone. “Ho imparato sui banchi dell’Istituto Nautico e studiando libri sulla costruzione delle vele, per le quali ci vogliono tempo, dedizione ed attenzione, perché costituiscono la parte più delicata e complicata della lavorazione. Bisogna, infatti, che abbiano una superficie concava e non piana, perciò la bravura sta nel taglio e nelle cuciture. Per fare un ‘taglio di vele’ ho adoperato prima un modello di carta, poi sono passato al cellophane. Prima di adoperare la stoffa definitiva in dacron (ndr. Fibra impiegata nella fabbricazione di vele, cavi e cime) dovevo essere sicuro di non commettere errori, laddove sbagliare mi sarebbe venuto a costare troppo”.
Per realizzare la prima si è fatto prestare un prototipo dal quale ha ricavato uno stampo. La sola lavorazione di randa e fiocco, vela principale l’una, secondaria situata in prua l’altra, ha richiesto un’estate intera. Quando gli domandano di lavorare a modellini da destinare ad una probabile vendita, Antonio preferisce rispondere di no, perché questa passione che lo ha accompagnato fin dal suo primo colpo di fulmine per le imbarcazioni che vedeva da bambino, non ha prezzo. E’ un gioco da condividere solo con gli amici e con gli ‘intrusi’ come noi che si divertono a curiosare, frapponendo alla semplice osservazione domande a cui loro non si stancano mai di rispondere, nonostante quando sei intento a manovrare i natanti, la concentrazione sia l’elemento basilare. Incredibile come riescano a non perderla, mentre intorno gli sguardi ‘indiscreti’ si moltiplicano, divertiti quanto i protagonisti di questa mini regata che promette di dilungarsi finché il sole non comincerà a sbadigliare, e forse anche oltre. In fondo, fin che la barchetta va, la si lasci andare.