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Photo: Riccardo Sepe Visconti
ArtDirector: Riccardo Sepe Visconti
Text: Riccardo Sepe Visconti
Dress Man: La Caprese più Uomo
MakeUp: Nancy Tortora
Hair: Cristian Sirabella
Assistant: Daniela Laganà
Assediato dai questuanti, amato dagli amici, contestato dai nemici, il Sindaco si conferma un grande istrione, non solo in politica ma anche nella vita…
Ironico, mai distante, con l´aria un po´ sorniona di chi la sa lunga, Peppe Brandi è al timone del Comune capoluogo dalla primavera del 2002, tra colpi di scena e maggioranze ballerine. Accusato di essere un campione di ´galleggiamentò, il Sindaco non ha alcuna intenzione di tirare i remi in barca. Lo abbiamo incontrato in Municipio in un giorno qualsiasi di ricevimento al pubblico, sempre ammesso nella sua stanza con pochi filtri e senza appuntamenti. Fedele all´immagine di ´amico degli amicì, solo che per lui amici sono tutti i cittadini di Ischia che coltiva con spirito ´ecumenicò. Tacciato di immobilismo e di arrendevolezza da una classe di famelici supporters, Brandi replica per le rime ai suoi detrattori, spiegando le ragioni di un impegno politico che è una costante della sua storia personale. E agli aspiranti timonieri manda a dire:” Finché la barca va…”
R.: Qualche ricordo della sua famiglia…
P.: La casa di mio nonno, ai Piani di Testaccio, era la classica casa colonica ischitana. All´esterno c´erano la fossa dei conigli e il pollaio e sotto la cantina. Mio nonno commerciava i prodotti derivati dalla lavorazione dell´uva per trasformarla in vino, cioè vinaccia, raspi e bucce. I nitrati, che si depositavano sulle pareti delle botti e andavano grattati via, li vendeva alle industrie chimiche a Napoli, come la vinaccia da cui si ricavava un olio; con i raspi si faceva la grappa, infine le bucce erano adoperate come concime. Per separare le diverse parti si portavano sul tetto, si lasciavano seccare e si battevano. Lui raccoglieva questi residui dell´uva da quasi tutti i contadini del versante sud-ovest dell´isola, insieme ai figli, fino alla sua morte, alla metà degli anni ´50.
R.: Ci parli di sé…
P.: Io sono nato a Testaccio nel maggio del ´41; nel ´56 mio padre, funzionario di banca, decise di trasferirsi a Ischia, che allora si stava sviluppando. Nel ´68 abbiamo comprato il terreno dove i miei fratelli e io abbiamo costruito le case in cui viviamo, scegliendo, quindi, di rimanere vicini.
R.: Loro le sono vicini anche nel suo impegno politico…
P.: Sì. Io sono in politica dal ´70 e tutti noi, ognuno nel suo campo, cerchiamo di agire per migliorare il nostro paese. Giorgio privilegia l´ambito culturale e dell´arte; Silvano lo sport.
R.: Quali sono i suoi gusti a tavola?
P.: Sono spartani, mi piace, per esempio, la zuppa di fave con le cipolle.
R.: E i suoi hobby?
P.: Leggere e ascoltare musica.
R.: Le sue letture preferite?
P.: I classici, per esempio adesso sul mio comodino, fra gli altri, ci sono gli epigrammi di Marziale, e poi i saggi, come una storia del Cristianesimo di Bonaiuti, una storia dei papi di Irving, un saggio di un sociologo americano, “L´inverno del futuro”.
R.: Cos´è per Lei la politica?
P.: Abbraccio la definizione di Aristotele, la politica è l´arte del possibile, vale a dire ciò che non è e che per poter essere ha bisogno dell´azione dell´uomo. Appartiene, quindi, alla sfera delle attività pratiche, del fare bene e di fare il bene. La intendo sicuramente come un servizio generoso verso la comunità. Quando nel ´75 divenni consigliere comunale ero così entusiasta che volevo apporre fuori al mio ufficetto al Comune una targa con la scritta ´servire il popolò, nel senso di dedizione completa ai problemi degli altri, a costo di soffrire i problemi della gente.
R.: Pensa di essere credibile?
P.: Ovviamente si ha il diritto di non crederci, ma chi mi conosce sa di questo mio modo di vivere la politica e in questi anni ho conosciuto da vicino, dal mio osservatorio di sindaco, casi veramente disperati, di persone senza mezzi e senza casa.
R.: L´amministrazione comunale può fare concretamente qualcosa in queste situazioni?
P.: Poco, quello degli sfratti è un grave problema di livello nazionale, ma attraverso le politiche sociali può quanto meno lenire i disagi e ritengo che in questo campo lavoriamo bene.
R.: Oggi il Comune non deve essere in primo luogo impresa?
P.: È vero, non siamo più intesi come un ente di assistenza: dobbiamo avere degli obiettivi da raggiungere, non possiamo aggirare i patti di stabilità. Ma il Municipio ha una funzione strategica nella società, è la proiezione politico-amministrativa del popolo, mentre entità estese come la Regione e lo Stato vengono percepiti dai cittadini come estremamente lontani.
R.: Sente affetto da parte della cittadinanza o distacco?
P.: C´è sempre una fascia di scontenti che si agita e quindi emerge più della maggioranza silenziosa costituita da chi è soddisfatto.
R.: Lei ritiene, perciò, che la maggioranza dei cittadini sia con l´amministrazione?
P.: Ne sono convinto e penso che se riuscirò ad arrivare alle elezioni con tranquillità sarò rieletto. Abbiamo fatto cose importanti in questi anni che emergeranno nella fase preelettorale.
R.: Quindi intende ricandidarsi?
P.: Certo. Per non ripresentarmi più devo prima aver creato una squadra che possa ereditare il mio ruolo e questo gruppo di buoni amministratori si sta costruendo, anche se talvolta è difficile, nel senso che i giovani hanno fretta, mentre io credo, per esempio, che per arrivare a fare il sindaco bisogna prima aver maturato molta esperienza.
R.: Che tipo di persone vuole al suo fianco?
P.: Voglio persone razionali, intelligenti, che abbiano un insieme di qualità utili a fare politica.
R.: Ci sono momenti della sua vita in cui si è sentito perso?
P.: No, perché ho sempre avuto la consapevolezza di non aver fatto del male a nessuno e di aver sempre lavorato per il bene di tutti e non per il mio personale.
R.: Il suo percorso di sofferenza personale le ha dato uno strumento di comprensione in più?
P.: Direi di sì, se sono riuscito a portare la pacificazione nella comunità. Purtroppo adesso si ritorna a fare denunce, anonime e non, in tutte le direzioni, si tenta di alimentare nuovamente la guerriglia nel paese, mentre io sono per la sopportazione. Ho in un certo senso una visione da stoico della vita, e cerco di trasmetterla ai miei collaboratori, dissuadendoli dal litigare e invitandoli ad affrontare i problemi posti dall´attività politica, cercando le soluzioni con il ragionamento e la discussione civile.
R.: Questo atteggiamento non può nascondere la volontà di governare a tutti i costi, anche quando oggettivamente non ci sono più le condizioni?
P.: A mio parere, la legislazione nel campo delle amministrazioni è inadeguata in due punti. In primo luogo, il consigliere che diventa assessore deve dimettersi dal primo incarico. È un errore, sarebbe meglio consentire il mantenimento di entrambi gli incarichi, così che nel momento in cui il sindaco revoca il mandato a un assessore questi possa comunque conservare quel posto cui è giunto con il voto popolare. In secondo luogo, la legge contempla che il sindaco, eletto direttamente dalla cittadinanza, possa essere mandato via con la firma di 3 consiglieri di maggioranza che, per un qualche motivo, non siano più soddisfatti. Quindi non è giusto parlare di un forte potere decisionale del sindaco che, in realtà, può continuamente essere bloccato dall´attività, talvolta anche ricattatoria, che si può sviluppare nel consiglio comunale. Il mio ragionamento esula anche dal caso di Ischia: si pensi a Sergio Cofferati, sindaco di Bologna, che viene messo in discussione dalla sua stessa maggioranza. Ne ho anche parlato con i miei referenti in ambito legislativo, deputati e senatori. Loro dovrebbero operare per una modifica della legge, in modo che il sindaco sia tutelato dalle conseguenze di una fronda interna, per esempio dovrebbe essere necessaria una maggioranza qualificata (i due terzi dei consiglieri) e non semplice, per sfiduciarlo. Inoltre, nei 15 giorni successivi all´insediamento del commissario prefettizio, si dovrebbe indire un referendum, per sapere cosa pensa la popolazione. Se questa continua a dare fiducia al sindaco, sono i consiglieri a lui contrari che vanno allontanati e sostituiti e non il sindaco. Mentre il legislatore centrale si preoccupa, nel suo ambito, di creare leggi antiribaltone, non lo fa per le amministrazioni locali. Oggi esiste un diaframma che separa chi fa le leggi da chi è amministrato o le deve applicare.
R.: La politica può essere una professione?
P.: Assolutamente no, è una missione.
R.: Ischia sa fare veramente turismo?
P.: Penso che la platea degli imprenditori stia migliorando sempre più. Siamo nella fase della seconda generazione di imprenditori, quelli che sviluppano e consolidano quanto creato dalla prima ed è il momento potenzialmente migliore. Gli imprenditori cominciano a capire che devono reinvestire nelle loro aziende, per esempio gli albergatori offrendo un´ampia serie di servizi. Inoltre per riuscire ad avere clientela tutto l´anno non bastano più il mare, le terme, la natura, è necessario dare nuove possibilità di svago, ad esempio un casinò che faccia entrare Ischia nel circuito degli appassionati del gioco o un teatro, per portare le buone compagnie con i loro spettacoli.
R.: La crisi dell´”industria delle vacanze” esiste davvero?
P.: Sì, anche se – e l´ho costatato di persona – in altre zone d´Italia, per esempio nelle tradizionali stazioni termali come Montecatini, è più profonda, perché la nostra offerta è più variegata e quindi si riesce a contenere i danni causati da questa fase negativa.
R.: Cosa farebbe se chiudesse con la politica?
P.: Penso che ne morirei, perché la politica mi ha riempito e mi riempie la vita.
R.: Cosa le dà la sicurezza di essere nel giusto?
P.: La mai coscienza è serena, se talvolta non sono riuscito ad operare al meglio è stato per un momento di obnubilazione. Non è un caso che non ho mai fatto denunce, né querele.
R.: Qual è il suo peggior difetto?
P.: La mia superficialità, il fatto di non scavare con sufficiente rigore nei problemi, che mi ha portato a commettere anche degli errori.
R.: E il più grande pregio?
P.: Senz´altro la mia tenacia e combattività.