Lacco Ameno, Andrea G. Pinketts si rilassa davanti a una birra e si racconta parlando del suo ultimo libro “Ho una tresca con la tipa nella vasca”, in cui uno dei protagonisti si innamora della Sirenetta di Copenaghen.
In “Musica per camaleonti”, Truman Capote dice: “Quando dio ti concede un dono, ti consegna anche la frusta e questa è intesa esclusivamente per l’autoflagellazione”…
E’ vero, perché il mio è un libro di disperata comicità, contro l’amore e a favore della tresca, che spesso finisce in modo drammatico (vedi Romeo e Giulietta). La tresca implica il rischio, e in effetti c’è un senso di autoflagellazione nell’innamorarsi. In tutte le storie che ho percorso, anche da giornalista investigativo, la frusta era sempre presente. Capote era particolarmente interessato al male, anche quello fisico (pensiamo al suo libro “A sangue freddo”), e ha iniziato un genere (Ndr. Il racconto amorale) al quale sono forse riuscito ad appartenere quando facevo i reportage. Adesso, preferisco lasciare campo libero ad ogni delirio possibile, inventandomi delle mitologie.
Le donne e l’amore sono al centro dei suoi racconti: è inevitabile parlare anche di eros. Ischia in quanto isola le ispira desiderio di trasgressione?
Il mio romanzo “Depilando Pilar” è stato concepito proprio a Ischia. Ero con la mia fidanzata dell’epoca e mi accadde un episodio che fu traumatico: scoprii di avere un condiloma al sedere, che si contrae attraverso rapporti sessuali non canonici, tuttavia non mi risultava di avere avuto questo tipo di rapporti! A parte il ricordo molto intimo, per me Ischia sono gli anni ’60 e un mondo bellissimo che non esiste più, in bianco e nero, e se colorato non lo è con tinte sgargianti, nonostante lo splendore del mare e del cielo, ma in sfumature pastello. Quanto al rapporto fra l’isola e l’eros, lo vedo come qualcosa di “termale”, non le terme curative, intendiamoci, penso piuttosto a quelle vasche piene di acqua calda, naturalmente munite di getti, che consentono anche di nascondersi un po’ nella schiuma…
Lei è una personalità sopra le righe, che prende in contropiede gli altri: non sarà che è un po’ “stronzo”? Mi riconosco molto in una frase di G.B. Shaw “Io sono un predicatore travestito da saltimbanco”. Sono sopra le righe, sotto le righe, ma soprattutto all’interno delle righe, se in questo sono anche “stronzo”, lo sono del tipo buono. C’è una sottile differenza fra l’essere irriverenti, il non riconoscere nessuna regola e nessuno come superiore e, di conseguenza, avere atteggiamenti dissacranti e l’essere cattivi. Se ci riferiamo alla guasconeria che Germi ha rappresentato nel film “Amici miei”, lo sono e molto, ma non mi risulta di aver mai tradito un amico.
Dà l’idea di aver vissuto molto profondamente, è uno che i suoi conti li paga fino alla fine?
Direi di sì, e non solo i miei, perché ho vissuto più vite e l’ho fatto sempre con intensità: in ordine sparso, sono stato boxeur, attore di fotoromanzi, copy in un’agenzia pubblicitaria, giornalista per “Candido”, il settimanale del senatore Giorgio Pisanò e poiché non mi bastavano, ho anche provato l’esperienza di vivere
alcuni mesi da barbone alla stazione Centrale di Milano.
Dietro un personaggio complesso, di solito ci sono genitori complessi: cosa c’è dietro Andrea G. Pinketts?
Sono figlio unico e ho perso mio padre a sette anni, di lui ho ricordi nitidi, ma assolutamente sommari. Mia madre non ha voluto risposarsi, benché fosse molto giovane, il fatto è che il suo corteggiatore voleva mettermi in un collegio svizzero a “150 stelle” e lei sentiva quanto avessi bisogno di starle accanto. Infatti, sono un mammone, il che è sempre meglio che essere un pappone…!
Inchieste, libri, autore di programmi televisivi, in primo luogo viaggiatore della vita: dove vorrebbe metter casa? Se devo individuare un porto, è mia madre, non oso pensare cosa sarò senza di lei, ma nel mio immaginario non c’è il “riposo del guerriero”, quanto piuttosto il “canto delle sirene”, non a caso una è protagonista nel libro.
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interview_Riccardo Sepe Visconti | photo_Dayana Chiocca